La vena calliopea di Umberto Mastroianni
Conclusa a Marino la mostra allestita a vent'anni
dalla scomparsa dello scultore
Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Dividerò il mio
intervento in due tempi. Nella prima parte riassumerò quanto già detto nella
precedente relazione in merito alla poetica di Umberto Mastroianni scultore;
nella seconda esaminerò il versante letterario, la vena calliopea del Maestro,
approdato nella nostra Città nel 1970. L'anno precedente, il 1969, era stato
fondamentale per il suo percorso artistico, essendo stato collocato a Cuneo il
celeberrimo Monumento ai Caduti cui
aveva lavorato per ben cinque anni, a partire dal 1964. Con quel lavoro
l'artista aveva inaugurato la lunga
serie delle sue opere monumentali note in tutto il mondo, pur avendo già posto
nel '45, al termine della guerra, un Monumento
al Partigiano nel cimitero di Torino, di ragguardevoli dimensioni. Il
monumento di Cuneo fu un evento eccezionale e rappresentò un momento significativo
non soltanto per la storia personale dell'artista, ma per l'arte dell'intero
Novecento.
Una moderna e
vigorosa scultura, un gioco materico di bronzo sostenuto da un traliccio in
acciaio, con un impiego smisurato di materiali, dal peso enorme e tuttavia
dotato di straordinaria levità, di saettante e dinamica potenza esplosiva. Un'illuminazione
straordinariamente felice che dette l'avvio alla stagione più ricca e feconda
del grande scultore, sempre più proiettato su scala internazionale. Quando
approdò a Marino, varie stagioni si erano già svolte e stratificate nel suo
percorso artistico. La sua poetica si era venuta costruendo attraverso un
complesso cammino, a partire dal figurativo prebellico, di gusto arcaizzante,
con interessi essenzialmente rivolti al mito, nonché al ritratto di giovani
donne, o a testine di fanciullo in terracotta, poi riportate in bronzo. Viveva
allora a Torino, dove era giunto giovanissimo nel '26 (a sedici anni) e aveva
preso a frequentare l'atelier dello scultore Michele Guerrisi per perfezionare
la propria preparazione artistica.
Nato nel 1910 a
Fontana Liri, in Ciociaria, era sbarcato a Torino dopo una breve esperienza
romana, in Via Margutta, presso lo studio dello zio Domenico, scultore
anch'egli. Ben presto si sarebbe presentata in lui, con la complicità del
pittore Luigi Spazzapan, un'ansia di rinnovamento, una fame di modernità che lo
avrebbe portato ad avversare, sulla scia delle avanguardie storiche, il
classicismo di Casorati e l'impressionismo del cosiddetto Gruppo dei Sei che
dominavano la scena culturale della capitale sabauda. Negli anni '40 sarebbe
propriamente iniziata la sua avventura avanguardistica, dando corso ad un
astrattismo geometrico che lo avrebbe posto all'attenzione della critica più
attenta. Chiamato alle armi durante la guerra, parteciperà alla Resistenza,
trasferendo in sede artistica le sue incontenibili istanze di liberazione, con
opere esemplari, quali il già citato Monumento
al Partigiano, posto nel Campo della Gloria del cimitero di Torino.
Gli stilemi di
questa emergente proposta estetica, definita da Giulio Carlo Argan come poetica della Resistenza, sono
tipicamente espressionisti e si rifanno in modo esplicito al dinamismo
boccioniano, innovandolo tuttavia secondo un'idea invasiva della materia nello
spazio che, se da un lato può riconoscersi figlia del Futurismo, dall'altro se
ne discosta per la valenza esplosiva e dirompente, deflagrante e penetrante,
anziché compositiva ed aggregante, come nei presupposti del Futurismo e del
Costruttivismo. Il Futurismo boccioniano è chiara espressione di questa
tendenza ad inglobare, ad assimilare, ad annettere. Cosa fa Mastroianni
ereditando questi fertili spunti? ne trasforma il dinamismo in senso
deflagrante, anziché aggregante, con scoppi che dall'interno esplodono verso
l'esterno, prediligendo un'azione dirompente, anziché fagocitante,
accentratrice.
Alla mitologia
dell'aggressione e della manipolazione, propria degli sperimentalismi
avanguardistici, egli sostituisce una mitologia della liberazione, della
proiezione fantastica, dell'utopia. Giusta, pertanto, l'affermazione di Cesare
Brandi, laddove sostiene che le deflagrazioni di Mastroianni "è come
affermassero la piena virulenza del Centro, in un'epoca come la nostra,
caratterizzata dalla perdita del Centro". Queste deflagrazioni provengono
da un centro sepolto e interno all'opera, che, di scoppio in scoppio, sembra
liberare regioni sempre più profonde di se stesso. Ricordo che una volta il
Maestro mi confidò, con il calore impetuoso che lo contraddistingueva, come la
sua massima aspirazione estetica e umana fosse di riuscire finalmente a rompere il guscio, ad aprire lo scrigno della mente e dell'anima (parole sue) per poterne svelare una volta
per tutte il mistero.
