Giovanni Bilotti, CANTI OLTRE IL TEMPO. Memoranda Edizioni. Massa. 2016
Giovanni
Bilotti si presenta sulla scena letteraria con una nuova silloge editata per i caratteri di Memoranda Edizioni. Il
testo è arricchito dalla Prefazione di Francesco D’Episcopo e dalla postfazione
di Maria Luisa Tozzi. Un libro di grande valenza culturale e di sapidi intenti
filosofici, che corrispondono, alla grande, alla struttura mentale dello
scrittore, Giuseppe Benelli, a cui è dedicato: filosofo, e docente di Filosofia
del linguaggio alla Facoltà di Scienze
della Formazione dell’Università di
Genova. E’ la dimostrazione tangibile che si può far poesia con ogni argomento:
erotico, religioso, naturistico, culturale… Basta che venga filtrato dall’ingegno
creativo che, in questo caso, concretizza in poesia, con sagace inventiva, le
occasioni più ghiotte riguardanti i nomi
più risonanti della storia della Filosofia; non è semplice che
certi temi si facciano nutrimento di
un’anima; che in tale alcova restino a decantare, per tradursi in canto nuovo, urgente,
fecondo, e affabulante. Se così è, perché il linguaggio, di cui il Nostro è un grande
manipolatore, si adatta con generosa duttilità alla parola, al verbo, alla
pluralità dei meccanismi introspettivi;
ad una rielaborazione epigrammatica che l’Autore attua con storie che hanno fatto parte della sua vita; del suo
mondo culturale; di una vicenda in cui ogni input esistenziale si fa materia
redditizia per un “poema”. Questo accade nell’animo e nel processo creativo di
Bilotti; ciò che può sembrare ostico viene tradotto in immagini fresche e
contaminanti, attraverso un’operazione
prettamente etico-estetica. D’altronde il Poeta più che toccare i
principi razionali dei personaggi, scava nella loro vita, nei loro momenti di fattiva
esistenzialità, nei loro riscontri ontologici: La casa paterna antica per
Dickinson, le Solitudini per Gongora, il percorso umano per de “Nerval”, le parole
tinte d’azzurro per Nelly Sachs, la tragedia della Shoàh per Celan, la visione
cosmica della vita per Holderlin,… e per Zagajewski: “Rari sorrisi/ fra pallide
visioni; ogni tanto qualche suono/ ad animare la presenza/ vuota delle cose…”. La seconda parte dell’opera è dedicata a
“Versi di ieri”, dove l’Autore sembra più a suo agio di fronte ad una natura
che per la sua ispirazione ha sempre costituito un ruolo determinante: dal
fresco del mattino, all’aria che respira luce, all’ inquietudine di thanatos, a
frammenti che incendiano le cose, fino a vita, sole, rose di una ragazza dei
giardini. Tanti pensieri, tante meditazioni sul vivere e morire, sul certo e
l’incerto, sui quesiti dell’umana
vicenda che si danno con liricità ai CANTI OLTRE IL TEMPO.
Nazario
Pardini
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