Poesia intensa, ricca di armonie e di
amorosi sensi. Le immagini si fanno corpo di un pensiero e di un’anima vòlti ai
misteri della vita; ad un passato di neve dei greppi, di muschio gelato, di
fiato dell’aria, di fiori del pruno… Saudade e melanconia; riflessione e
generosità esplorativa; ritorni a un guado che non sempre brilla con le sue
acque cristalline dacché si sa che il memoriale non ha tanta potenza da lottare
a tu per tu con l’oblio. E si sa anche che
cercare orme su una neve fresca di giornata non è cosa facile, dacché
tali orme dovrebbero riportare a vita volti e amori di un tempo ormai fuggito.
La icasticità metaforica del testo offre visività ad un insieme che fluisce in
corpo ad una versificazione di eufonica attrattiva. E anche se la poetessa
guarda fino a straziare gli occhi il riverbero immutato della neve, cercando
nelle orme la logica dei voli, il perché del tempo e delle sillabe lasciate,
non riesce a trovare nulla, solo bianco.
E’ l’attimo che con briga divoratrice mangia il nostro patrimonio più sacro; la nostra riserva ontologica anche se questa cerca con ogni mezzo di tornare a esistere.
E’ l’attimo che con briga divoratrice mangia il nostro patrimonio più sacro; la nostra riserva ontologica anche se questa cerca con ogni mezzo di tornare a esistere.
Ho
guardato fino a straziare gli occhi
(…)
e
non ho trovato nulla, solo bianco.
Restano i dubbi, l’insoluzione dei tanti
perché, le questioni senza risposta, e la
nostra fragilità di fronte alla complessità della storia; ma, anche, il
palpito di una poesia che ci abbraccia rendendoci infinitamente umani di fronte
a semplici candele che si struggono in cera su un tanto simbolico altare:
L’abito
bianco dei miei sette anni
con
fili di seta e due dita d’amore,
nel
profumo incantato dei gigli
e
la cera di candele appassite all’altare.
Nazario Pardini
Il bianco delle cose
Torno spesso al bianco delle cose
la neve dei greppi, il muschio gelato
il fiato nell’aria e i fiori del pruno
nel vento che sfuma di rosa il ricordo
del lino sfrangiato e il latte col
pane.
La curva del giorno nella bava di
nebbia
il bianco del mio dente perduto, il
primo,
e il sapore del sangue, la curva del viso
appoggiato alle mani e il primo
quaderno.
L’abito bianco dei miei sette anni
con fili di seta e due dita d’amore,
nel profumo incantato dei gigli
e la cera di candele appassite
all’altare.
Ho guardato fino a straziare gli occhi
il riverbero immutato della neve,
cercando nelle orme la logica dei voli,
il perché del tempo e delle sillabe
lasciate
e non ho trovato nulla, solo bianco.
Franca Donà
Grazie di cuore al prof. Pardini per aver saputo cogliere nel bianco delle cose, la profondità dei sentimenti che mi hanno ispirata, la mia-nostra fragilità di fronte alla storia, agli anni e al nostro vissuto. Grazie sopratutto per avermi aiutata a leggere ben dentro le mie righe. Franca Donà
RispondiEliminaPoesia illuminante ed eterea come il velo del giorno ancor prima dell'alba.
RispondiEliminaGrazie, Franca.
EliminaGrazie, Franca
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