Negazioni
il titolo della nuova
silloge di Edda Conte
Edda Conte, collaboratrice di Lèucade |
Alle spalle del tuo scrittoio c'era uno
scheletro umano in piedi
di
piccola statura
quasi a mia immagine
uno scherzo goliardico....per anni..
Io non rido più.
Oggi mancano contadini
in terra di Puglia....
qualche giovane ancora si fa filosofo
o scienziato.
-Chi ha colpa? ripeti
e ripeti chi ha colpa...
Colpa?
Merito?
Non ci sono estasi
davanti al caminetto buio...
e Madre Teresa è volata in cielo.
Sobbalzi
di sintagmi, questioni singhiozzate in ricerche affannate, domande senza
risposte, tante negazioni di ciò che appare umano o disumano; oggetti, tanti
oggetti dai riflessi inquietanti, mai soli, sempre antropizzati, sempre partecipi; uno accavallarsi di meriti
e di colpe, di dismessi contadini, di Madre Teresa volata in cielo. Tutto fa
parte di un mondo lasciato alla dialettica delle cose; a geometrie sconnesse in
vista di un ordine nel disordine. Edda Conte è alla ricerca di strade nuove che
la possano far uscire illesa da un’isola che ormai ha dipinta e narrata con
bucolici ricami; è così che dagli azzardi ad orizzonti lontani torna a meditare
sul correre del tempo e le tante negazioni. Lo stile è nuovo e rivoluzionario;
abbandona le armonie dalla classica positura per una geometria sintattica frammentata, lasciata in sospeso,
“disordinata”, dove il metro rispetta le ambasce, affidandosi ad emistichi che
tendono a staccarsi dalla struttura compositiva per una libertà alla quale l’Autrice
aspira nel tentativo di sottrarsi alle aporie della quotidianità.
Mi
piace iniziare con una serie di citazioni che tendono a chiarire la questione
degli intendimenti poetici su cui si sta dibattendo oggigiorno: Poesia lirica,
personale, soggettiva, di stampo montaliano; o poesia realistico oggettiva,
post moderna, spersonalizzante di stampo eliotiano?
<<Come
diceva Platone, “…al tocco dell’amore ognuno diventa poeta”. Mentre Orazio: "Che se tu mi porrai tra
i lirici poeti La mia fronte andrà alle stelle". (Carmina, I, 1). E Keats nell’ode l’Autunno
“… verdeggiare di nuovo al sommo dei rami dell’albero della vita e respirare
insieme con la natura”. E Piranbdello “E’ nel ricordo e nel tempo che gusto
quelle lacrime”. Fenollosa
Ernest Francisco “La poesia è l’arte del
tempo”. Sidney Lanier “La musica è amore in cerca di una parola”. E. A. Poe “La poesia “creazione
ritmica della bellezza”, “il sentimento
poetico si ottiene nell’unione tra poesia e musica, giacché nella musica,
forse, l’anima raggiunge quasi interamente il grande fine per il quale, se
ispirata da un sentimento poetico, essa lotta… per raggiunge la creazione della
Bellezza Suprema…”>>. Perché queste citazioni? Per mettere in chiaro la
mia posizione e per iniziare un discorso critico-metodologico.
Leggere
la poesia di Edda Conte è sempre un piacere, soprattutto per me che ho avuto
occasione di seguire il suo percorso artistico: narrativo, poetico, saggistico.
Una poesia la sua che ci parla di vita,
di amorosi sensi, di conurbazioni esistenziali. Fa tesoro di ogni palpito, di
ogni segmento dell’essere e dell’esistere, di quella inquietudine che bussa alla
porta per spingerci alla ricerca del Bello, della luce, di quel porto che
rappresenta la quietudine del nostro andare; di una navigazione fra scogli e
tempeste dove l’imbarcazione spesso incontra perigli che ne impediscono il
prosieguo. Niente frattura fra l’io e il reale dato che il reale si fa
serbatoio del canto solamente dopo una decantazione annosa, in cui ha avuto
l’agio di riposare in un’anima con agevole calore. Ma il fatto sta nel
constatare se tale navigazione tiene la
rotta o cambia direzione in base al moto dei venti e delle onde. Per
fare una similitudine si può paragonare la barca al linguismo, alla sintassi
prosodica; i venti alle passioni umane. Le vele hanno bisogno di essere
predisposte in base ai venti che tirano; se tramontano o grecale cambieremo dispiegamento.
Ed è così che la verbalità e le iuncturae ideative si adegueranno ai venti di
turno: ai sentimenti del tempo. Ne emerge l’intendimento della poetica della Conte.
Questo il leitmotiv della sua produzione. La poesia per lei è comunicazione, è
registro, è tatuaggio temporis vitae.
Non
esiste frattura fra realtà e comunicabilità. Può cambiare il linguaggio, come
la posizione della barca in funzione del dispiegamento delle vele, ma i criteri
poetici sono gli stessi. Quello che conta è la simbiotica fusione fra la ricerca
del navigante, il suo intento, la sua epigrammatica intenzione, e i mezzi a
disposizione per raggiungere la luce del
faro. E io credo che la poesia sia un po’ come la navigazione di Rimbaud:
passione, inquietudine, saudade, memoriale, musicalità, animo, sentimento, e
combinazione tra modus vivendi e vis explicandi. Sì, la ricerca fa parte di
noi, del nostro stato emotivo, della nostra voglia di capirci. E il linguaggio
non è detto che conservi sempre la stessa andatura: può essere meno musicale,
più narrativo, più o meno segmentato, ma non sarà mai absolutus; dipenderà
sempre dalle emozioni che in quel dato momento occupano il nostro cuore. Questo
è il filo rosso che dà compattezza e organicità alla diacronica produzione della Conte, dacché ella si prefigge di
comunicare i suoi stati d’animo, e dacché non permette mai che le cose si
facciano interpreti autonome della sua storia. Semmai è lei che ne fa materia
oggettivante. E sa che non sarà di sicuro il crudo realismo, la spersonalizzazione,
il ritratto amorfo dei dintorni, a dare sostanza al canto. Tutto si evolve con
gli anni, tutto fa parte di un autobiografismo, di una maturazione di eventi che
hanno inciso e incidono sul modo di vedere e considerare i fatti, mai con distacco.
