Due
interventi poetici su Poesia di paesaggio: Orta S. Giulio
Bianco
Bianca
la superficie, inquietante
acciaio
liquido, levigato,
bianco
il cielo, bioccolato e muto,
rimandi
a specchio, metafisici,
un
mondo sospeso, interrogativo.
Intorno
intorno nere ombre a sponda,
alberi
nell’acqua capovolti, immobili
mostruosi
profili, d’immagini ignote.
Lago,
specchio, lacuna?: misterioso
bianco,
incandescente.(M.G.Ferraris)
<
Un luogo poetico>? Si risponde con disarmante vaghezza: sta nel suo carattere, nei suoi
colori, nella sua atmosfera…. Se il genio opera, crea i luoghi.
Ecco
il busillis: è il poeta che presta le sue parole alla natura e non viceversa. È
questa la creatività del poeta.
Ma è
soprattutto il linguaggio io credo a trasformare la semplice descrizione fisica
di un luogo in tratto paesaggistico…lo scrittore si sposta verso un altro
“punto di vista” dal quale la stessa visione si ravviva di nuovi sensi…Il
paesaggio allora si pone come obiettivo di conoscenza di un particolare che
assume connotati universali e insieme come elaborazione linguistica, diventa il
laboratorio di una scrittura impegnata a mediare tra la cultura di appartenenza
e la novità inesauribile di un mondo appena saggiato, il mondo dentro di sé e
quello fuori di sé. Non procede per
blocchi documentari come nel resoconto dei viaggi di esploratori, ma si apre a
una società che condivide schemi concettuali di riferimento filtrate attraverso
i meccanismi della comunicazione letteraria, oppure che sa seguire il contributo
creativo di colui che dà voce alle emozioni operando una ulteriore imprevista
nuova conoscenza.
Un esempio. L’isola di Orta.
Orta è il nome di un paese
e di un piccolo lago dell'Alto Novarese, detto altrimenti Cusio, un tempo meta
dei viaggiatori del grand tour, frequentato da intellettuali in cerca di riposo, di pace e di un paesaggio
congeniale al loro stato d’animo romantico. È un luogo del silenzio. Di lì
passò anche Nietzsche nel suo inquieto vagabondare italiano, nel maggio del
1882: qui giunse Honoré de Balzac. Ma è a
Gianni Rodari, nativo di questi luoghi, che si deve la descrizione più
partecipe dell’isola:
“L’isola di San Giulio sembra fatta
tutta a mano, come un gioco di costruzioni. Metro per metro, secolo dopo
secolo, dandosi il cambio, uomini e altri uomini le hanno dato forma con il
loro lavoro.
Se si
vede del verde, la natura non c’entra: sono i giardini delle ville. Non si
vedono rocce, ma pietre, mattoni, vetrate, colonne, tetti. L’insieme è compatto
come i pezzi di un rompicapo.
Di
sera le differenze dei colori scompaiono, i profili si fondono, l’isola sembra
un monumento in un sol blocco di pietra nera a guardia dell’acqua cupa.”
E’
come se l’isola avesse troncato i contatti con la terraferma, per prepararsi a
un lungo assedio. Così deve averla vista, prima dell’anno Mille, l’imperatore
Ottone quando vi si rinchiuse il re d’Italia Berengario, e ci vollero delle
settimane per costringerlo alla resa. …Vecchie storie di gente morta da mille
anni. Ma le pietre dell’isola se le ricordano..”
L’isola
è posta a circa 400 m dalla riva. Visti
dal lago, l'alto campanile della Basilica, i giardini, le case sembrano formare un palazzo incantato
che si alza solitario tra le rovine del castello.
Arrivati
col barchino sull'isola, trovate subito la Basilica di San Giulio e il
Monastero. Infatti, l'isola è quasi interamente occupata da un convento di
suore benedettine (Monastero Mater Ecclesiae), edificato sulle rovine del
vecchio castello. Le monache si dedicano a "lavori manuali ed
all'ospitalità spirituale" e gestiscono la "Scuola di restauro di
tessuti ed arazzi". Con la loro coltivata spiritualità contribuiscono a
dare grande forza mistica ad un luogo immerso “naturalmente” nel silenzio, che
non è mancanza di vita né di armonia.
Giustamente
Piero Chiara, gran intenditore di laghi,
diceva: "Orta, acquarello di Dio, sembra dipinta sopra un fondale
di seta, col suo Sacro Monte alle spalle…e davanti l'isola di San Giulio,
simile all'aero purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo…" Il
cammino sull’isola è segnato da targhe in più lingue che ti guidano alla meditazione: Il silenzio è la pace dell’io; Ogni viaggio
comincia da vicino; Accettati,
cresci, matura; Sii semplice, sii te stesso…; Il silenzio è il linguaggio
dell’amore… Dovunque cominci, il
cerchio meditativo si chiude tornando al punto di partenza.
Il
lago è un cielo blu cupo. La collina scende dolcemente verso l’acqua,
verso il paese. Ci si sente padroni di se stessi… è come se si fosse arrivati in porto. Su quel piccolo lago
è sospesa una nota malinconica e languida che fa bene allo spirito
Pontile a San Giulio. (R.
