sabato 6 maggio 2017

MAURIZIO DONTE HA ULTIMATO "IL CREPUSCOLO DEGLI DEI"

Il Crepuscolo degli Dei...


Maurizio Donte,
collaboratore di Lèucade

Sono sempre più convinto del fatto che la poesia sia da regalare, ma per non incorrere nell'ira di un possibile editore, posto che si trovi, ometto il canto finale.
Maurizio Donte


Götterdämmerung, poema epico

(tutti i diritti riservati ai sensi di legge)

Maurizio Donte

Il crepuscolo degli dei

Liete si apprestano a combattere
le Forze del Male
e già calpestano il ponte che adduce
ai troni degli dei.
Il Destino oramai sta per compiersi
ed Heimdallr, il santo custode,
suona a gran forza il grande corno
della guerra; in silenzio Odino
conversa con la testa di Mimir
cercando in lei consiglio.

Canto della Voluspa, strofa XLVI

Prologo

Là, dove l'acqua e il fuoco e il vento forte
si mischiano furenti, 
là dove svetta il frassino splendente,
che l'orme degli dei
e le volontà loro,
enorme, copre d'ombra e di silenzio, 
volò il Destino e volle
si compisse la fine.
Così le Norne di tesser la tela,
profetando tra loro, figlie di Erda, 
lasciarono improvvise,
gridando ch'era spezzato quel filo
che univa i cieli alla Terra e fuggirono,
urlando disperate.
Morta era in loro l'ultima saggezza,
ed il Nulla le avvolse vorticando,
prime vittime furono 
del fuoco alto di Wotan, nel Valhalla.

Canto II

La valchiria

Furiosa la valchiria il forte tuono
assale e vibra su di lei tempesta
e schianta il lampo in cielo, illuminando
i monti e i mari, e di corsa tra i lembi

delle nuvole fugge e i foschi nembi
squarcia col vento e va, piega rombando
sulle valli, cercando con la testa
dove d'eroi più forte echeggia il suono.

E così vanno le figlie di Odino
con l'ali aperte, in alto sulle rocce,
volando in cerca dei clangori in terra

d'armi sonanti, bramanti la guerra.
Del sangue asperso cercano le gocce
che brillano d'intorno di rubino.

Canto III

Fenrir

La terra vibra e da lontano s'ode
venire il ringhio feroce del Lupo:
infranta è la catena che lo tiene!
E l'ululato suo ferisce i cieli,

squarciando nello stesso istante i veli
delle nubi ed insieme il mondo. Viene
Fenrir, l'enorme belva nera e cupo
l'occhio fiammante volge attorno e rode

i ferrei anelli che sì a lungo l'hanno *
tenuto a bada. Libero! E di corsa,
potente, viene al ponte delle spade:

l'arcobaleno all'incrocio di strade
seguite dagli eroi, che son risorsa
ultima degli dei, dinanzi al danno

terribile che torna, e se ne vanno
le Valchirie nell'alto ciel, gridando
la chiama alla battaglia della fine
d'ogni cosa: l'eterna notte in cui
crollerà del Valhalla anche il dominio,
senza che nulla possano gli dei
contro questa terribile,
profondissima tenebra che avanza.

Canto IV

Il serpente dell'Oceano

E freddo inverno chiuse nella morsa
la terra e il gelo la strinse per anni
che sembrarono eterni,
e vennero tremendi i nuovi giorni
e così oscure le notti di tenebra.
Dal fondo dell'Oceano 
si destò il gran serpente
e dal riposo si mosse svolgendo
le sue infinite spire:
sorse dall'acque che se ne fuggivano
nel vento di tempesta 
e sibilando venne al ponte teso
nell'aria, alto, sull'arcobaleno;
il corno suonò allora
dal cancello il custode bianco, e Odino
lo udì distintamente,
e volse il capo da Mimir, la dea
con cui egli conversava in quel momento.

Scossi sono oggi i troni degli dei,
e il suono forte echeggia 
chiamando al volo tutte le Valchirie,
mentre in mezzo alle nubi
si desta il grande padre
con la lancia infallibile nel pugno.
Al suo fianco si schierano 
frementi d'ira e sdegno i figli suoi:
Balder ed il possente Thor, armati.
E vengono gli dei alla battaglia
ultima che faranno,
consci dell'imminente loro fine
nel crepuscolo in fiamme che consuma
il Valhalla e l'intero mondo insieme.

Canto V

La luce viene meno

Viene meno la luce in alto e il nulla
la terra avvolge tenebroso mentre
i fratelli di Fenrir divorando
vanno l'astro del giorno e della notte;

e fluttua l'onda nera sulle cotte
splendenti degli dei che van chiamando
gli eroi all'adunata. E s'apre il ventre
della tenebra oscura, in cui si culla

nel tempo la paura più profonda,
e la nave di Loki leva i remi
dai porti grigi: egli stesso, ridendo,

la dirige sicuro, e va correndo,
irta com'è di demoni supremi,
là dove il vento va ad aprire l'onda.

