lunedì 27 aprile 2015

PIETRO RAINERO: "CONCORSI LETTERARI"



Pietro Rainero, e famiglia, collaboratore di Lèucade


                               CONCORSI LETTERARI

- Quattro, certamente merita non più di un misero quattro! – pensò Omero – sempre le solite insulse stupidaggini su amori non corrisposti, su descrizioni autobiografiche e storie di famiglie distrutte. Fantasia, immaginazione, originalità,  zero! –
Prese quindi la penna d’oca, appoggiata accanto a lui, e scrisse sul foglio di papiro:  37) AMORE E PSICHE 4. Infatti era quello, AMORE E PSICHE, il trentasettesimo racconto che aveva letto ed analizzato in qualità di giurato del premio letterario “ SENOFONTE” bandito dalla polis di Atene. Si trattava di un concorso prestigioso, uno dei più rilevanti dell’intera Grecia e che egli, Omero con l’accento sulla prima O, aveva vinto due anni prima, accettando poi di entrare a far parte della commissione giudicatrice per le edizioni a venire.
Omero era diventato uno scrittore per caso: sua moglie Ulna, ed alcune sue amiche, sentendolo improvvisare storie per lo stuolo di bimbi, amici dei suoi figli, che quotidianamente transitavano per la sua dimora, gli chiesero un giorno di mettere per iscritto le narrazioni. Lui le prese in parola, scrivendo numerosi racconti per i suoi due maschietti Femore e Perone e per la piccola figlia Tibia , nel mese di dicembre del 755 avanti Cristo,  raccogliendo poi tutto quel materiale in un volume intitolato ILIADE, dato alle stampe per la casa editrice IL PELOPONNESO di Sparta il luglio dell’anno successivo.    Mentre io vi ho fornito tutte queste notizie, il caro Omero aveva terminato intanto la lettura della composizione numero 38, dal titolo SENZA FINE. 
La rilesse con scrupolo ad alta voce:
“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e rimirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare”. 
- Che banalità di poesia! Come si fa a scrivere robaccia di questo tipo?–
Recuperò il papiro nelle sue vicinanze e scrisse:  38)   SENZA FINE 5, commentando nel frattempo  - Fare il giudice in questo concorso è proprio uno strazio senza fine! –
I tre giurati del concorso SENOFONTE avevano il compito, durante una prima valutazione, di assegnare un punteggio, che poteva variare dall’uno al dieci, ad ogni elaborato pervenuto in tempo utile, e cioè entro il 31 agosto ( faceva fede il timbro postale ), alla segreteria del premio, in Piazza Pireo 25, Atene. Ed egli, il caro Omero intendo, era ormai circa a metà dell’opera, avendo letto una quarantina tra poesie e lavori di narrativa. Aveva valutato tre o quattro  elaborati con il voto 8, un’altra mezza dozzina con 7 o 6,  mentre molte altre novelle, fiabe o poesie avevano riportato una valutazione insufficiente, come appunto il 5 assegnato a quel SENZA FINE, opera indubbiamente di scarso valore. Passò quindi a pescare, da una cospicua pila di fogli, il numero 39. Ma, mentre Omero legge il 39, voi non dovete pensare che in quei lontani giorni della nostra narrazione egli leggesse soltanto. Si ritagliava anche il tempo di scrivere. E, siccome non era tra i più scarsi in questa professione, la cosa non gli riusciva poi così male. Non solo se la cavava bene, ma era, a metà di quell’anno, tra i più premiati nei concorsi dell’intera Grecia: sapete quale era la sua media? Un riconoscimento ogni…. sei giorni!! Praticamente, se lo avesse voluto, ogni fine settimana si sarebbe potuto recare in qualche località a ritirare un premio!
Queste onorificenze  andavano da semplici segnalazioni di merito via via all’insù, passando per premi della critica, menzioni d’onore e podi, ma…mancava la vittoria!   A fine luglio non aveva ancora vinto alcun concorso. Inaudito! Incredibile per un autore della sua notorietà e bravura.
Egli, che aveva pubblicato due libri di successo, l’ILIADE e l’ODISSEA,  che aveva vinto in carriera 23 concorsi ed incamerato più di 140 riconoscimenti, i cui scritti erano presenti su 52 antologie curate da case editrici o relative a premi letterari, non aveva ancora, in quel triste anno 748, centrato la prima piazza in nessuna manifestazione, neppure in piccoli ed insignificanti premi quali PROFUMO DI MARZO, a Rodi, L’ARCO IN UN BALENO di Mikonos o CITTA’ DI ARGOSTOLI, PERLA DELLO IONIO, ovviamente ad Argostoli. Mentre vi ho detto ciò,  il nostro scrittore ha terminato di esaminare il trentanovesimo elaborato, INCENDIO A TROIA, una corta poesia che finalmente incontra il suo entusiasmo, e che io  riporto diligentemente per farla apprezzare anche a voi:
  