La poetessa sente il bisogno di dare corpo ai suoi palpiti interiori, che
variano da oggi al domani, da un anno all’altro, perché è la vita che cambia,
la vita fatta di esperienze a volte gioiose a volte meno, a volte addirittura
negative, per le vicissitudini che
alimentano il nostro poema. Le cose non sono mai il soggetto nella sintassi del
vivere. Il soggetto siamo sempre noi che ce ne serviamo e le disponiamo a seconda
dell’uso e del confronto con quelle che
ci conobbero diversi. Ma il poeta cambia? Può cambiare il suo modo di scrivere,
i sentimenti, ma il copyright resta lo stesso. La sua
identità sarà inconfondibile, come lo è nelle due mini sillogi (di cinque
poesie ciascuna) sottoposteci per un confronto. Può cambiare il rapporto nostro
con l’intorno ma non il modo di intendere l’arte. E Edda Conte ci dice che la
poesia non è altro che un diario spirituale su cui imprimiamo i vari momenti.
Nelle cinque nuove poesie, il titolo stesso lo conferma, la poetessa sta
vivendo un momento difficile; le varie esperienze vitali si sono complicate e
tali complicanze hanno partorito stati d’animo in progress; più che a un
lirismo panico, a bucoliche contaminazioni, a navigazioni verso porti di
difficile ancoraggi, la Nostra dirige lo sguardo ad una interiorità altra, che
la porta ad una visione sottrattiva dell’esserci. Ma il modo di intendere la
poesia non cambia: le cose sono lo strumento, la cifra lessicale. E persino il
memoriale serve ad un confronto, al bilancio del quando e del dove: psicologia,
interiorità, autobiografismo. La poesia è sempre il riflesso del nostro
percorso esistenziale e non ne può fare a meno. Per ciò che concerne il tessuto
metrico, lo schema prosodico, nelle seconde il metro si svincola da una melodia contagiante, da brividi
di euritmica sonorità. Qui il verso diviene
compagno del nuovo sentire, oggetto concretizzante, frammentandosi, consono ad
una positura di stampo sperimentale. Ma non ci facciamo ingannare: lì c’è tutta
l’inquietudine di un’artista che la grammatica poetica fa sua con coerente
linguismo.
Oggigiorno
c’è una nuova tendenza poetico-letteraria che cerca di farsi spazio, ma destinata
a sparire presto come i tanti sperimentalismi che hanno giocato un ruolo
marginale nella cultura dell’altro secolo. La cosiddetta NOE: la nuova
ontologia estetica. Perché dico questo: il fatto di escludere dalle
manifestazioni artistiche ciò che è fondamentale per una realizzazione non è di
certo nuovo; la presenza dell’io, della
sua consistenza esistenziale, del suo messaggio umano, del suo contaminante
memoriale, o della musicalità che tutto avvolge e liricizza, credo sia
fondamentale. Non esiste opera d’arte che non lasci il timbro ontologico
dell’autore. Edda Conte non vi appartiene di sicuro, anche se sembra avvicinarcisi in qualche ambito della
nuova produzione.
IL
“NUOVO MONDO” LIRICO DI EDDA CONTE
Edda
Conte è artista che sa rigenerarsi sotto ogni profilo dimensionale. Lo dimostra
in queste sue liriche comparate che trasformano ogni essere nella propria
negazione. Nel contesto lirico contemporaneo, ovvero post-moderno, non esistono
sentimenti o propositi esistenziali assoluti, bensì tutto per il tutto è
semplicemente “relativizzato” e privo di riferimenti solidificati o solidali
con il passato. La poetessa registra e rileva questa “ribellione” storica delle
cose e delle persone annotandola in un “diario” personale che cerca risposte
anche senza esito. Il balcone, il Viale d'Arno, la poltrona, le gemme dei
gigli, l'orologio, il caminetto... sono immagini che trovano la “negazione” di
un vissuto nella persona (più vicina) che partecipa a suo modo alla “rivolta”
per invocare il Buio più asettico. E' la “svolta” lirico-artistica di una
meditazione interiore nella poesia che Nazario Pardini magistralmente
evidenzia.
I
contenuti contestuali si avvicinano poi ad un “frazionismo” metodologico
teorizzato da una ontologìa rovesciata della creatività (non creare per
"essere" ma "essere" per creare). In Edda la teoria
sconfina nella ricomprensione della presenza globale di essenze polifunzionali
e finalizzate al processo sistematico di ogni fase storica del “creato”. Si
tratta di un alto livello lirico, di suggestioni ed intuizioni incredibili, di
un approfondita capacità di modulare il presente sul ricordo, sul dettaglio,
sull'attimo e sulla potente rivincita del Tempo che assorbe e nullifica il
cosmo sino all'estinzione. La filosofia poetica di Edda Conte è dunque
metamorfosi perenne e spietata nella dialettica della Natura (dall'essere al
non essere) che “ordina” ogni vivente, “detta” limbi di spazio-tempo, conduce
sentimenti e pensieri in ogni scenario positivo o negativo. Per Edda comunque la
speranza di Fratello Sole s'illumina in un finale imprevedibile di positività
emergente dove anche la negazione risveglia il cuore.
E' la
via crucis di una presenza superiore tra le preghiere del nuraghe o il muro
sgretolato del nonno, o l'orto verde, o la corte deserta... Un mondo superato
dalla "modernità" senz'anima che circonda la vita lirica senza
sopprimerne il significato.
Marco
dei Ferrari
Nel
vuoto del mondo
apriremo
il vaso di Pandora
scavalcheremo
il Tempo incontro al mythos
per
abbracciare l'Oltre
dove
la purezza è istinto
che
riscatta ogni errore.
Saranno perle
le
parole dalla nostra bocca
e
diadema alle stelle
nell'ultima
danza
prima
che il sole
nel
fuoco della sua dimora
i
nostri sentimenti estingua
nella
catarsi estrema.
°°°°°
VIA CRUCIS
(a Sant'Anna di Stazzema)
Quante
volte ancora
dovrai
morire
Quante
volte
Signore
cadrai
sotto i colpi
della
ferocia
che
guida la mano dell'uomo?
Nella
madre
che
l'urlo muto impietrì
davanti
alla furia omicida
Nel
vecchio
che
annegò nell'impotenza
l'istinto
di difendere i suoi
Nella
giovane
che
barattò con la vita
l'innocenza
perduta
Nel
bambino
che
chiuse negli occhi innocenti
lo
stupore della morte
Nell'uomo
impiccato
al palo della luce
che
pagò a caro prezzo
il
sogno della libertà.
O
Signore
Vittima
Eterna
il Tuo
sudore nell'Orto
bagnerà
all'infinito
l'ara
sacrilega del mondo?
