venerdì 12 maggio 2017

N. PARDINI: PREFAZIONE A "VERSODOVE" DI ANNALISA RODEGHIERO



Ubaldo de Robertis, Annalisa Rodeghiero, Nazario Pardini
al Premio Santa Maria in Castello,
Vecchiano








Annalisa Rodeghiero: Versodove. Blu di Prussia editrice. 
Monte Castello di Vibio. (PG). Pgg. 84. € 11,00



        Prefazione di N. Pardini


Saremo altrove


Là dove l’armonia 
sembra incrinarsi
fruttifica la parola vera e vive. 
Nell’altro possibile respiro 
nell’orizzonte tondo
dove il sogno chiede.
Esiste forse una mezza poesia per il poeta? 
Mezzo battito d’ali per la rondine?
Il mezzo calice pieno? Il mezzo calice vuoto? 
Metà fiore a primavera? 
Solo una parte del cielo da toccare?
-Sai- saremo altrove,
dove vince e perde la ragione 
ma intero vive il canto.

Opera divisa in due sezioni: Di volo in volo, Incerte stagioni e inconfutati cieli, che, con la loro efficacia ontologica, completano il mondo poetico della Rodeghiero; tutto l’afflato per quel “dove vince e perde la ragione ma intero vive il canto”. Senza mezze misure, in questa tensione emozionale; in questo gioco che non prevede “Metà fiore a primavera”. Essere altrove l’icipit di quesrta silloge in cui il verso si dà all’anima con tutta la fragranza dei suoi verbi; con tutto il potere lessico-fonico dei suoi accorgimenti. Un andare dolce e fluente, duttile e contaminante che abbraccia con sonorità allusiva, con simboliche rifrazioni, ogni input vitale. Già da questa citazione testuale si possono trarre le più sottili indicazioni della sua poetica: essere o non essere; esistere o non esistere; ambire o restare immoti in un  mondo che ci chiede voli  verso l’alto per  poterci sottrarre alle aporie del contingente; alle ristrettezze del quotidiano. Ma VERSODOVE si deve dirigere la  nostra navicella. Il mare è profondo e il suo orizzonte illimitato per la pochezza del nostro essere umani. E’ per questo che Annalisa azzarda voli verso l’alto, verso mete da cui si possa ammirare la terra come da una torre d’avorio. Ma questa scalata ha bisogno di terrenità, di cose reali, grandi e minime, per  poter toccare le alte vette del cielo, del supremo, e del canto. Per poter portare oltre il guado il sapore del vissuto. E’ di queste cose che la poetessa si ciba; le fa sue, le vive con intensità; le fa riposare nel suo intimo, è lì che sedimentano per rinascere a nuova vita, per farsi serbatoio del suo verseggiare; per farsi epigrammatica storia di sogni, di slanci iperbolici, di mistero.  Questa è la vita e questo è il miraggio della Nostra. La vita c’è tutta con la sua carica, con tutto il bagaglio delle meditazioni, con tutta la complessità delle questioni di difficile soluzione: amore, memoriale, affetti, incantesimi, illusioni, delusioni, saudade, nostos, nostoi; indagine, e cospirazione di tanti perché in questo breve spazio che ci è toccato.  Amare è il piedistallo del poema; amare a tutto tondo, con la totalità del suo coinvolgimento: amare l’esistere, la terra, l’amore, l’uomo, i figli, i cari, la natura in tutta la sua polivalenza; anche se con qualche riserva vista la vicissitudine della poetessa:

Come se niente fosse,
sempre su corolle appena schiuse 
ulula obliqua la tormenta e strappa. 
Erano distese di lavanda al sole
a inebriare il grido dei voli. 
Deliranti il tutto pieno e il niente. 
Cosa cercavi allora
quando mi invitavi al sogno?
Nei sogni la felicità spesso s’infrange. 
E se d'eterno
fosse stato il bisogno, 
non nei voli d'ali 
imporporate a festa, 
dovevamo noi cercare
ma in quell'essere noi angeli 
in altra dimensione.
(Erano distese di lavanda)



E la natuta si fa simbologia di un sentire tutto vòlto a dire di sé: corolle, tempesta, strappa, lavanda sole, voli… Tutto volge ad una direzione: volare oltre le tempeste, oltre lo strappo dei venti, oltre le sottrazioni del mondo; volare in cieli-alcova dove poter trovare quella serenità a cui aspirano i poeti. E si sa che i veri poeti, e Annalisa lo è, trovano difficilmente quella meta a cui aspirano. E’ un obiettivo da non raggiungere per mantenere in vita quell’input che è l’humus del canto. Essere scontenti, inappagati, in continua navigazione è il vero stato d’animo dei cantori. D’altronde il raggiungimento dell’isola agognata sarebbe la fine di ogni stimolo che li incanta, li inquieta, li stupisce, li confonde,  e che li fa essere in continua ricerca del loro essere. E’ questa la profondità umana e ontologicamente contagiante di questo canto. Una ricerca che la poetessa affronta alla scoperta di una felicità sempre in bilico, ingannevole, in fuga da noi che la cerchiamo. “Cosa cercavi allora/ quando mi invitavi al sogno”. Sognare fa parte dell’esser-ci, ne è una componente importante, determinante. L’onirico rappresenta la soluzione delle nostre inattuazioni; spesso la realizzazione delle delusioni subite; è lì che ci rifugiamo nei momenti di indicibile malinconia; ma dal sogno ci si desta, e quella libertà che avevamo assaporata si fa  sentimento esiziale, tormento e irrequietezza. Un naufragio dalle stelle alla terra; “Eppure tu, / lo chiamavi possibile, eppure  dicevi “per sempre””. Certezze che si sfaldano, amori che finiscono, noia nel rimanere sempre uguali.