Ciò lascia
intravedere uno sfondo metafisico nei suoi interessi estetici e umani, in grado
di riscaldare tutta intera la sua personalità creativa. Gli orizzonti civili
sono indiscutibili, ma vanno innestati in questa visione più profonda, dove il big bang diviene esplosione di energie
spirituali: voglia di rinascere, si, dalle rovine della guerra, ma prima di
tutto dalle rovine dell'anima. Una ricostruzione non soltanto civile, pertanto,
ma umana a trecentosessanta gradi. Al contrario dei Futuristi, Mastroianni
aveva piena consapevolezza dei rischi connessi a una sfrenata meccanizzazione,
così impegnò tutto se stesso in un progetto di umanizzazione delle tecniche e
del mondo industriale. Una civiltà delle
macchine, come veniva anche proposto, nello stesso periodo, dal poeta e
critico Leonardo Sinisgalli.
Ed è un ritorno del
Mito nel cuore di un'era come la nostra, caratterizzata da laceranti
demitizzazioni. Sta qui la matrice neoumanistica di un artista d'avanguardia
che, pur avendo attraversato da grande protagonista la vasta e variegata gamma
degli sperimentalismi più avanzati (dall'Astrattismo al Futurismo, all'Informale),
è rimasto sostanzialmente fedele ad una concezione umanistica del fare
artistico. Tutti i suoi esegeti, a partire da Giulio Carlo Argan, concordano su
questo punto. Il trionfo delle macchine, a fronte di vantaggi materiali
indiscutibili, comporta un inevitabile rischio di appiattimento e di aridità. Ebbene,
quella di Mastroianni vuole essere una provocazione condotta dall'interno e non
dall'esterno della civiltà tecnologica, una sfida promossa da un intellettuale
che mostra comunque di amare i valori tecnologici.
Il suo ottimismo di
fondo lo porta a credere che il seme dell'umano possa ancora utilmente venire
trapiantato nell'arido villaggio globale dei nostri tempi. Non a caso un
critico come Floriano De Santi ha potuto disquisire di macchinismo fantastico, mentre Giulio Carlo Argan ha espressamente
parlato di metallurgia a servizio
dell'arte. Umanizzare la macchina, anziché fare dell'uomo un robot. Ed è
utile, a questo punto, analizzare un versante poco noto della poetica di questo
artista singolare: la scrittura, come già detto, che si affianca alla sua
espressione scultorea, universalmente nota, chiarendone ancor meglio il demone,
l'orizzonte umanistico, ma insieme cosmogonico e metafisico da cui è animata.
Una visionarietà che a me piace accostare al simbolismo campaniano. Di Dino
Campana, poeta grandissimo che non ha fatto scuola nel nostro Novecento
letterario, qui possiamo trovare felici e innegabili influssi.
Ascoltate: "Infiorai
il capo / bendai le membra / aprii un varco verso il cielo. / Toccai l'azzurro
/ lacerando l'arcobaleno / e raggiunsi l'incomparabile / volta celeste. /
Riorganizzai il bivacco / sulla dura terra dei padri. / Inchiodai le stimmate /
nel rifugio dei peccatori. / Fuggirono. / Riattraversai il deserto / l'occhio
fisso all'Orsa / immemore di memorie / e di sepolcri". Questa poesia è
tratta da "Avventure
pietrificate" (Sandro Maria Rosso Editore, 1965) e porta la prefazione
di Jean Cassou. L'ansia di assoluto che alimenta la psicologia creativa di Umberto
Mastroianni, si fa particolarmente esplicita nel versante letterario della sua
incandescente officina. Ascoltate ancora questi versi: "Rincorsi la luce /
dietro il balenio / di una lucciola. / Bivaccai nell'eremo / assaporando le
stimmate / che afflato di santo / sublimava. / Un uragano inebriava / la volta
celeste / di suoni soavi".