°°°°°
RESTAMI
ACCANTO
Tra i
vortici della mente
si
avvolge la sera
Lusinghiera è la notte
all'abbraccio
del sé
Incombe
un'assenza
nel
silenzio
che la
memoria incupa.
Vivere
è amare
ma nel
percorso
si fa
rovente il passo
che il
piede tarda a ristare.
Restami
accanto
Signore
e non
lasciarmi sul sentiero
sola.
°°°°°
SARDEGNA
Schizza
di verde
il
bruno della pietra
al
piede del Nuraghe
il
ficodindia.
Mormora
una preghiera
in lingua
ignota
la
stele
sulla
Tomba del Gigante.
Respirano
i trafori delle rocce
a
guardia delle vie deserte
sospinge
il vento verso la marina
l'intrusa
vela.
Il
vento di Maestro
si fa
forte
ai
salici giganti
piega
le braccia
molli
scava
la terra
in mezzo
alla brughiera
fruga
i cespugli
del
mirto
fino a
sera.
°°°°°
LA
VITA NEI VESTITI RIVOLTATI
....e
il muro sgretolato
degli
anni si faceva scrigno
per i
dentini strappati
con la
cordicella
dalla
mano del nonno....
e l'orto verde
dove cresceva
l'insalata
generosa
di lumache
si
abbrunava a sera
nel
trionfo della luce
fosforina
delle lucciole....
e la corte deserta sotto il sole del
meriggio
al
fresco della sera estiva
si
animava
tra le
seggiole di paglia un po' sfondate
chiacchiere
di donne giochi di bambini...
e gli uomini intorno ai tavolini
del
caffè
in
attesa dell'ora un po' più tarda...
e la vita di allora...
che
trascorreva nei vestiti di panno
più
volte rivoltati.
Edda Conte
Sono poesie scritte, quasi tutte, una ventina di
anni fa .
Raccolte
con altre (in tutto 160) pubblicate nel 2010 .
Ecco
cinque nuove poesie (dalla silloge in
elaborazione "Negazioni")
Il
Caminetto che arreda è spento
da
tempo ....inutile
sulla mensola l'orologio
regalo senza
tempo....
per te
che il tempo ignori.
Alle spalle del tuo scrittoio c'era uno
scheletro umano
in piedi
di
piccola statura
quasi a mia immagine
uno
scherzo goliardico....per anni..
Io
non rido più.
Oggi
mancano contadini
in terra di Puglia....
qualche
giovane ancora si fa filosofo
o scienziato.
-Chi
ha colpa? ripeti
e
ripeti chi ha colpa...
Colpa?
Merito?
Non
ci sono estasi
davanti
al caminetto buio...
e
Madre Teresa è volata in cielo.
°°°°°
Gorgoglio
iroso ...
Non
ha colpe del tuo rifiuto
il lavello
non
ha meriti la mia pazienza
alla
prima negazione di una giornata inquieta.
Sul comodino il caldo aroma del
caffè...
coccolava il risveglio!
Non un vizio...
un amoroso buongiorno!
Il male oscuro cancella molte cose....
Quante
sono le negazioni
nella
grammatica insegnata a scuola?
Raccogliere
la penna caduta non è servilismo
verso
la prof...
Il
sorriso ottiene più del comando...
Oggi
il mio diario annota un bel ricordo
che
si sposa ad una ennesima negazione..
°°°°°°°
Sul
vivere e il morire
perché
fai domande
quando
opinione è certezza.
Prigione
d'aria è il balcone
al quinto piano
ai
colombi offre cibo in abbondanza....
il
cielo è di tutti
Non vive sui tetti
chi
impreca alla Natura
non
vola
per mangiare...
Vivere
più a lungo..
felici?
oppure no....
Non
ho risposte.
Se porgi domande
parli
solo di richieste.
°°°°°°°°
Il Viale d'Arno ha una bellezza inquieta
un
nostos dimenticato
una
poltrona acciaccata
che
nutre di rabbia i giorni immemori...
Reiterati passi
estatici
silenzi
una
sofferta routine
una negazione!
Le
gemme dei tigli gonfie di piacere
e di attesa
non
hanno memoria di passato...
e
l'acqua corre sotto gli argini
sempre uguale...
ma non è mai la
stessa.
°°°°°°°
Oggetti
senz'anima
non
hanno parola a questo presente
La
rivolta delle cose
abbraccia il silenzio
e lo fa
suo..
Come
lacune esistenziali
il
rifiuto di un bene prezioso
per
chi invoca il Buio del Nulla.
Entra
Fratello Sole
tra
le stecche della persiana!
non
si offende la tenda
che
oscura la stanza...
illumina
lo specchio che tutto sa della vita delle cose...
dagli oggetti senz'anima cancellerai l'ombra!
Per
te, non ci sono negazioni.
Edda
Conte 2018, "NEGAZIONI"
Provo ad inserirmi nel mosaico di idee che offriranno un quadro polifonico e corale dei pareri.
RispondiEliminaLa poesia, per me, è voce che emerge dalla profondità dell’essere e ne svela le luci e le ombre.
E’ voce che universalizza i sentimenti ed il tempo.
E’ voce che consola, sostiene ed affina il sentimento ed il pensiero.
Grazie ancora a Lei per l’attenzione e cordiali saluti
Valeria Massari
LA POESIA
RispondiEliminaCi sono tante forme di poesia e tanti modi di fare poesia.
Un aspetto centrale del mio fare poetico è la ricerca e lo studio della parola. Il poeta, come qualsiasi artista, non crea niente ex nihilo, ma, manipolando a modo suo parole, fatti e dati reali, tenta di produrre qualcosa di originale. La novità sta tutta nel linguaggio, che non deve essere fine a se stesso, ma deve contenere dentro di sé, impastato per bene, un suo preciso contenuto, fatto di sentimenti e di valori universali. Le parole, quindi, sono fondamentali. Quasi sempre io cerco le parole del vocabolario e dell’uso corrente medio-colto e le accosto con la speranza (o l’illusione) di
farle suonare, di farle brillare, aprendo fasci di luce, squarci di immagini, ritmi e melodie che restano nell’orecchio, e sprigionando dal loro interno un sentimento. A volte il tentativo riesce e solo allora compare la poesia. Altre volte la poesia resta addormentata o morta nel bozzolo, ma lo sforzo prodotto dall’autore è sempre lodevole.
