Relazione su “La
consistenza dei cerchi nell’acqua” di Adele Costanzo
Nello scorrere le pagine de “La consistenza dei cerchi nell’acqua”
di Adele Costanzo si rimane subito colpiti dalla sua notevole qualità letteraria
e dall’intensità che anima ogni scenario descritto, dove nulla è inutile, o marginale
o lasciato al caso. In ogni singolo periodo si percepisce la naturale
attitudine dell’autrice a scegliere i termini più consoni al contesto che si
appresta a descrivere, rendendo così viva e coinvolgente la narrazione. Come si può, d’altronde, rendere credibili i
pensieri e le emozioni dei protagonisti se non tratteggiando come in un quadro
i contorni che li circondano? Ecco che già nella prima pagina del romanzo
l’autrice ci fa vivere l’episodio attorno al quale ruoterà poi tutta la storia
- l’enigmatico, ultimo sguardo tra Jan e Valentina - come se ci trovassimo a
fianco della protagonista. Siamo li con
lei, e con lei vediamo la “pozzanghera di
luce che gli bagna la punta delle scarpe, giù per le scale” e le “
tre piccole curve che nascono agli angoli
della bocca, una dentro l’altra, e s’irradiano dal centro”. Così come poco più avanti godiamo assieme a lei dello
spettacolo del disgelo della Varèna – il fiume che attraversa e da il nome alla
città dove si svolge quasi tutto il racconto, Varenavàros – che “ride al sole quasi che l’estate sia alle
porte” e ha “dimenticato il ghiaccio,
i tronchi e tutte le scorie della stagione fredda di cui si è sbarazzato alla
maniera disinvolta dei fiumi”. Mi soffermo per un attimo sull’importanza
dell’elemento acqua che in tutte le sue forme
– pioggia, nebbia, acquitrino, fiume, ghiaccio e umidità – ricorre spesso nel
romanzo. Acqua che scorre, che ristagna, che scende, che accoglie, che lava e
che soprattutto riflette quel senso di “turbamento
subito rimosso, azzerato da una forza
superiore e contraria, come accade all’acqua quando ci butti un sasso” con
cui tutti i personaggi prima o poi si devono misurare. Dunque torniamo alla
storia, o meglio alle tante storie che l’autrice tesse abilmente una ad una per
poi intrecciare in un trama in cui di colpo ogni sfumatura trova la giusta
collocazione. Partiamo dal contesto temporale e geografico in cui è ambientata
il romanzo: siamo in epoca moderna, in un immaginario, ma quanto mai realistico
paese dell’est Europa in cui un colpo di stato ha instaurato uno dei tanti regimi
che promettono dignità e benessere al popolo, ma in realtà reprimono con la
forza qualsiasi processo democratico impedendo l’informazione e i contatti con
l’esterno. Una giovane donna, Valentina,
e il suo compagno, Jan, sono pronti a fuggire, a riconquistare quella libertà
che da dieci anni il nuovo regime gli nega. La sera prima della partenza Jan
esce per andare dal caporalmaggiore delle giubbe nere Marcel – che merita la
loro piena fiducia – a ritirare i lasciapassare che lui è riuscito ad ottenere,
ma inspiegabilmente non fa più ritorno a casa. Da quel momento inizia l’incubo
di Valentina, che non può e non vuole accettare l’idea che l’amore della sua
vita sia scomparso nel nulla e quindi si fa carico del proprio dolore e di
quello del bambino nato dalla loro relazione – a cui da il suo stesso nome - cercando
di mantenere acceso quel sogno che a lungo aveva condiviso con lui. Quand’ecco,
dopo dieci anni di logorante attesa, proprio quando, stremata, sta per accettare
l’inevitabilità del proprio destino una notizia riaccende la sua speranza. Ma
di nuovo il fato, beffardo e crudele, le si dimostra nemico ostacolando il suo
legittimo desiderio di felicità. Attorno a questo straordinario esempio di
forza e coraggio tutto femminile ruotano le figure di suo fratello Ivan –
fragile testimone di un ripugnante tradimento -, del dottor Stöev - un brillante
medico che con coraggio antepone il senso della giustizia ad una comoda
carriera - , della signorina Farkas - ex professoressa di Valentina incapace di
provare sentimenti se non per quei libri che il regime vorrebbe distruggere - e
del colonnello Sànta, stretto nella morsa di un ideale in cui non si riconosce
ma che non ha il coraggio di rinnegare. E poi i numerosi esponenti del nucleo
familiare, che completano il quadro del piccolo mondo di tutti i giorni ed
aggiungono preziosi tasselli al puzzle della storia: Peter, Simone, Antal,
Klara e Sofia. Ultima in ordine di apparizione, ma non per questo meno
importante, è la toccante figura di Maria, protagonista suo malgrado del clamoroso
colpo di scena che inaspettatamente alimenterà speranze e delusioni. Inquietante
e controverso, infine, è il ruolo ricoperto da Marcel che, pur non avendo un
animo malvagio, sconvolto dal proprio fallimento sentimentale si ritrova a
compiere degli atti talmente spregevoli da segnare la sua coscienza per sempre.
Ecco, forse è proprio in questo che l’autrice
vede la trasposizione negli umani della consistenza dei cerchi nell’acqua, nella
possibilità di cogliere, anche se solo per un brevissimo lasso di tempo, quella
parte della nostra esistenza che poteva essere e non è stata, quella zona
d’ombra che si nasconde nelle profondità di ognuno di noi. Ancora una volta,
nel bene e nel male, il quesito che affiora è : “Quanto siamo padroni delle
nostre scelte? E in che misura conosciamo veramente noi stessi?” Forse la
lettura di questo splendido romanzo ci può aiutare a trovare una risposta.
Paolo Buzzacconi
Paolo Buzzacconi
Domenica 4 marzo, presso l'EnotecA Letteraria di via Quattro Fontane, sede del nostro Circolo, si è tenuta la presentazione del testo "La consistenza dei cerchi nell'acqua" della Scrittrice, Editrice e organizzatrice di eventi e presentazioni librarie Adele Costanzo. Nonostante gli eventi climatici avversi e i seggi elettorali, che creavano grande caos, la sala era piena e, grazie alla professionalità, all'originalità e alla capacità relazionale dell'Autrice, al nostro ospite fisso, Segretario e tesoriere Iplac, Tonino Puccica, ai due magnifici relatori, Paolo Buzzacconi e Diego Romeo e alla nostra lettrice, Loredana D'Alfonso, l'evento è stato un vero successo. Ne siamo u7sciti più ricchi. Io non finirò mai di ringraziare tutti gli Amici che si mostrano semkpre disponibili ed entusiasti in nome dell'autentica passione per la cultura. Siamo una squadra, o forse sarebbe più giusto dire una 'famiglia'.
RispondiEliminaMaria Rizzi