L'orizzonte è
cosmico, ma pienamente umanistico al tempo stesso. C'è come la consapevolezza
di una vita anteriore a quella fisica, di una vita, se vogliamo divina,
spirituale, cosmica appunto, che tuttavia appartiene all'uomo stesso:
"Prima che fossi / la verità era nata / poi l'organo generò / il corso dei
giorni / e la morte dolce / come un soffio / di verità prenata". Assoluto
e relativo sono l'uno nell'altro. L'uomo è immerso nel relativo, ma lo scenario
che gli compete è molto più ampio, giacché il relativo si muove comunque sullo
sfondo dell'assoluto, nel mistero universale dell'essere. La poesia di
Mastroianni, come anche la sua prosa, è carica di un simbolismo straordinario,
dove si parla di un'umanità che tradisce e divora se stessa, ma che, dileguata
negli abissi interiori, prorompe con violenza vulcanica dal profondo,
distruggendo ogni cosa, ma rinnovandola nello stesso tempo.
C'è alcunché di
abissale e di apocalittico in questa visione del mondo, ma parliamo di un'apocalisse
che possiede i germi della palingenesi, i prodromi della rinascita e della rigenerazione.
Lo scultore non ha matrici religiose, come forse potrebbe sembrare. I suoi
orizzonti non sono teologici, ma prettamente umanistici: di un umanesimo,
tuttavia, immerso nell'avventura divina del mondo e dell'universo intero. Da
artista, non da religioso, egli è estremamente sensibile ai valori simbolici
della fede, delle religioni in genere, dei miti. I quali hanno sempre alcunché
di sacrificale, di sangue versato per
il rinnovamento e la salvezza del mondo. Si pensi all'interesse iniziale dello
scultore per il mito, per quelle armonie che sembrano venire contraddette e
addirittura scalzate dal furore ribollente e magmatico delle espressioni
materiche più mature.
In realtà anche la
poetica avanguardistica e tragicamente esplosiva dell'artista maturo continua a
restare stabilmente ancorata nel territorio del mito. Il quale, ricordiamolo, è
sempre ambivalente e bifronte in ogni sua epifania. C'è un'innocenza smarrita,
un eden disperso chissà dove, ma pronto a riemergere dolorosamente
dall'olocausto in cui è stato bruciato e dimenticato. L'umanità dell'uomo, la
sua vera humanitas, la sua essenza
travolta e immolata nel rogo ordito dal disumano, impetuosamente rinasce dalle
proprie ceneri come l'Araba Fenice. Egli scrive (chi mi ha preceduto ha già
declamato questa poesia, ma repetita
iuvant): "Apocalisse giorno / smisurato / brinderemo alla ferrea
legge / del Sopravvissuto // la legge
del Forte / smantellerà / la legge del Perduto // porteremo / al settimo cielo
/ i Rimasti / per ritessere / un discorso umano // ogni legge rasenterà / la
follia / artiglierà / lo spirito dei Primi".
Ho tratto questa poesia
da "Il grido e l'eco", una
raccolta di memorie e poesie edite da Bora Edizioni nel 1985, con prefazione di
Raffaella Del Puglia. Invece quest'altra poesia, come la successiva che
leggerò, è tratta da "Dies
irae", edito da "Rossi & Spera" nel 1987, con prefazione
di Alessandro Masi: "Angiporto crollante / fetido nome scoperto /
messaggio antico / di numi caduti / per terra: Membra trionfanti / si
conciliano / al notturno convegno / dei morti. / Spalancata la bocca / del seno
apocalittico / la vita trema davanti / all'amplesso delle Corti / in
vacanza". Ma c'è un'altra poesia su cui vi prego di prestare la vostra
attenzione, dove si manifesta il desiderio struggente di tornare alla terra, ai
valori semplici, alle leggi elementari, la volontà di tornare a far girare i
propri meccanismi psichici secondo ingranaggi naturali e universali.
La poesia è questa: "Un
solco marcato / a fuoco sulla terra / brulla rappresenta / il mio giaciglio. /
Uomo di tutti i giorni / prima di morire / sposo la terra. / Lei m'investe come
/ un antico frammento. / Il muschio profana / la zolla che cerca / il seme per
la nuova / pianta. Tento un colloquio / facendomi seme nella / terra promessa
perché / il risveglio riconduca / il mio Io corrotto / meccanizzato allo /
splendore della creazione / vitale. Ritento / l'inserimento dell'uomo / nelle
leggi naturali / che lo legano alla terra, al cielo, al mare. / Voglio
rinascere pianta / coraggiosa in attesa: / la Primavera scopre / le arterie
azzurre / di uomo smarrito / in questo deserto". Apocalisse e palingenesi:
sta qui la weltanschauung, la
psicologia creativa di Umberto Mastroianni. E a ben guardare sta qui lo stesso
significato profondo che l'artista attribuisce alla Resistenza. Traggo da "Dies irae" un'altra poesia,
dove l'artista è ritratto sui colli, impegnato in prima linea a guerreggiare.