Come precipitare 
dalla volta delle stelle, 
come chiudere
le sinapsi della vita.
Naufraga così l'alba nel silenzio. 
Eppure tu,
lo chiamavi possibile, 
eppure dicevi ”per sempre”. 
Si sfaldano certezze dalla volta 
nell'incessante
nostro mutamento,
nel nostro rimanere sempre uguali.

(Naufraga così)

Un mare di vicinanze e lontananze ed è proprio quando in alto mare ci sembra di avere scorto il faro delle nostre illusioni, la luce nella tempesta “ci aggrappiamo all’onda che ci riporta a riva”.

(…)
Sembriamo marinai esperti
a vincere tempeste
ma ci aggrappiamo all'onda 
che riporta a riva.
(…)
(Ma tu ignorando canta)

Un’indagine meticolosa, puntuale e autoptica del sentimento dei sentimenti: l’amore. Che poi è quello che fa il bello e il cattivo tempo dell’esistenza.
Tanti i motivi ispiratori che rendono polivalente e fortemente umana questa pièce:

La lettera al padre

Non fosse altro
che per il cromosoma eletto 
per me scelto
che ti sono grata, padre.
(...)
(Lettera a mio padre)

Le riflessioni sul tempo, sulla caducità del vivere; un carpe diem simboleggiato nella clarità del sole:

(…)
E allora già sai
che abbasserai smarrito 
la tua corolla gialla
quando, troppo presto, verrà sera. 
Ma ora sconfina e finché puoi 
allunga ancora il volto al sole.
(In bilico costante)

Un anelito all’infinito

Portami là,
dove tutto diventa liquido, 
dove con te, ancora 
morirò e rinascerò. 
Dimmi cosa c'era prima…
(Questo infinito)

Un erotico “contenerci” dal sapido richiamo catulliano

Continueremo a darcelo
l’amore immaginato nel principio
o prima ancora di affacciarci al mondo. 
Sembrerà un dono, un volere degli dei 
o solo luce del nostro contenerci
(…)
(Fino all’ultimo sorso)

Sguardi di panica simbologia esistenziale:

 (...)
Sì, potrei cantare il gelsomino in fiore 
che apre occhi come stelle
a inebriare l’aria intorno
all’ombra del mistero dei veli di magnolia; 
o i quattro tigli che svettano in crinale 
giostra d’api mai sazie
di ciuffi d’oro al sole.
Ma solo del nostro maggio scrivo 
e so che la parola oggi non basta
e so che la pienezza gruma in gola.
(Del nostro maggio scrivo)

Il richiamo dell’eterno

(…)
Tremeranno sciolte
come teneri fili d’erba al vento
le nostre dita al richiamo dell’eterno.
(In altra vita)

Un inno al mistero della poesia di particolare intensità lirica a me dedicato:

a Nazario Pardini

Ti aspetterò nello slargo tra i rami 
senza fretta alcuna. Saprò coglierti 
dove cantano d’amore i merli. 
Qui solo un senso di proiezione in alto 
regna, quando perde perfino il senso 
la parola se dolce-eterno è il suono. 
Soccorrimi se disperata cerco
il verso per raggiungere le stelle
ma non voltarti se ti sto abbracciando.
(Inafferrabile poesia)

Dove la poetessa dà tutta se stessa ad un empito di calda ascensione verso le stelle in uno stato di grazia ispirativa: abbandono, passione, liricità, attesa, canto della natura, suono dolce-eterno, anacoluto, sinestetici abbrivi. Questa è poesia; questo è inno di plurale intensità in cui a dominare è il sentimento, l’immagine vaga e indeterminata a scapito della ragione.

