sabato 17 novembre 2018

MARCO MAGGI: "IERI HO VISTO UN FIORE APPASSIRE"



Ieri ho visto un fiore appassire
non più acqua né luce
giorno dopo giorno
con il gambo piegato
i petali sgretolati
si è spento così
senza emettere un suono
come i tanti conglomerati
di questa nostra umanità
che nessuno più ascolta
Sì, è andata proprio così,
la tua vita conclusa
senza avere avuto una storia.

Marco Maggi


3 commenti:

  1. Gentile Signor Maggi,
    ho molto apprezzato la correlazione analogica della sua poesia: l’appassire del fiore e quello della nostra umanità o di cospicua parte di essa.
    Quando un poeta accosta la realtà naturale alla nostra condizione di esseri umani è sempre degno di considerazione.
    Vorrei, tuttavia - e proprio in nome dell’interesse che ha suscitato in me il suo scritto -farla partecipe di una mia considerazione: io non credo che la vita del fiore si sia conclusa "senza avere una storia"; non emette un suono - è vero - appassendo, ma il nostro avvizzire, il nostro svigorire è indebito mentre il suo, non soltanto è degno ma pulito, sacrosanto ed esemplare.
    Morire così “senza emettere un suono” e con la certezza di aver vissuto ogni momento della vita come amore vuole: altro non chiedo al mio essere uomo.
    Con stima sincera,

    Sandro Angelucci

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  2. Gentile Signor Angelucci, mi scuso per il ritardo nel risponderle. Ho avuto il piacere e l'onore di conoscerla alcuni anni fa alla presentazione di un suo libro a Roma. La poesia si riferiva sì a quella parte di umanità, la maggioranza, costituita dagli "ultimi". Però la correlazione con il fiore esiste ed è profonda: noterà infatti, nel secondo e terzo verso, che si parla di un fiore appassito giorno dopo giorno per mancanza di luce e di acqua, quindi di cure.
    Da qui, da un fiore appassito per negligenza il discorso è quindi passato a quella parte di umanità di cui nessuno si prende cura, per poi andare al singolo individuo, nel caso specifico una persona da me conosciuta, spentasi proprio come il fiore, per mancanza di attenzione, senza avere avuto la possibilità di lasciare la benché minima traccia del proprio passaggio in questa vita… Ecco, quello che mi premeva, e spero di non avere creato un facile fraintendimento come il suo commento mi fa invece temere, era proprio sottolineare come l’uomo, l’umanità stessa, siano destinati a soccombere, e con essi la loro presenza anche più lieve seppure anche solo nella contemporaneità, senza l’affetto e l’attenzione di cui hanno entrambi, naturalmente, bisogno. La ringrazio per la sua lettura e il suo commento che mi onorano. Cordialmente, Marco G. Maggi

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  3. Gentile Maggi,
    nulla di cui scusarsi per il ritardo nella risposta, ci mancherebbe.
    Sono io, invece, a doverlo fare per aver interpretato la chiusa della poesia in senso generale. Voglio dire: riferendo quel “tu” all’uomo , ed all’uomo moderno in particolare, anziché ad un singolo individuo spentosi - come lei dice - “per mancanza di attenzione, senza avere avuto la possibilità di lasciare la benché minima traccia del proprio passaggio in questa vita”.
    Alla luce di questa sua appropriata precisazione, dunque, debbo dire che sì il fraintendimento c’è stato: sia per quanto suddetto sia per la correlazione con il fiore che, a questo punto, assume un significato strettamente connesso alla mancanza di cure ed attenzioni. Come avrà infatti evinto dalla conclusione del mio commento, io mi riferivo ad un naturale spegnersi dell'esistenza del fiore stesso.
    La ringrazio per il riscontro e mi complimento - se vogliamo, ancor più convinto - per il pregio della sua opera poetica.
    Con viva cordialità,

    Sandro Angelucci

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