Così scrive: "A
sera inoltrata / siamo sul monte, / la Caserma grigia / sovrasta l'altipiano
che pende a ridosso. // L'alba è gelida, / sciabolate di acciaio / brunito
orienta sul nostro / avamposto. Il nemico / avanza bivaccando, / sgretolando il
monte, / spietato contro un manipolo / di uomini. // Giorni di settembre /
presso Campiglia, entro / i primi contrafforti / del Gran Paradiso. / Bondeno
lontana, Valprato, Pianprato / ci sono amici. / Orizzonti di fuoco, / ansietà, abbagliano
/ le nostre stelle come / fiaccole intimorite / dall'attesa". La Guerra,
dunque, la Resistenza. Al di là delle valenze storico-ideologiche, quei termini
possiedono squisite valenze universali. C'è una guerra all'ultimo sangue tra
l'umanità dell'uomo e la sua disumanità, per cui la Resistenza non si esaurisce
in un momento storico determinato. E' iniziata da sempre e non finirà mai. Ascoltate
questa breve prosa scritta da Mastroianni in "Vento furente" (Grafica
Romero, 1972), con nota di Libero de Libero:
"Il solco che
ci separa dalla Resistenza è incolmabile, ibrido, fortemente carico di
confusioni aberranti, l'uomo è in agonia. Sta nascendo la civiltà del mostro
che anticipa l'atomica. Siamo diventati tutti superuomini al punto di
distruggere il contenuto e le ragioni della nostra esistenza, un'esistenza già
tarata che precipita come una massa incandescente. Sulla nuova linea. La nuova
dimensione internazionale: il nuovo razzismo alle porte. Stiamo diventando
imperfetti a confronto della macchina, essa ci sospinge ad abdicare e finiremo
fatalmente non solo con l'essere controllati ma anche col non capire più il
bisogno della macchina in rapida ascesa. Il cuore dell'uomo è sparito, abbiamo
portato al settimo cielo il cuore di ferro della macchina, un equilibrio si è
rotto, un'avventura è pronta per la nuova generazione che dovrà affrontare
mostruosi eventi di domani, eventi che si profilano chiaramente duri e
imperiosi, fino all'autodistruzione".
Ed ecco la nuova Resistenza,
descritta da Mastroianni con incredibile lucidità profetica. I suoi orizzonti
sono molto più che storici, sono universali. E' la lotta tra l'umano e il
disumano, il duello senza fine del Bene contro il Male, entrambi indispensabili
all'evoluzione morale. Nessuno dei due deve prevalere, giacché fanno parte entrambi
della sfera e dell'integrità morale. Obbiettivo della Resistenza, pertanto, non
è di cambiare o migliorare il mondo, bensì di mantenerlo nel suo equilibrio
originario. Una resistenza, una tensione infinita. Caino e Abele sono nemici,
ma sono anche fratelli e proprio lottando sono chiamati a scambiarsi favori. Sta
qui l'ambivalenza, il bifrontismo dei miti. La poetica esplosiva di Mastroianni
è distruttiva e costruttiva nello stesso tempo. Da un lato è devastante, dall'altro
è salvifica, giacché il Bene ed il Male, pur contrastandosi, sono chiamati a
collaborare tra di loro.
Franco Campegiani
Una poderosa,chiara,dotta,esemplificata ed esemplare esegesi dell'artista-scultore e poeta U. Mastroianni che Franco Campegiani, da par suo, ha messo in risalto e nella dovuta luce e conoscenza ai più. Rimango come sempre positivamente attonito di tanta capacità espositiva dell'autore. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaDoppio il contributo che propone F. Campegiani sul maestro scultore Alberto Mastroianni: il primo focalizzato sui ricordi personali di un incontro che è stato d’arte e d’amicizia dell’importante artista, ricordato a Marino nel ventennale della scomparsa, il secondo per la conclusione della mostra allestita per l’occasione. Un lavoro di analisi interpretativa ( e di sintesi) importante, che si muove tra la ricostruzione del percorso artistico di Mastroianni- “dal figurativo prebellico, di gusto arcaizzante, con interessi essenzialmente rivolti al mito, nonché al ritratto di giovani donne, o a testine di fanciullo in terracotta, poi riportate in bronzo.. all’avventura avanguardistica, dando corso ad un astrattismo geometrico che lo avrebbe posto all'attenzione della critica più attenta..”. F. C. segnala importanti rilievi circa l’inserimento del Maestro nell’arte contemporanea (studi, innovazione consapevole e rovesciamenti dei modelli futuristi boccioniani, Astrattismo e Informale) e ne coglie anche l’originalità poetica letteraria con la lettura delle poesie, il cui spirito si fonde sapientemente con le scelte della officina sperimentale dello scultore. Versi espressionistici, eppur di scavo psicanalitico, immersione profonda, ma anche di ricerca di senso e sublimazione del quotidiano contraddittorio violento e deserto in cui viviamo: "Rincorsi la luce / dietro il balenio / di una lucciola. / Bivaccai nell'eremo / assaporando le stimmate / che afflato di santo / sublimava. / Un uragano inebriava / la volta celeste / di suoni soavi".Una ricerca- sottolinea F. C. - che è “ nuova Resistenza, descritta da Mastroianni con incredibile lucidità profetica”.