Michele Battaglino
“Una mia idea di poesia nasce nella Stanza bassa dove ho vissuto pomeriggi immensi di recite, fra tende fiorite aperte a sipario, realizzate con tante altre bambine sotto la gran regia di mia madre-magistra-fanciulla-corista. Qui ho scopereto l’incanto dell’attesa, mi sono formata al bello e avvicinata al teatro come strumento di comunicazione, ricerca di bellezza e verità, catarsi allo spirito. E sulle orme di mia madre sono diventata anch’io burattinaia di altre compagnie, rigenerate nel tempo, poi regista teatrale solo per mio figlio, i cugini e gli amici, come appare in Magie di attese. Ora muovo ancora fili di altri burattini: le parole, ma lascio al verso esprimere il senso primo di questo mio fare poesia, dilatato poi in orizzonti paesaggi altri, conforto ad un pensiero eternamente nomade. Sempre con grande affetto.
RispondiEliminaVII
Fra le mani fili ora rinati
In parole-burattini
con lacrime e sorrisi umani.
Li muovo in un castello fatato
di memorie-fondale di vita nostra
precisi onesti i ruoli
in scenari mutevoli imprevisti.
Ricupero messaggi-segni
proiezioni per nuove dimensioni
sul muro del futuro, con il timore sempre
di scordare tradire la parte
perdere in seggiovia le scarpe.
Fra le mani questi rinati fili
mio sogno di custodire
in scrigni verbali
per te, per me ed altri devoti
quel sapore-vero tempo delle cose
allentare sulle sue orme
l’uomo nel tecno itinere
che brucia il non vissuto ancora
al vento d’ansia cosmica.
VIII
Mio sogno di fermare
il senso d’ogni attimo
come perla nella sua valva
come perle di una collana
fascino vezzo intorno al collo
attimo attimi così: fascinosa attesa
sia il sabato, poeta, della metropoli.
Con ardore di vivere-dividere
l’incanto del madreperla
in colloquiali stanze
d’un proscenio antico nuovo
ricreato autentico
dall’energia-parola
ché solo di e-mail
lo spirito è stella collassata
luce che muore.
Rinnovo così magia d’attese
terra d’approdo ove sostare insieme
al riparo del ricordo
elevare altari di poesia
sull’orlo del naufragio dei giorni.
Da L’attesa bambina in Magia di attese
Maria Luisa Daniele Toffanin
...!Conforto ad un pensiero eternamente nomade".
EliminaAmmiro e condivido questo pensiero che sintetizza il senso del fare poesia.
Ringrazio M.luisa Daniele Toffanin del suo intervento e mi congratulo per i versi acclusi.
Edda Conte.
Io personalmente sono solo un modesto scrittore, la Poesia è un dono, un dono divino e speciale perché poeti si nasce. La Poesia, nel suo più alto e sostanziale senso del termine, è la capacità di esprimere un contenuto di idee e sentimenti in modo atto a commuovere, suscitare emozioni, a eccitare la fantasia.La sua caratteristica più propria è rappresentata quando contiene tutto ciò che riesce a suscitare emozioni e suggestioni di natura estetica che colpiscono particolarmente l'immaginazione e il sentimento.Di più non saprei dire sulla Poesia anche qualcuno tempo fa mi disse: "guarda che anche la prosa, quando è espressa da un animo nobile ed esprime sentimenti, ricordi, nostalgie e rimpianti può essere considerata poesia" questo mi conforta alquanto perché in qualche mio scritto e qualche volta,qualcuno altro ha scorto un briciolo di poesia, ma forse ha voluto premiarmi eccessivamente!
RispondiEliminaVittorio Sartarelli
Il commento di Sartarelli è arrivato sulla mia mail per essere pubblicato.
EliminaNazario
Ho già espresso “in nuce” nel commento alla lirica delicatissima “La fanciulla” di Francesco Casuscelli quale sia la mia idea di POESIA. La POESIA, come dice lo stesso Casuscelli, è un'amante silenziosa che ci mette a nudo prendendoci l'anima. È difficile resisterle in quanto ci cambia la vita, ci fa vedere in modo diverso le cose, ci fa trasformare le parole da semplici vocaboli in note musicali. Non sempre dà gioia perché non sempre si riesce ad esprimere, secondo i suoi canoni, quello che lei ci ispira, ma quando il testo ci soddisfa è festa grande, è catarsi completa, è un bagno dell'anima nel Lete che ci fa dimenticare le avversità quotidiane. La POESIA è soprattutto per chi la scrive, non per chi la legge. Ossia, spiegandomi meglio, è la confessione del nostro “io” di fronte a noi stessi, non importa se piacerà o non piacerà agli altri, se gli altri traviseranno quello che abbiamo scritto, infine se ci saranno degli altri. È la nostra cura contro “il male oscuro”: si noti come molti poeti hanno avuto vite travagliate. Per questo detesto quelle poesie artificiose con vocaboli strani o peggio obsoleti che non fanno parte del nostro linguaggio quotidiano ma intrigati nel tessuto del verso non per necessità di metrica o di rima ma solo per fare sfoggio di una cultura che non c'è: speme, spiro…
EliminaUn altro punto che sarebbe da toccare è che la poesia non deve essere necessariamente autobiografica – come qualcuno ostinatamente crede – anche se riflette sempre una parte di noi, e non deve “emozionare” dove per molti questo vocabolo significa versare calde e abbondanti lacrime. Anche La vispa Teresa è per me una bellissima poesia ancor più nella versione ritoccata di Trilussa.
Spero che ne venga fuori un dibattito costruttivo a cui io interverrò nuovamente qualora non condivida in toto le idee di qualche altro partecipante.
Carla Baroni
Interessante e coinvolgente la poesia di Edda Conte, schietta e al contempo assai profonda. Il concetto di negazione espresso dall’autrice non riguarda la difficoltà di accettare la realtà nella sua vera essenza, ma il rifiuto di quella costruzione che per pigrizia o convenienza facciamo della stessa trasferendo nell’avere il senso dell’essere. All’affermazione “Oggetti senz’anima non hanno parola a questo presente” segue il dolcissimo invito “ Entra Fratello Sole tra le stecche della persiana! Non si offende la tenda che oscura la stanza”. Ad una “sofferta routine” si contrappongono “Le gemme dei tigli gonfie di piacere e di attesa”. È chiara dunque la percezione di ciò che dovrebbe essere e non è e la negazione altro non è che l’espressione della consapevolezza di quello che non riusciamo a cambiare. Poesia che scuote, che rimane sospesa in interrogativi come “ Felici? Oppure no… Non ho risposte. Se porgi domande parli solo di richieste.”