Canto VI

Odino

Tremendo viene Odino al ponte: infuria
con la sua lancia e i demoni rovina;
e guerra porta, balenando in cielo
come l'astro che s'è spento e si libra

in alto, fulminando quando vibra
il colpo suo mortale. Squarcia il velo
oscuro la fatale ira divina
e viene distruggendo con incuria

chi gli si para innanzi. Così sembra
venir la fine d'un rapido duello
tra il bene e il male sopra le montagne.

Ma così non sarà: sulle campagne
avide d'ogni morte, suo fratello
vien da nemico a straziare le membra

degli dei nell'antico ed inviolato, 
creduto invano eterno paradiso.

Canto VII

Morte di Odino

Allor ferocemente venne avanti
il Lupo: con le immani fauci aperte
andava divorando il paradiso;
lo vide Odino e gli scagliò la lancia,
colpendolo sul muso; si riscosse

Fenrir, figlio di Loki, e l'urlo scosse
la terra stessa e il cielo. Dalla pancia
emise fiamme, il dio bruciando in viso
e nonostante le ferite inferte
dagli dei ai fianchi venne in corsa avanti,

a divorare Odino. Muore il padre
di tutti e il Lupo Fenrir con i denti
tremendo lo rovina.
Si ferma la battaglia 
per un istante, e Vidarr, nella furia,
urlando di dolore,
le atroci fauci afferra con le mani,
e con immane sforzo
dal padre le allontana,
e va divaricandole finché
di colpo l'osso si spezza. Così
trovò la morte l'infernale lupo
e per poco credettero gli dei
d'aver vinto sul Male.

Canto VIII

Thor

Rimbomba il tuono in cielo risuonando
al colpo del martello degli dei
che pur le rupi infrange e le divora.
Fuggono da lui i demoni, correndo

veloci sulla piana, il dio vedendo
nella furia, mandarli alla malora.
Così arde la battaglia che vorrei:
le tenebre del male divorando

alla luce di folgori nel cielo.
E s'abbatte il Mjollnirr sopra di loro,
potente come mai lo fu nessuno,

perché dall'ira Thor non salva alcuno,
e travolge le schiere come un toro
con la forza di un fiume al suo disgelo.

Canto IX

Del destino, della morte

Morte la morte chiama, questo è il Fato
di tutti, ed anche degli dei. Nessuno
di noi salva il destino dalla fine,
e viene l'ombra della decadenza

e vuota dalla gioia, dall'essenza
stessa di questa vita muore infine
ogni speranza. Si spegne e ad alcuno
fa la grazia di quel che non è dato:

di vedere la vita oltre il passato.
Questo è il destino d'ognuno, che corre
nello svolgersi degli anni, finisce

nel medesimo istante e si stupisce
l'anima stessa del rapido scorre-
re del tempo così breve che è dato.

Canto X

Ragnarok

E così muove Thor svelto, all'assalto
del nemico e di loro svuota i corpi
dalla vita, ed in alto van cantando
le valchirie canzoni di battaglia,
seminando la loro distruzione;
e piovono dal cielo 
le frecce avvelenate delle dee
sulle schiere nemiche, rallentando
l'avanzata. " Non basta", canta triste
la Voluspa con l'arpa
in mano, profetando.
" vinceranno le tenebre del male".

Così spesso fa torto il male al bene,
sovente volge il vivere 
dentro l'oscurità che senza tregua
imperversa di sopra 
al mondo, trascinandolo nell'odio
alla rovina. 

                        /Così Thor affronta
sicuro il nuovo mostro 
e la loro lotta infuria a lungo in cielo.

Furente accende scintille il martello
sulla testa squamata, 
colpita duramente:
avvolge il dio, lo serra nelle spire
e stringe così forte il gran serpente,
che non può Thor veder cadere Freir,
né la fine del bianco
custode del cancello,
nell'uccisione del malvagio Loki,
né la morte di Balder e Vidarr e d'altri
dei nella lotta col gigante, mostro
di Hel, dalla spada enorme infuocata.

Egli cade, incendiando il mondo intero,
arde l'Yggdrasill, e cede nel crepuscolo
finale, mentre Thor vince il serpente
inutilmente, dato che l'avvelena
il sangue sparso su di lui dal mostro
immane. E così muore pure l'ultimo
degli dei, mentre il mondo si distrugge
nel rogo immenso, eterno,
che ad oggi ne determina la fine.

Maurizio Donte@ copyright 2016


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