RispondiEliminaRingrazio profondamente l'amico Franco. Mi ha aperto le porte di un Mastroianni che non conoscevo: il poeta e lo scrittore. Quando si afferma che il genio creativo si palesa qualunque sia il campo della sua applicazione, ciò trova conferma in quanto ho letto. Tutti conosciamo il valore dello scultore ma qui è altrettanto chiaro che quel valore si basa su una poetica chiara e consolidata.
RispondiEliminaCi sono versi di assoluto pregio e vitalità, profetici. Per non parlare del passo in prosa: premonitore di un'epoca e di un futuro già in atto: "[...] Stiamo diventando imperfetti a confronto della macchina, essa ci sospinge ad abdicare e finiremo fatalmente non solo con l'essere controllati ma anche col non capire più il bisogno della macchina in rapida ascesa...". Condivido appieno queste parole; d'altro canto, per esemplificare: non è forse vero che la macchina di più successo - attualmente - il cellulare, ha perso il suo originale significato di strumento che serve per telefonare? O, perlomeno, lo stesso è passato in secondo piano?
E concludo con la stessa chiusa di Franco: "La poetica esplosiva di Mastroianni è distruttiva e costruttiva nello stesso tempo. Da un lato è devastante, dall'altro è salvifica, giacché il Bene ed il Male, pur contrastandosi, sono chiamati a collaborare tra di loro.". Non credo occorra aggiungere altro.
Sandro Angelucci
Franco mio, in questa lunga, affascinante e appassionata disamina sulle opere di Mastroianni, scomparso prematuramente, che non ho avuto la gioia di conoscere, sei grande critico d'arte, critico Letterario e Filosofo nello stesso tempo. Purtroppo non possiedo gli elementi per commentare le Opere di questo Artista, che mi coinvolge anche solo per la 'straordinaria levità, di saettante e dinamica potenza esplosiva' delle sculture di bronzo e acciaio e per il ricorso non solo all'avanguardia, al futurismo, ma anche alla mitologia. E nel celebrare le doti di Mastroianni scendi sempre di più sul terreno che ti è squisitamente congeniale e che mi attrae come il miele attrae certi insetti. L'Artista teorizza una nuova Resistenza, una frontiera dell'anima, che si protende verso l'universale. E la tua teoria dell'armonia dei contrari trionfa ancora. Il mondo deve restare 'nel suo equilibrio originario'. Mastroianni sposa le tue rivelazioni inconsciamente e ti concede di slittare sull'olio della necessità di unire 'l'umano e il disumano', perchè parti integranti della vita del mondo e dell'individuo. Ogni volta che ti leggo, Franco caro, prendo atto che nello scrivere i saggi "La teoria autocentrica" e il recente "Ribaltamenti" sei stato profeta e perfetto conoscitore del tempo che viviamo, dei cicli della storia e di noi individui. Asserisci che l'Opera di Mastroianni 'da un lato è devastante, dall'altro è salvifica, giacché il Bene ed il Male, pur contrastandosi, sono chiamati a collaborare tra di loro'... e ci dimostri quanto i contrari siano le fondamenta della vita, di ogni forma di vita. Una recensione, la tua, che ancora una volta, mi ha lasciata basita e commossa. Sei portatore di verità rivoluzionarie, che illuminano e aiutano a crescere. Grazie infinite e un abbraccio.
RispondiEliminaMaria Rizzi
Ringrazio profondamente Maria Grazia e Maria, Sandro e Pasqualino, per gli appassionati e appassionanti commenti, ma soprattutto per l'attenzione e la pazienza mostrate nella lettura del mio scritto. Umberto Mastroianni, artista fondamentale e spirito davvero profetico del secolo da poco trascorso, merita molto di più di queste mie povere cure. La vostra sensibilità è grande.
RispondiEliminaFranco Campegiani