   Eschilo, Eschilo!
   Altrimenti Sofocle.
   Ma attento alle scale Euripide
   Se no Tucidite

Quei pochi versi, divertenti e ricchi di giochi di parole sugli autori allora più in voga, lo avevano convinto in pieno; assegnò soddisfatto un bel 9 al componimento.
Quello stesso giorno, verso le 11 del mattino, gli giunse da Maratona, recapitata da un postino trafelato per la fatica della lunga corsa, la comunicazione della classifica finale del Premio DARIO E SERSE, MARATONA IN  VERSI . Con l’animo agitato dalle aspettative aprì la missiva e lesse quanto scritto dagli organizzatori:

“ Gentile Autore, siamo lieti di comunicarle che il suo voluminoso racconto “Eneide” ha ottenuto una menzione di merito  nella graduatoria finale del nostro concorso. La premiazione avverrà il giorno 6 settembre presso la biblioteca di Maratona, in via  Echidna, n. 8
Qui di seguito viene riportata la classifica finale:
1°   Vita passata di Dione Crisostomo
2°   Guerra e pace di Pausania il Periegeta
3°   I pilastri della Terra di Eliano Tattico 
Menzioni di merito:
Eneide  di Omero e  Le allegre comari di Tebe di Androne di Alicarnasso.
Complimentandoci ancora con Lei, Le formuliamo distinti saluti”

Il sangue gli andò alla testa.
-Una menzione di onore! Quelle capre dei giudici di Maratona hanno premiato quel capolavoro, Eneide, solo con una menzione! Ignoranti, capre, cammelli!! Come hanno potuto, quegli sciagurati incompetenti, stabilire che quei versi così meravigliosi meritino solo una menzione di merito?    Dione Crisostomo?  E chi è?-  Omero era sconcertato. Pensava che il suo racconto, che trattava degli avvenimenti susseguitesi alla caduta della città di Ilio, avesse tutte le carte in regola per puntare alla vittoria sbaragliando gli antagonisti. Si ritrovava addirittura fuori dal podio, ancora una volta!
Aprì, stracciandola, la busta che, giunta insieme al plico principale, riportava l’Antologia del Premio, con le copie dei lavori premiati ed andò a consultare, al colmo dell’ira e della curiosità, l’elaborato vincente.                          I suoi occhi videro questo:

VITA PASSATA, poesia di Dione Crisostomo.

Ei fu, siccome immobile
salì sull’automobile
scese dall’altra parte
era Napoleone Bonaparte.
Dall’Alpi alle Piramidi
dal Manzanarre al Reno
andava in bicicletta
perché non c’era il treno.
   
-Chi è questo Napoleone Bonaparte? Un Carneade come Dione Crisostomo? E cosa sono l’automobile, la bicicletta, il treno? E’ una poesia molto criptica, ermetica, postmoderna. Non è di mio completo gradimento. Nessuno può negare che sia di notevole spessore, ma certo l’Eneide è molto meglio!-        E Omero, mentalmente, recitò i primi versi del suo componimento…
“Canto le armi e l'eroe, il quale per primo dalle coste di Troia giunse in Italia, profugo per volere del fato, e alle spiagge….”
-Meno male- si sorprese a pensare –che in serata dovrebbero essere rese note anche le risultanze del concorso LA VALLE DEI TEMPLI di Agrigento, dove ho spedito la mia Odissea, che ha già vinto quattro concorsi e non è certo inedita, ma d’altronde sul bando non c’era scritto che i lavori dovessero per forza esserlo. Sicuramente è il mio cavallo di battaglia ( ed il pensiero gli andò al suo cavallo di Troia ).  La vittoria è pressoché sicura e mi renderà meno amara la giornata-
E, chinato il capo, si concentrò di nuovo sul  lavoro di giurato, iniziando a leggere le prime righe de LA ZANZARA, che era in gara col numero 40.

“ C’è un uccellino appollaiato sul ramo di un albero, vicino ad un fiume. Passa un cane. Il piccolo uccello  gli domanda: < Chi sei? >      < Sono un canelupo >     < Non è possibile; o sei un cane o sei un lupo >    < Sì, invece. Mia madre era un cane e mio padre un lupo, perciò sono un canelupo >
Ed il cane si allontana.
Dopo un po’ passa, nel fiume, un pesce.
< Chi sei? > gli chiede, curioso, l’uccellino.
< Sono un pescecane >   < Non può essere. O sei un pesce o sei un cane >  < Mia madre era un pesce, mio padre un cane, e quindi io sono un pescecane >
L’uccello resta interdetto.      Dopo un altro poco passa, volando, una zanzara.
< Chi sei? > chiede, naturalmente, il piccolo uccello.
< Sono una zanzara tigre >    < Ma vai a quel paese! >  risponde, esasperato, il nostro uccello.
Cari lettori, la morale della favola è che, non avendo l’uccello aspettato la risposta, noi non sapremo mai se la madre era una zanzara od una tigre.”