RispondiEliminaComplimenti vivissimi.
Paolo Buzzacconi
Grazie. Molte. Il commento chiaro ed esaustivo ha centrato il senso , anche quello forse più nascosto, dei miei versi. Indipendentemente dallo stile, in apparenza solamente rivoluzionato, il contenuto è sempre il dettato dell'anima.
EliminaEdda Conte.
"E il naufragar m'è dolce in questo mare" (Giacomo Leopardi, "L'Infinito")
RispondiEliminaIn occasione del 21 marzo, giornata internazionale della Poesia, possiamo aggiungere infinite definizioni all'Idea di Poesia, quest'arte essenziale, universale, umbratile e sublime, che permea di sè tutte le altre arti, che ha tante assonanze e legami quante sono le sfumature dei sentimenti dell'animo umano. La poesia è la libertà. E' tra le forme più alte e più pure del pensiero umano, assurge a celebrazione degli affetti e degli ideali più profondi dell'uomo. Nel nostro tempo la Poesia non finisce di evolversi ed è presente in ogni aspetto mediatico, unitamente alla musica ed alle altre espressioni di creatività. La poesia è ovunque. Basta cercarla. La poesia nei più vari registri linguistici e nelle diverse tradizioni religiose e culturali è profezia e preghiera. La poesia ha la stessa dolorosa consistenza della vita, con le sue gioie e i suoi dolori, il suo mistero. La poesia è un dono, come la vita. E' simbolo ed archetipo. Attraversa lo spazio ed il tempo, può avere il potere di unire i popoli nell'universalità del sentimento. Tutto questo è la Poesia e molto ancora di più. La poesia è ricerca nel labirinto della vita. La vita è mistero e sogno. E così pure la poesia. La poesia è un'esperienza catartica e liberatoria, ci conduce al di fuori del nostro ego e delle nostre paure. La poesia ci libera e ci trasforma, grande è il suo valore spirituale, innegabile. La poesia infatti è la capacità di cambiare, di rinunciare al potere dell'ego e di porsi in ascolto delle voci del mondo, del suono delle onde e del vento. ( Donatella Zanello)
Carissimo Nazario, grazie per la riflessione che ci spingi a fare sulla nostra amata poesia. Sarà ben contenta l’autrice a cui regali il senso della poesia. E’ poesia quella “che ci parla di vita, di amorosi sensi, di conurbazioni esistenziali. Fa tesoro di ogni palpito, di ogni segmento dell’essere e dell’esistere, di quella inquietudine che bussa alla porta per spingerci alla ricerca del Bello, della luce, di quel porto che rappresenta la quietudine del nostro andare..”. Io credo che la poesia non sia sentimento ma una vera e propria esperienza, che deriva dalla conoscenza di mille emozioni, di molti luoghi, di amori, di dolori, di foglie portate dal vento, di voli d’uccello, di..di…di tutto quello, insomma, che si sedimenta e alimenta i nostri giorni e che ci ha restituito vita e bellezza; che scriviamo, magari, in un solo verso, ma che riempie un’intera pagina.
RispondiEliminaLa poesia, ci ricorda E. A. Poe, è “creazione ritmica della bellezza”, dove il 'suono' interno e esterno a noi diventa fondamentale, è 'quello' che fa di uno scritto una poesia o un linguaggio poetico. Credo fermamente che sia importante che i poeti riflettano sul senso, ma anche su alcuni aspetti della poesia (ritmo, parola..magari anche metrica) e non si tratta di semplici ubbie tradizionalistiche ma dell'essere consapevoli che è la stessa lingua che usiamo a spingere musicalmente in certe direzioni e non altre. E, aggiungo, noi usiamo l'italiano, che è una lingua straordinariamente musicale. Siamo fortunati per questo e per quella “ricerca (che) fa parte di noi, del nostro stato emotivo, della nostra voglia di capirci” e di esprimerci con quel dare volto e parola alle presenze, alle assenze, alle circostanze, alle voci che ci attraversano di continuo e con le quali ci sentiamo perennemente in mare, muovendoci con “ la navigazione di Rimbaud: passione, inquietudine, saudade, memoriale, musicalità, animo, sentimento, e combinazione tra modus vivendi e vis explicandi..”:
Un grande dono!!!
Sonia Giovannetti
Ma cos’è mai la poesia?
RispondiEliminaPiù d’una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano
Wisława Szymborska .
Sergej Esenin ci viene in aiuto con questi due versi: Essere poeti significa cantare la libertà e lo spazio/ perché siano per te più noti.
Donatella Bisutti afferma:la poesia salva la vita.
Jorge Luis Borges dice che la poesia “è una passione una gioia”
Per quanto mi riguarda considero la poesia “un bisogno primario simile a mangiare ed a bere.
Ma a me sembra che il tema di questa pagina verta sul confronto dei testi fra le due sillogi della poetessa Edda Conte composte in periodi diversi e di differente struttura. Due forme diverse di fare poesia, anche se lo stile a mio parere rimane indelebile. E’ meglio la prima silloge oppure la seconda? Non credo si possa fare un confronto di qualità. Per quanto mi riguarda le sillogi sono composte ambedue da ottimi testi poetici. Io credo che un poeta debba essere poliedrico versipelle proteiforme e che non si debba incancrenire in una sola forma. A breve pubblicherò la mia nuova silloge “Sguardi at-intorno” essa è composta da una sessantina di testi scritti in periodi diversi. Gli ultimi hanno risentito dell'influsso del mio avvicinamento alla NOE. Ci sono periodi della vita in cui è necessario cambiare.
Per dirla con Fernando Pessoa:
C'è un tempo in cui devi lasciare i vestiti, quelli che hanno già la forma abituale del tuo corpo, e dimenticare il solito cammino, che sempre ci porta negli stessi luoghi. È l'ora del passaggio: e se noi non osiamo farlo, resteremo sempre lontani da noi stessi.
Fernando Pessoa
In merito a questo mi piacerebbe aprire un dibattito.
Serenella Menichetti
La poesia è quella “visione” del mondo che Bruner definiva della mano sinistra: una visione particolare, nel senso che è propria del poeta in quanto tale, che, esulando da ogni aspetto oggettivo della realtà (campo, questo, della scienza) ne dà una interpretazione unicamente soggettiva tramite il potere evocativo della parola: con questa, facendola funzionare a mo’ d’un a-priori kantiano, egli riesce a plasmare e a personalizzare il mondo con i suoi pensieri e le sue emozioni. Una parola che è metafora, ma anche (e perché no?) ritmo, suono, rima, ecc., che s’innestano in un tutt’uno nell’intimo sentire del poeta.