E poesia è passione, è slancio verso porti di difficile approdo; non di certo ragione che semmai tende a frenare quegli abbrivi emotivi di cui si nutre.
“La ragione non ha mai asciugato una lacrima e la filosofia può riempire pagine di parole magnifiche, ma dubitiamo che gli sfortunati vengano ad appendere i loto vestiti al suo tempio” (Génie du Christianisme di Francois-René de Chateaubriand).
<<Tra noi e l'inferno o il cielo c'è di mezzo soltanto la vita, che è la cosa più fragile del mondo.>>. (Blaise Pascal, Pensées). Perché queste citazioni; è presto detto: perché costruiscono una prova comprovante della natura del bel canto. Di quello che affascina, che ammalia, che inquieta e che inebria la nostra Annalisa. E’ a quell’arte che dà anima e corpo ed è a quella che offre tutta la sua vita volta ad ascensioni epifaniche, a sicurezze indecifrabili, dato che lei lo sa che è la cosa più fragile del mondo.
Quando i bambini carezzano i padri, Il dondolio dell’onda, Fermo-immagine, Sono i cieli di maggio, Lungo l’argine, Epilogo d’estate, Oltre il siparioCarezza d’acqua. Le tante composizioni della seconda sezione, in cui Annalisa cerca di sopperire alla sua solitudine con ricorso ad immagini di una natura che con tutta la sua potenza cromatica l’avvolge; e lei si tuffa in questo mare d’immensi silenzi come in un naufragio dolce e misterioso. Perdere l’identità nella grandezza dei cieli o nella bellezza di un canto non è cosa difficile per un poeta.

Noi eternità. Noi sillabe. Poesia. 
Certezza del fiore in gemma che s’apre. 
Certezza del frutto nell’operosità dei voli.
(Carezza d’acqua)

Nazario Pardini



DAL TESTO



Erano distese di lavanda

Come se niente fosse,
sempre su corolle appena schiuse 
ulula obliqua la tormenta e strappa. 
Erano distese di lavanda al sole 
a inebriare il grido dei voli. 
Deliranti il tutto pieno e il niente. 
Cosa cercavi allora
quando mi invitavi al sogno?
Nei sogni la felicità spesso s’infrange. 
E se d'eterno
fosse stato il bisogno, 
non nei voli d'ali 
imporporate a festa, 
dovevamo noi cercare
ma in quell'essere noi angeli 
in altra dimensione.



Questo infinito

Portami là,
dove tutto diventa liquido, 
dove con te, ancora 
morirò e rinascerò. 
Dimmi cosa c'era prima.
Non febbre, non api, non voli. 
Ora la vita, questo averti dentro, 
ora la gioia, il canto nelle vene: 
perché l'amore è questo,
questo sangue che pulsa nelle tempie 
a tamburo battente,
è l'universo intero,
il fiume caldo che ci scorre dentro, 
questo infinito
che non possiamo trattenere, 
uno spicchio di mela 
tra le tue labbra umide.


  
Inafferrabile poesia
a Nazario Pardini


Ti aspetterò nello slargo tra i rami 
senza fretta alcuna. Saprò coglierti 
dove cantano d’amore i merli. 
Qui solo un senso di proiezione in alto 
regna, quando perde perfino il senso 
la parola se dolce-eterno è il suono. 
Soccorrimi se disperata cerco
il verso per raggiungere le stelle
ma non voltarti se ti sto abbracciando.











5 commenti:

  1. “Versodove” carissimo Nazario, se non oltre ogni nuvola, lassù dove esplode l’azzurrità del cielo ad accarezzare l’anima e il cuore?
    Ti rinnovo la mia gratitudine per il dono delle tue parole che impreziosiscono la mia silloge.
    Ma lo sguardo oggi si ferma sulla foto che ritrae tre amici sorridenti in un giorno di festa della poesia.
    Percepisco ora più che mai la mano di Ubaldo sulla spalla. Con un sorriso velato di tristezza la voglio inviare a lui, quella carezza sfiorata.
    Grazie di cuore per l’immenso dono.

    Annalisa Rodeghiero

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  2. Prefazione immensa, generosa, vissuta, come se il critico avesse penato e scritto le poesie di Annalisa. Della poetessa poco da dire: basta leggere i versi qui riportati per rendersi conto delle potenzialità umane, e prosodiche; della musicalità che avvolge la sensibilità della poetessa.

    Luisa

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    1. Ringrazio la gentile Luisa (purtroppo senza riuscire a darle un volto) per le belle parole che mi ha riservato. Spero tanto che il nostro Nazario, scrivendo la prefazione al mio libro, non abbia penato al pari mio e che le parole, davvero generose che mi ha dedicato, siano uscite con levità dalla sua anima sapiente.

      Annalisa Rodeghiero

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  3. Essere poeti non vuol dire essere più sensibili degli altri ma saper trovare il modo più intenso e il linguaggio più profondo per comunicarlo, in modo che chi ascolta si identifichi e riconosca.Nazario Pardini lo è, oltre che per la sua immaginifica poesia ,anche per la sua rara e straordinaria capacità di immedesimarsi nell'anima degli altri poeti.Annalisa Rodegheiro lo è per la luminosità sognante dei suoi versi, per il saper parlare dell'amore e della vita , anche nella sua quotidianità con non comune magico linguaggio. Grazie a tutti e due, che mi pregio di chiamare amici.
    Giusy Frisina

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    1. Cara Giusy, si respira vera amicizia leggendo il tuo messaggio d'affetto e stima. Sentimenti che ricambio totalmente nei confronti di te poetessa e donna sensibile e forte.

      Annalisa Rodeghiero

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