mercoledì 4 maggio 2016

MIRIAM BINDA: "IN PARTENZA PER DELFI"


In partenza per Delfi 

La strada per Delfi e’ lontana 
ci sono sassi di pietra ad aspettare 
restano i tramonti lungo i viali 
steli freddi di Sidone
la mia stanza non ha ombre 
restano i colori 
restano i corpi 
distesi e muti
non ho niente 
solo aria di ampolle 
di pelle di capra
la strada e’ una cometa 
non c’e’ terra 
l’aria e’ tesa 
piccole donne attendono l’alba
i loro canti circolano per strada
- centro di donerò il silenzio – 
e’ l’attesa la più gaia. 

(miriam binda - improvviso profondo - helicon) 


La finestra aperta, nel tempio degli dei, fa vedere il mondo nuovo popolato dai noumeni folgoranti di bellezza. Ogni attribuzione all'oracolo di Delfi - conosci te stesso - amplia tale visuale. Non è apocrifa, a mio modo di vedere, anche la sfida della Sfinge che - appollaiata come l'aquila sul corpo del leone-o leonessa - sfida l'ignoto per protegge i trapassati nella resurrezione. Conoscere se stessi è dunque un viaggio - per la vita che nasce; iniziatico per ciò che diviene essente. L'essere venuto al mondo ha così la possibilità di cogliere gli effetti sottilissimi della creazione. Anche come anima del mondo, in un certo senso diviene essente; Infinito come gli dei concepiti in forma mitologica, dalle sembianze mutevoli e ben descritte nella narrazione ovidiana. Apollo nel tempio parla ai mortali; a Delfi assume la responsabilità di offrire la base orfica della conoscenza - a partire da se stessi. Conosci te stesso - si esprime così - il dio greco ma cosa significa? Approfondire i propri desideri, gusti passioni? Io concordo con l'interpretazione che affida alla mente la conoscenza; mente e corpo vuole anche dire andare oltre lo stato apparente poiché, la nostra conoscenza sensibile nella mente coglie l'invisibile. 
Dunque questo "oltre" è anche l'ignoto, in divenire è civiltà rivelata e trascendente. In questa prospettiva, il tempio futuro, è la città celeste che Sant'Agostino ha ben descritto ed interpretato nel Civita Dei, senza nullificare l'essenza dell'uomo sulla terra, Sant'Agostino al contrario invita gli uomini a tenere bene "in mente" quali sono le speranze future verso loro stessi e verso il prossimo e sono spesso riferite all'Eterno o Dio. Il motto orfico posto sul tempio di Delfi - conosci te stesso - può quindi rappresentare un tre d'union tra gnosi e tradizioni di culto che includono l'apologetica cristiana. E' davvero interessante il commento dell'autrice Giusy Frisina che nell'appassionarsi all'oracolo di Delfi, durante il suo viaggio in Grecia definito, non a caso "viaggio-iniziatico" pone, in prima linea, la questione dell'individualismo, della società attuale; "ben poco ha a che fare" specifica l'autrice," il moderno individualismo con la vita collettiva della polis greca"; così come quel - niente di troppo - che appare scritto sul tempio di Apollo. Niente o nulla di troppo forse mette in crisi il super-uomo dalla volontà prometeica che vorrebbe nullificare la natura in nome della sua tecnica? Certamente è ben augurante - la consapevolezza di un limite - quando assistiamo al contemporaneo mettere mano alla ricerca scientifica come se, ogni scoperta, fosse autorizzata a stravolgere l'equilibrio e l'armonia del cosmo; esempio con l'embrione modificabile a mio avviso, nullifica l'umano e lo trasforma in un attraente-mostruoso per gli scienziati. La virtù della conoscenza di sé ed il limite che si pone a contatto con l'oracolo - nulla di troppo - invita a liberare l'individuo dall'egoismo del solipsismo; in forma olistica, tale liberazione, partecipa alla vita della polis senza escludere l'esercizio della contemplazione dell'universo. L'essere intrappolato nel "non limite" dell'individualismo eccessivamente liberista (definito anche pauperistico) alimenta uno stato futuro di permanete caducità. Per cui bene venga la conoscenza di se stessi a fronte di un limite senza il quale, le prossime generazioni, potrebbero fare i conti con una natura completamente stravolta e pericolosa anche per la civiltà. Il testo della Frisina, è un concentrato di spunti culturali che andrebbero amplificati; meriterebbe anche da parte mia più attenzione ma, il buon consiglio che pone al centro - la consapevolezza dei propri limiti - m'invita a lasciare spazio ad altri studiosi, che hanno in serbo commenti e speculazioni più affini alla discussione del presente saggio caro ai classici ed alla mitologia. Lascio quindi spazio ad altri e, nel ringraziare l'amico e poeta Nazario Pardini per l'invito a partecipare, in seno a Leucade, auguro a tutti buon viaggio.
Miriam  Binda



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