RispondiEliminaLa poesia quindi permette all’uomo di ritrovare l’essenza più genuina e profonda del proprio essere, con l’intero universo delle emozioni che agitano il suo cuore e la sua mente: l’amore, l’amicizia, i ricordi, le ansie, i tremori. Con la poesia si può cogliere la vita nella globalità dei suoi aspetti, tragici come umoristici, si può “conoscere” (nel senso di sentire) il mistero (e la realtà è mistero, come insegna Ungaretti), riflettere sul senso (o non senso) della vita e della morte, esprimere l’aspirazione all’immortalità.
Si può essere poeti del proprio vissuto, ma ci si può proiettare fuori della propria soggettività, nel tempo e nello spazio, ed essere poeti della storia e delle inquietudini che tormentano il mondo. In quest’ultima accezione il poeta, che dice sempre parole di sapienza, è anche fattore della storia: o, meglio, potrebbe esserlo se le sue parole non rimanessero inascoltate e se tutti (non solo gli interessati, ma anche la gente comune) le leggessero e le interiorizzassero.
Il poeta è l’Illuminato, il Vate, è colui che è riuscito ad inerpicarsi su per l’aspro cammino della conoscenza, ne ha salito tutti i gradini, pervenendo alla “visione” completa di quell’incorporeo mondo (si pensi a Platone) in cui sfolgorano sovrane le idee del Bello, del Bene … del Sublime. E come tale ha il potere, catartico, di liberazione e di salvezza.
Vittorio Verducci
Ho già avuto modo di dire che per me la poesia è - sopra ogni cosa – un modo di stare al mondo, un modo di essere, di intuire la vita, una ricorsa continua a ciò che è inconosciuto. Credo nasca dal tentativo di ridurre lo spazio incommensurabile che c’è tra il nostro sentire interiore e la sua misteriosa e incantevole traduzione in parola. Da questa premessa si può intuire che – per me – ciò che conta in poesia è l’autenticità del “canto”, la sua naturalezza. Leggo nella riflessione di Nazario “la ricerca fa parte di noi, del nostro stato emotivo, della nostra voglia di capirci. E il linguaggio non è detto che conservi sempre la stessa andatura: può essere meno musicale, più narrativo, più o meno segmentato, ma non sarà mai absolutus; dipenderà sempre dalle emozioni che in quel dato momento occupano il nostro cuore”. Ebbene, credo che la poesia sia un “fare” libero, quindi in essa in essa è presente ontologicamente il concetto di ricerca, intesa come sguardo ampio anche sulla contemporaneità in cui l’autore vive. A prescindere allora dalla forma, che in fondo è la componente più “laboratoriale” della poesia, la poesia è “essenza”, ha cioè una sua precisa ontologia, un contenuto che altro non è che l’essere che in essa si manifesta. Il poeta allora può cambiare il suo modo di scrivere e magari – personalmente lo riterrei preferibile – senza accorgersene. La poesia non è statica, è soggetta all’innovazione della contemporaneità, purché sia un’evoluzione naturale e non dettata da mode o sperimentalismi o peggio ancora dal rifiuto della nostra tradizione poetica. La poesia di Edda Conte non è poi così diversa nelle due tipologie proposte forse proprio per questa fedeltà al suo sentire.
RispondiEliminaAnnalisa Rodeghiero
Errata Corrige:"rincorsa e non ricorsa"
Elimina"In essa in essa":refuso di ripetizione
Se l’esperienza estetica è una esperienza cognitiva, il linguaggio poetico si pone nel campo di questa esperienza. La poesia è un modo di conoscere, comprendere e rappresentare la realtà con un linguaggio specifico; è creazione della mente e come tale riflette la situazione biologica, neurale e psicologica del soggetto che crea, del creativo della parola. Nella formulazione di questo linguaggio intervengono diversi fattori collegati all’intelligenza e alla sensibilità del creativo: il retroterra del soggetto, la sua formazione, le inferenze culturali, affettive e sociali dell’ambiente inteso nello spazio e nel tempo. Nell’ambito della formazione umana l’educazione alla bellezza riveste un ruolo fondamentale nella costruzione di personalità equilibrate capaci di cogliere le diversità e di apprezzare la comunicazione non come fatto banale e meccanicistico, bensì come senso e significato. L’esperienza estetica, in questo caso la poesia, ha il compito di usare il senso meditato delle parole, di produrre con esse un suono, cantare, usare la voce del linguaggio come strumento musicale. E’ un volare alto sui contenuti della ” visione interiore” . Da sempre la poesia, prima della scrittura e dei libri, è un canto d’amore e di meraviglia per il mistero dell’esistente anche quando tratta temi sociali o epici; nel codice poetico avviene l’unificazione dei miti e dell’immaginazione delle civiltà più diverse in un diverso spazio-tempo; è un codice in cui convivono memorie, sentimenti, emozioni, nella visione di un mistero e di un destino che accomunano l’uomo . Ritengo importante il risvolto psicopedagogico dell’esperienza poetica ed estetica in genere: il pensiero e il linguaggio sviluppano di pari passo le proprie potenzialità cognitive ed espressive; è quindi indispensabile introdurre largamente nell’ educazione e nella formazione, elementi di creatività verbale-non verbale, lo studio e la riflessione sull’arte, la letteratura, la musica insieme ad attività pratiche mirate all’acquisizione del fare e del saper fare. E’ necessario il potenziamento del- l’educazione linguistica per accostarci alle diversità in modo consapevole ed empatico e socializzare le più disparate esperienze culturali; l’educazione a riconoscere e a recepire la bellezza, può aiutare l’umanità ad uscire dalla crisi di identità in cui è precipitata.
RispondiEliminaComplimenti a Marisa Cossu per il suo commento che denota una accurata preparazione filosofica estetica.
EliminaGrazie anche per il dotto contributo a questo dibattito sull'ontologia poetica.