Taioli , da Natura naturans)
Si
scosta appena
si
leva l’isola
l’occhio
fra me ed essa
mette
una distanza
d’acqua
e d’aria
e il
cielo implora
nel
tempio dello sguardo,
tu che
ti allontani
lasciato
il bagaglio
poi
ancora chiami
esile
terra che affondi
nel
sacro delle acque
la tua
sonda la leva profonda
e
quelle voci che strappano nel coro
del
mattutino l’onda breve del pensiero
del
darsi e ritrarsi
d’essere
in dio una foglia
Un
commento: "Finché esisteranno frantumi di bellezza, qualcosa si potrà
capire del mondo. Via via che spariscono, la mente perde la capacità di
afferrare e di dominare. Questo grande rottame naufrago col vecchio nome di
Italia è ancora, per la sua bellezza residua, un non pallido aiuto alla
pensabilità del mondo." [Guido
Ceronetti]
Un
ultimo commento:
Inquietudini di lago
Dall’alto
di S. Trinita sembri
lontano,
scuro, tutto raccolto in te,
immemore
del tuo passato, come un’urna
nei
miei occhi ombrosi, tra le mani protese,
antico
coccio smarrito in un’ecatombe di storia.
Sei
sopravvissuto al languore romantico,
all’ambiguo
fascino del futurismo,
delle
avanguardie ti rimane il ricordo tenue
nei
colori, in luci acquoree intermittenti e chete.
Apro
l’orecchio al tremito dell’acqua,
umidità
di legni, intrico di rami,
sapienza
di erbe profumate,
radici
di ninfee, fiori perfetti,
anime
di latte, liquide, vita stemperata
sulla
superficie immobile.
Come
agli antichi tuoi guerrieri, le palpebre
fremono,
vita immemore di morte.
Pietrificate
storiche presenze.
Un
nulla forse ci attende, come dono.
Un
canto monotono e disgiunto.
Maria Grazia Ferraris
Seguo con interesse gli scritti di Maria Grazia Ferraris: poetessa, critico, ma soprattutto figura di grande levatura culturale. E in questo articolo lo dimostra. Dimostra metodo e perspicacia nel catturare testimonianze di pregio per offrircele perché noi se ne goda. Complimenti e alla prossima.
RispondiEliminaProf. Angelo Bozzi
Sono stato più volte al lago d'Orta e all'isoletta di San Giulio, giovane esuberante innamorato. Ora, a distanza di mezzo secolo, dopo aver ammirato l'inatteso affresco che ne fa Maria Grazia Ferraris con limpidi versi e chiare descrizioni, sento che vorrei visitare quei cari luoghi nuovamente, e che potrei aprire nuovamente il mio cuore.
RispondiEliminaGrazie alla Ferraris.
ubaldo de robertis
Ringrazio il prof.A. Bozzi, così sensibile e colto,per il consenso espresso al mio lavoro e ai miei scritti e ringrazio parimenti con partecipazione emotiva Ubaldo De Robertis che conosce de visu i luoghi citati, come un gran viaggiatore del grand tour...Questi luoghi d'acqua sono così carichi di sorriso e di lacrime! Grazie davvero.
EliminaM.Grazia Ferraris
Poesie lacustri e silenti danno l'avvio ad una riflessione oltremodo benefica sulle segrete intese dell'uomo con il creato. "Ecco il busillis", dice la Ferraris: sono i luoghi a fare la poesia, o viceversa? E' la natura ad ispirare il poeta, o il poeta inventa di sana pianta la realtà? Quale è il rapporto tra natura e cultura, tra natura e civiltà? Indubbiamente, se la natura fosse pura e semplice "oggettività", il linguaggio poetico si direbbe da essa totalmente distaccato, ma le cose cambiano se consideriamo il creato come forza viva e intelligente. E' vero: "lo scrittore si sposta verso un altro punto di vista", ma è solo suo quel punto di vista, o è il punto di vista ispirato dalla realtà? La Ferraris, ed io con lei, sembra suggerire soluzioni di sinergica convergenza tra i livelli più profondi dell'umana coscienza e la segreta intelligenza che opera nelle cose, dando vita ad "una scrittura impegnata a mediare tra la cultura di appartenenza e la novità inesauribile di un mondo
RispondiEliminaappena saggiato, il mondo dentro di sé e quello fuori di sé". L'intuizione è saggiamente corredata da descrizioni storico-geografiche del paesaggio di Orta e dell'isola di San Giulio che, con l'ausilio delle parole di Gianni Rodari,viene posto come paradigma dolcissimo di quella collaborazione dell'uomo con il creato che, oggi miseramente cancellata, sarebbe ancora in grado di fare di lui il custode, anziché il tiranno-suicida dell'Eden che purtroppo è diventato.
Franco Campegiani
Un bel regalo - anche per la mia memoria - questo ritratto del lago d'Orta e dell'isoletta di San Giulio. Come De Robertis anch'io vorrei tornare sull’isola e sognare ancora con quel miracoloso silenzio, che è per eccellenza "il linguaggio dell'amore” e il luogo in cui, nel silenzio, la poesia (anche del vivere) è la sola a parlare. Grazie all'amica Maria Grazia Ferraris.
RispondiEliminaSonia Giovannetti
Grazie a Franco che sa suscitare con la generosità che gli è propria la mia costante e stupita attenzione ed emozione nel cogliere il rapporto e la consonanza tra il mio dire letterario e la sua profondità filosofica e grazie a Sonia, che vorrebbe rivivere i silenzi di quel lago e di quell’isola per me di una bellezza così inquietante da farmi perdere la cognizione del tempo e capire la potenza di un presente che tutto lo racchiude magicamente. Perché la vicinanza dell’acqua porta al pensiero del fluire del tempo, come pure del suo esatto opposto: del non trascorrere, della quiete.
RispondiElimina“era il vasto respiro del lago, era il maggio odoroso, era l’ora che volge al desìo… Su quel piccolo lago era sospesa una nota malinconica e languida che faceva bene all’anima. Miraggio? Fata morgana? Ciarpame di rigatteria romantica? Chissà….” la luce sale dall'acqua e corre.. Non un paesaggio, una fonte d'infinito...