Uhmm.. è nel tipico  stile di Esopo, mi sa che è sua.  Comunque è bellissima, entusiasmante, addirittura da 10.
Scrisse dunque senza esitazione sul papiro:  40)  LA ZANZARA  10 , pensando  - Finalmente un lavoro perfetto: che soddisfazione!  Credo proprio che il concorso lo vincerà Esopo, quest’anno. -
Il nostro scrittore continuò  poi, dopo un lauto pranzo a base di capretto arrosto, lo scrupoloso lavoro di esaminatore e giudice , leggendo con impegno, cura ed attenzione i vari lavori pervenuti.
Ma ahinoi, ma più che altro ahilui, quel pomeriggio, sul far della sera, lo attendeva un’altra poco lieta novità: fu informato infatti, da una lettera proveniente da Agrigento, delle risultanze del concorso LA VALLE DEI TEMPLI, e, con sua enorme costernazione, venne a sapere che “Odissea”, la sua opera, si era classificata terza.   Guardava incredulo il verdetto, dove, tra nomi di giurati, di sponsor e complimenti vari, era riportato:

“Primo premio: INFERNO   di  Anniceride di Cirene.
Secondo premio:  ROTAZIONE TERRESTRE, TRAMONTO  E PENDOLO DI FOUCAULT di Filistione di Locri.
Terzo premio:  ODISSEA  di Omero di Atene.

Non poteva crederci, proprio non poteva!!
Febbrilmente aprì l'Antologia ( c'era questo di bello in quegli antichi tempi: che gli organizzatori allegavano sempre al verdetto l'Antologia del concorso ).
Volete leggere anche voi INFERNO?  Eccovelo:

  Nel mezzo del cammin di nostra vita
  mi ritrovai per una selva oscura
  ché la diritta via era smarrita.
  Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
  esta selva selvaggia e aspra e forte
  che nel pensier rinova la paura!
-Una selva oscura? I cervelli dei commissari giudicanti sono oscuri!   Nel mezzo del cammin di nostra vita? Nel mezzo della classifica del concorso si dovrebbe trovare quella baggianata! Non certo al primo posto!! Che la diritta via era smarrita? Ciò che di certo si è smarrita è la capacità dell’autore di collocare gli esatti sostantivi dopo i verbi e di mettere le virgole al posto giusto!!-
Passò al componimento secondo classificato:

« Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera. »

-E io sarei arrivato dopo una poesia così idiota? Pazzesco, semplicemente pazzesco. E’ assurdo, non si è mai vista una cosa simile! Tre misere righe ridicole! La mia ODISSEA, così bella: Narrami, o musa, dell'eroe multiforme, che tanto vagò, dopo che distrusse la Rocca sacra di Troia....
Ed è subito sera?  E’ subito notte, buio pesto sulla poetica di tutte le poleis greche! Che pagliacciata. E le hanno dato pure un premio!!-

Era esterrefatto, ed anche distrutto.  Smise di leggere i racconti del SENOFONTE e si sdraiò in giardino, sotto un grande albero, con il morale sotto le sue radici. Deluso dal mondo, non rientrò nell'abitazione neppur per mangiare. Saltata la cena,  per fortuna ritrovò un grammo di serenità prima di coricarsi, grazie naturalmente allo scrivere.
Buttò giù poche righe, in preda all'eccitazione, in uno stato di grazia. Collocò l'ultimo punto al posto giusto in fondo all'ultima frase e poi, chiamati a gran voce e convocati a sé i familiari,  disse:

“Su! Ulna, Tibia, Perone, Femore, venite! Ascoltate”   Ed incominciò a leggere la sua ultima fatica, informandoli che sperava, anzi era certo, che quella meraviglia sarebbe entrata a far parte di una Antologia dal titolo OSSI DI SEPPIA, che un editore di Micene aveva in programma da mesi:

 “ Appena arrivato in un piccolo villaggio, un principe da poco diventato Re decide di andare a fare visita a tutti gli abitanti.  In una abitazione modesta, piena di bambini, è ricevuto dalla donna di casa.  Le chiede quanti figli abbiano lei e suo marito. “Dieci” risponde “Cinque coppie di gemelli”.
Il Re  domanda: “Ha sempre avuto gemelli?”  Al che la donna risponde “No, maestà, qualche volta non abbiamo avuto nulla”                           Allora, che ve ne pare? Non è forse sublime??”


Pietro Rainero

1 commento:

  1. Arguto, ironico, ben scritto, evidenzia, anche, cultura e notevoli capacità creative,
    Prof. Angelo Bozzi

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