Edda Conte
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RispondiEliminaIo credo che la poesia debba mantenere intatte: la liricità e la musicalità, alle quali aggiungerei di fondamentale importanza la presenza dell'io e l'esperienza esistenziale. Nelle nuove opere, l'autrice Edda Conte ci propone una poesia innovativa che mantiene però i presupposti da me sopra citati, non togliendo niente alla spontaneità, e al coinvolgimento. Le sue varie fammentazioni mi portono a pensare a un susseguirsi di flash di un film in bianco e nero, mentre le parole vanno come il pensiero qua e là alla ricerca di qualcosa che si vorrebbe, ma non c'è. Perchè ogni invito diventa negazione, rifiuto, chiusura... Non c'è filo di luce dentro, non c'è speranza, c'è solo staticità. Eppure l'autrice è consapevole che fuori, le “... gemme dei tigli gonfie di piacere e attesa” , “l'acqua corre sotto gli argini.... ma non è mai la stessa”, tutto cambia, si muove, muta, mentre lei non è in grado di farlo.
RispondiEliminaAllora cosa resta oltre al disagio, alla sofferenza? Il bisogno, che si fa desiderio di qualcosa che, anche se provvisorio, sia attimo di evasione. Ecco allora che un piccolo ricordo si fa epifania come nei versi di“Oggi il mio diario annota un bel ricordo” oppure nell'invito dolce contenuto nei versi di“ Entra Fratello Sole tra le stecche della persiana!.... per te non ci sono negazioni”.
Una poesia che si legge sempre con piacere, che ci porta a riflettere sulla vita e sulle prove che siamo costretti ad affrontare.
Stefania Pellegrini
Il poeta scrive di se stesso e per se stesso: una modalità, questa, che non consente raggiri da parte dell’artista, ma tramite la quale gli permette di arrivare direttamente al cuore dei lettori. Nella poesia, inoltre, si riscontrano alcune caratteristiche della musica, come la capacità di evocare stati d’animo e trasmettere emozioni, ma anche il ritmo che l’artista riesce a infondere alle proprie composizioni mediante l’uso e la dislocazione di parole particolarmente efficaci e significative. Tutte particolarità, queste, che si ritrovano pienamente nelle liriche di Edda Pellegrini Conte. La poetessa vuota per noi il suo vaso di Pandora (per usare una sua efficacissima immagine) regalandoci perle preziose: parole inanellate come diademi, che con la loro cadenza ci infondono consolazione prima che il sole/...i nostri sentimenti estingua/nella catarsi estrema”.
RispondiEliminaL’artista, in apertura della sua piccola antologia, ci ripropone alcune liriche che – come si apprende in una sua nota – non sono recentissime e, affiancandole tra loro, si incammina su un proprio personale percorso, all’interno di una cornice nuova.
I suoi versi si aprono di fronte ai nostri occhi come tante piccole lacerazioni, fatte di nostalgia e dolore: nostalgia per un tempo che fu (...e l'orto verde/dove cresceva l'insalata/generosa di lumache/si abbrunava a sera/nel trionfo della luce/fosforina delle lucciole.…) e dolore per episodi del passato intrisi di brutale violenza, il cui strazio si dilata ancora fino a noi e oltre noi. Ma, anche quando affronta eventi di estrema tragicità, come l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, Edda lo fa con tocco lieve. L’intensità del dramma, più che attraverso le parole, è data dal ritmo spezzato che caratterizza l’intera composizione poetica. Non è un caso che le liriche “Via Crucis” e “Restami accanto” siano riportate una di seguito all’altra. La poetessa sembra temere che la bellezza dell’universo possa disfarsi quando “tra i vortici della mente/si avvolge la sera” . Ma è solo un attimo di cedimento, peraltro circonfuso di una pacata dolcezza, perché per Edda l’universo ha in sé quella bellezza e quella completezza che sono altrettanti segni di una più alta realtà. Quasi una preghiera, dunque, che diventa consolazione alla solitudine. Proprio nei momenti di abbattimento si cerca Dio per trovare speranza e conforto Ma forse la speranza è essa stesso Dio. Ed ecco che la poetessa implora il Signore di restarle accanto: “….non lasciarmi sul sentiero/sola”.
Di tutt’altra cifra ci appaiono le liriche con cui la scrittrice ha voluto chiudere la sua piccola silloge. Si tratta di composizioni ‘contemporanee’, intrise ancora dei temi cari all’autrice, come il trascorrere del tempo, la solitudine dell’uomo, la speranza (quasi certezza) in un oltre consolatorio. Ma il suo verso si fa più scarno e, in un certo senso, più ruvido. E’ cambiata anche la forma grafica: attraverso la dislocazione dei singoli versi, la poetessa sembra richiamare l’attenzione del lettore sui rischi di derive senza ritorno.
“...Vivere più a lungo..
felici?
oppure no....”
In queste nuove composizioni, il concetto di esistenza è mostrato in una duplice accezione: se da un lato esistere è un evento innegabile, dall’altro diventa un concentrato di significati che non consente di staccarsi dalla prospettiva metafisica. Ecco, pertanto, che ritroviamo un altro concetto sempre presente nel discorso poetico della scrittrice: l’oltre, che in queste nuove liriche si arricchisce di significati, ampliando dunque la sue potenzialità.
Maria Fantacci
Al mondo.
RispondiEliminaMondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.
Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»
un po’ più in là, da lato, da lato.
Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa’ buonamente un po’;
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, Münchhausen. (A. Zanzotto, La beltà)
La poesia Al mondo, di Andrea Zanzotto, che propongo come un contributo al dibattito sulla poesia che è andato sviluppandosi recentemente sul blog, mi pare una risposta adeguata al tema poesia che i lettori commentatori hanno sviluppato- poesia come confessione- espressione del sentimento, diario, esperienza vitale, rapporto con la realtà, come ricerca libera e sperimentazione linguistica e come conoscenza….-
La poesia Al mondo fa parte della raccolta La beltà (1968) ed è un’opera della maturità del poeta. Pone il tema della poesia come conoscenza, moltiplicazione dei punti di vista e della prospettiva e l’ironia che l’attraversa e la permea diventa la chiave di lettura, forse di una meta-lettura.
Come sarebbe auspicabile, confortante sembra dirci l’Autore, conoscere la realtà nel suo complesso senza la mediazione proiettiva dell’io del poeta! ( “Mondo, sii, e buono/ esisti buonamente,/ fa’che, cerca, tendi a, dimmi tutto…”), ma è altrettanto certo che ciò è impossibile (“ed ecco che io ribaltavo eludevo/ e ogni inclusione era fattiva/ non meno che ogni esclusione…”) Tale desiderio non può realizzarsi se non illudendoci che “il crudo realismo, la spersonalizzazione….darà sostanza al canto”e farà a meno della mediazione dell’io.
