Claudio Fiorentini, collaboratore di Lèucade |
La
creatività del traduttore
Alberto Blanco: LA RADICE QUADRATA DEL CIELO. Traduzione di Claudio Fiorentini. Edizioni Ensemble. 2017 |
Claudio
Fiorentini, scrittore poliedrico (narratore, poeta , saggista, recensore, animatore
culturale, presentatore di autori in
diffusione radiofonica e in incontri letterari) si accinge a tradurre, con competenza
linguistica, tatto critico, e
sensibilità verbale, La radice quadrata
del cielo, del chimico e filosofo Alberto Blanco, che ha avuto la
possibilità di scoprire fin dal liceo: “Quando ero al liceo, a Città del Messico,
un professore supplente di letteratura mi diede alcune copie della rivista “El
Zaguàn” … tra i curatori della rivista, oltre al professore, c’erano Albero
Blanco, un giovane poeta emergente…. La
radice quadrata del cielo mi è capitato tra le mani in bozza un paio di
anni fa e, quasi per gioco, cominciai a tradurlo….”, (dalla prefazione di C.
Fiorentini). Una poesia nuova, diversa, sperimentale, se si vuole, ma più che
altro personalissima che traduce teorie e lezioni di geometria, subbugli
esistenziali, riflessioni estemporanee aduse
ad un lavoro di ricerca scientifica. Dimostrazione che ogni contenuto (erotico,
politico, agreste, naturistico…), decantato
nel pensiero o nell’animo di un autore, è atto a mutarsi in “poema”: per assurgere
al regno di Calliope è sufficiente che reifichi concetti e sensazioni, magari venati
del senso di precarietà che fa dell’uomo un essere vagante. E se poi la parola
collabora in maniera decisa a concretizzare le tante incertezze dell’essere e
dell’esistere, il giuoco è fatto. Ma attenersi all’originale? rendere alla lettera la traduzione? o inventare,
creare, aggiungere, personalizzare… Non è sicuramente impresa facile. C’è sempre stata una disputa fra critici e sul valore estetico
del prodotto cinematografico e su quello della scrittura: un film tratto da un
romanzo senza l’apporto personale del genio, può essere considerato opera
d’arte? fino a che punto ci si può allontanare dalle vicende della narrazione? un
regista può svincolarsi dal contenuto per dare al tutto una visione
strettamente autonoma? Fino a che punto gli è permesso di farlo? Lo stesso discorso
vale per qualsiasi tipo di traduzione: vale la creatività del traduttore?
dobbiamo scindere il rifacimento dal
pedissequo rispetto? il traduttore può liberarsi dall’originale e tramite una rielaborazione
nutrita dei suoi intenti, dei suoi piani emotivi, farne altra opera? dare un taglio personale
al verso? tradurre a senso, come si dice? (artifex additus artifici); o attenervisi
fedelmente, rispettando le sfumature,
cosa difficile tra l’altro, avendo ogni lingua le sue inconfondibili combinazioni
etimo-lessicali. Tra l’altro in questo volume ci sono tutti quegli ingredienti
che affratellano, in qualche misura, il campo della scienza con quello della
letteratura, o per meglio dire, della ricerca ontologica. Va bene, il compito
della prima è quello di frantumare i dubbi a
vantaggio delle certezze; quello della poesia seguire un processo contrario: “smontare la
certezza per riproporre il dubbio”. Ma non è che il dubbio sia padre
dell’inquietudine? E non è che l’inquietudine sia il carburante necessario per
dare il via al viaggio? al nostos della conoscenza? all’azzardo oltre le
colonne? D’altronde è proprio il dubbio che bussa continuamente alla nostra porta; che ci spinge
a intraprendere il cammino verso l’incognito; a illuminarci del più piccolo raggio
di luce. E’ questo il dramma che contorna il cammino dell’uomo, che lo rende
terreno in tutta la sua problematicità: cercare la sagoma di un’isola con la
spleenetica angoscia di non poterla raggiungere. Misteri che Fiorentini fa suoi
con tutti gli interrogativi che l’uomo-poeta-traduttore si pone. Prendere in
considerazione l’intervento del traduttore è nostro compito, anche se incompetenti
di lingua messicana, e impossibilitati ad effettuare un obiettivo confronto tra
l’originale e il derivato. Comunque questo ci dobbiamo chiedere: la poesia fresca,
breve, concisa, apodittica, paratattica, che Fiorentini ci propone si addice ad
un mentalità scientifica di struttura cartesiana? o ad un traduttore che ci ha messo del suo? Credo che
il risultato sia un mélange di simbiotica forza creatrice; da una parte l’anima
innovatrice e speculativa di Blanco, dall’altra quella di un artista che ha
fatto suo un testo ridandolo alla pagina carico di esperita verbalità e
personale intuizione. A noi non resta che riconoscere a Fiorentini il merito di
avere effettuato una rielaborazione snella e comunicativa; e di averci fatto leggere
i versi di un grande poeta non ancora tradotto nella nostra lingua, guidandoci con tatto alla scoperta dell’ epigrammatico nulla:
“Blanco
chiude dicendo: <<nelle mappe non si è percorso nulla./ Nella poesia non
c’è nulla di scritto>> ed effettivamente, la poesia è come una mappa, una
rappresentazione bidimensionale di ciò che ha più dimensioni, un riassunto di
ciò che è vissuto nel poeta e che ora vive nel lettore, un processo di
compressione espansione dove le parole rappresentano, non dicono e basta, dove
il contenuto si libera nella mente e nel
corpo del lettore andando a sollecitare l’anima. Se non si sollecita l’anima, la poesia, semplicemente,
non è.” (dalla prefazione di C. F.)
Nazario
Pardini
Nessun commento:
Posta un commento