Arrassussìa
Di
Ida Verrei
Fabio
Croce editore 2015
Recensione
di Adriana Pedicini
La
vita è sempre un insondabile mistero. Non ci sono previsioni o programmi che
procedano lineari e scontati, anzi, talvolta vengono completamente sconvolti e
i ruoli consueti si ribaltano e la disperazione o la sconfitta sembrano
prendere il sopravvento. E la vita, quella vera, è fatta per chi possiede
grande forza d’animo, seppure messa a dura prova da evenienze negative e dal
dolore, da chi ha capacità e soprattutto volontà di tracciare negli intricati
sentieri dell’esistenza una sua traccia. Non che non manchino le difficoltà, ma
è proprio attraverso esse che si va alla ricerca con la lanterna di Diogene del
vero, dell’identità, della legge fuori dal tempo che rende il tempo
riconoscibile.
E
alla fine il ritrovarsi, tanto inatteso e tanto imprevedibile, speculare al
perdersi, pareggerà i conti, ma basterà tutto questo per dire di essere vissuti
in piena autonomia e libertà? Forse, no, sicuramente no, proprio per il fatto che è la vita stessa a prendere il
sopravvento con le sue impennate, le sue false partenze e infine con la
ricomposizione di tutto. Purché si
sappia riconoscerne la legge suprema che è quella dell’accettazione dei suoi
ritmi, dei suoi spezzettati doni che intervallano sentieri ardui e spinosi.
“La vita non è un intero, è
fatta di porzioni, piccole fette che ogni tanto ci è concesso di assaporare..è
crudele, lo so, ma ci sono altri pezzi di vita che ti attendono”
Nelle
parole del vecchio libraio è condensato il messaggio, secondo me, del romanzo.
Riflessione
donata al protagonista Manù, distintosi fin da piccolo, nell’ombra del collegio
che lo ospitava con bambini poveri e abbandonati oppure orfani, per le sue doti
che lo avevano condotto a districarsi tra il bisogno di un padre inesistente e
le delusioni di una madre troppo debole nel
costruire con lui un vincolo forte d’amore vissuto e alla fine l’aveva vista
allontanarsi per effetto della lusinga di avere un amore esclusivo, quello maritale.
Finalmente il giovane protagonista troverà nel giardiniere Gennarino chi gli
consegnerà con bontà e dedizione l’unico senso che possa dare stabilità alla
struttura interiore di ciascuno, il senso delle radici, soprattutto quando il
passato è senza storia. “
“l’unico maestro e confidente,
quello a cui porre domande e da cui ricevere risposte”.
Non si dovrebbe mai tornare
indietro. Non quando il tuo è stato un passato senza storia. Non c’è più tana,
pietre, soltanto pietre”
Eppure
è un’operazione necessaria questa per avere gli strumenti per crescere e andare
avanti. E l’incontro con Gennarino gli aveva disvelato questa verità che alla
fine si rivelerà una realtà e non una pura invenzione.
E, dopo tante traversie e vicende vissute come
passaggi di vita con vari personaggi, alla fine Manù ritrova insperatamente le
sue radici e la sua stabilità economica. Manca solo una cosa: l’amore e questo
non tarderà a venire, ma per breve
tempo. La vita esige altro sacrifico, impone di pagare altro scotto non
previsto, ma evocato inconsapevolmente, a guardar bene, dal continuo ripetere
“arrassusìa”, una sorta di scongiuro che nella lingua napoletana significa “non
sia mai” che avvenga quello che non si desidera. Tale morfema esprime bene
nella saggezza popolare partenopea il senso della precarietà dell’esistenza che
affonda le sue radici nella formazione filosofica di derivazione ellenica che in quella terra
proliferò.
E
Napoli è presente nel romanzo con la particolarità dei monumenti, strade,
chiese, vicoli, fondachi, con la suggestione del cimitero delle fontanelle, con
la possente musicalità delle voci e dei suoni, con la fragranza dei sapori e
del profumo dei fiori, con la meraviglia del mare azzurro, degli scogli, delle
imbarcazioni dei pescatori, ma anche con tanto buio, tanta fatiscenza, tanta
decadenza, tante dure salite, tanto chiasso e confusione, tutto uno sfondo su
cui si dipanano, oltre a quella del protagonista Manù, anche vite altre e altri
accadimenti, altre atmosfere, tutte
intrecciate insieme, da quelle del collegio, luogo di tristezza ma anche di
grandi amicizie, alle avventure sentimentali, agli incontri affettivamente
significativi, al disagio di non poter essere militante attivo insieme ai suoi
amici nella lotta contro lo status quo per non compromettere il suo fururo, all’affermazione
personale negli studi e nella professione e infine il riconoscimento di grande
scrittore di romanzi.
Manca
dunque solo l’amore, scivolato via in una tragica circostanza, ma ancora una
volta la vita lo sorprende. E non solo lui, al punto che non si sa bene se sia
la vita a manipolare gli esseri umani o essi realizzino se stessi quando
capiscono e accettano le dure leggi dell’esistenza. Certo è che tutti i
personaggi che non si sono persi per un motivo o per l’altro alla fine appaiono
come ricomposti, pacificati nella nuova condizione che il destino o la volontà
ha imposto loro.
Anche
per il nostro protagonista arriva la gioia della famiglia e dell’amore
coniugale, ma solo dopo che tale gioia sarà stata mondata dal dolore capace di
trasformare una perdita in dolce presenza nella dimora del cuore per sempre
Mi ami Manù?
Sì
E mi amerai sempre?
Sempre
Mi amerai nel mio esserci e
nel mio non esserci?
Sì
Nella presenza e nell’assenza?
Sempre!
Un
romanzo composito che anche nella struttura procede a tratti, e non è un
limite, ma un sottolineare che la vita è fatta di tappe, alcune positive, altre
negative che ci vogliono protagonisti sì ma non padroni assoluti, perché….. “
ARRASSUSSIA”…….
Un
monito da non dimenticare.
Adriana Pedicini
Nessun commento:
Posta un commento