Il mondo così carico di angosce esiste per sé, non abbisogna della mediazione idealizzata del poeta, è certo, ("un po’ più in là, da lato, da lato.// Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere…”… “ che il congegno abbia gioco”allora.). Questo desiderio poetico di raggiungimento non può che essere consapevolmente ironico, come ci dice Z. nell’ultimo isolato verso: “ Su, Münchhausen”( il personaggio settecentesco che si diede la salvezza da sé, si liberò dalla palude tirandosi fuori coi capelli): è proprio della poesia, il linguaggio che crea il mondo verbalizzandolo.
Colpisce la forza sperimentale spericolata della ricerca linguistica ( il linguaggio come sintesi di quotidianità, dialettismi, i neologismi,i termini stranieri…), la sintassi lineare che si alterna al procedimento esortativo caotico e accumulativo, che va interpretata come un’ironica provocazione e scaturisce dal bisogno di reagire- con la poesia!- alla disgregazione della società contemporanea, alienata e annichilita.
Maria Grazia Ferraris
Che cosa dire più di quanto é atato detto in questo bellissimo Simposio organizzato da Nazario nella sua isola-casa della poesia? Se non che poesia é insieme ricerca e comunicazione? Dunque non può rinchiudersi mai nl chiuso di un antro sia pure affascinante come il laboratorio di un mago ma pur rimanendo rifugio deve poter affacciarsi al mondo dei poeti e non solo e condividere le emozioni profonde e i messaggi simbolici che rivela. Sempre nella convinzione che la poesia "arriva come acqua di luce" dalle fonti scintillanti del mistero di cui siamo depositari. Buona Pasqua.
RispondiEliminaA volte, ciclicamente si parla di morte della Poesia, oppure si creano movimenti a carattere sperimentale-linguistico per cercare di attuare un rinnovamento poetico programmato che rompa con la cosiddetta tradizione.
RispondiEliminaMa l’uomo stesso è poesia e la sua autenticità nel presente genera novità di pensiero e d’espressione!
L’allineamento mente-cuore, proprio nel presente storico, sempre rinnoverà la parola poetica.
Come affermava Kandinskij, per la pittura, la forma è il contenuto che si manifesta, così è per la poesia.
Evviva la poesia che rappresenta, come l’arte tutta, la testimonianza più alta della spiritualità umana e il momento di dialogo con il Divino che è nell’uomo.
Silvia Venuti
Condivido la soddisfazione di Nazario Pardini di fronte ai numerosi commenti seguiti alla sua pagina di critica , davvero pregnante,sull'ontologia poetica.
EliminaMolti infatti gli interventi interessanti e nella sostanza concordi con lo scritto dall'eccellente critico e poeta.
In alcuni ho potuto trovare anche risposta alla mia forse oziosa domanda -può cambiare il Poeta nel tempo?-
Pertanto ringrazio quanti hanno partecipato e offerto un valido contributo alla discussione, in questa tavola rotonda on line.
A tutti auguro una santa Pasqua allietata dallo spirito della poesia.
Edda Conte.
Raffaele Giannantonio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la mia personale esperienza, la poesia è totalmente soggettiva e legata alla memoria, che non è peccato anche se non giova. Penso infatti che la poesia sia in gran parte elaborazione dell’io cosciente tanto quanto del subconscio e di quelle esperienze che, pur essendo soggettive - ed appunto per questo -, divengono universali. In particolare la sofferenza legata alla perdita degli affetti e delle persone care, pur essendo strettamente ed intimamente connessa al percorso esistenziale che ogni uomo compie nel transito terreno - l’unico di cui ha certezza evidente -, assume valore di esperienza universale in quanto condivisa dalle singole componenti di quella folla solitaria che costituisce l’umanità. In tal senso la constatazione dell’universalità del dolore, trasfigurato dall’afflato lirico, ne lenisce il senso di infinitezza offrendo all’uomo l’occasione per non sentirsi schiacciato dalla tiche, dal senso del dovere, dalla ciclicità cerimoniale della vita imposta dalle convenzioni e dalle abitudini. L’elaborazione lirica della propria soggettività deriva dall’attraversamento delle stratificazioni del proprio vissuto, dall’infanzia fino alla contemporaneità, ed in tal senso non ritengo possibile fare poesia se non confrontandosi costantemente con la memoria di sé, anche quando questa comincia ad affievolirsi, acquisendo i tratti di una memoria anch’essa universale. In sostanza, la poesia può essere considerata come una esostruttura da noi filata con la composita materia della memoria, del reale e dell’inconscio, che ci consente di trasferirci all’esterno di quella sorta di gabbia di Faraday che i nostri genitori, la famiglia, la scuola e le convenzioni ci hanno pre-fabbricato in attesa del nostro sviluppo nel mondo “oggettivo”.
Raffaele Giannantonio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la mia personale esperienza, la poesia è totalmente soggettiva e legata alla memoria, che non è peccato anche se non giova. Penso infatti che la poesia sia in gran parte elaborazione dell’io cosciente tanto quanto del subconscio e di quelle esperienze che, pur essendo soggettive - ed appunto per questo -, divengono universali. In particolare la sofferenza legata alla perdita degli affetti e delle persone care, pur essendo strettamente ed intimamente connessa al percorso esistenziale che ogni uomo compie nel transito terreno - l’unico di cui ha certezza evidente -, assume valore di esperienza universale in quanto condivisa dalle singole componenti di quella folla solitaria che costituisce l’umanità. In tal senso la constatazione dell’universalità del dolore, trasfigurato dall’afflato lirico, ne lenisce il senso di infinitezza offrendo all’uomo l’occasione per non sentirsi schiacciato dalla tiche, dal senso del dovere, dalla ciclicità cerimoniale della vita imposta dalle convenzioni e dalle abitudini. L’elaborazione lirica della propria soggettività deriva dall’attraversamento delle stratificazioni del proprio vissuto, dall’infanzia fino alla contemporaneità, ed in tal senso non ritengo possibile fare poesia se non confrontandosi costantemente con la memoria di sé, anche quando questa comincia ad affievolirsi, acquisendo i tratti di una memoria anch’essa universale. In sostanza, la poesia può essere considerata come una esostruttura da noi filata con la composita materia della memoria, del reale e dell’inconscio, che ci consente di trasferirci all’esterno di quella sorta di gabbia di Faraday che i nostri genitori, la famiglia, la scuola e le convenzioni ci hanno pre-fabbricato in attesa del nostro sviluppo nel mondo “oggettivo”.
Ringrazio Raffaele Giannantonio per il commento e soprattutto per una chiara esposizione del proprio pensiero riguardo alla poesia.
RispondiEliminaEdda Conte