Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade, e famiglia |
IL VOLO TRA I RAMI
“Eccolo là!” notò Picchio.
“Sì!… Spirito Santo..” Cardellino era solito esprimersi in modi non
usuali, non fateci eccessivo caso.
“Avete proprio ragione,” si intromise
Passero “è laggiù che dobbiamo andare”.
Allocco disse allora “ Dobbiamo
dirigerci là ?! E perché? Chi ce lo ha ordinato?”.
“Non lo so davvero, ma la pergamena
delle Virtù così recita.” asserì il vecchio Pettirosso.
Questa
strana discussione avveniva, tanto tempo fa, ad Acqui Terme, nei pressi della
fontana delle Ninfe, dove il non troppo numeroso stormo, dodici uccelli, si era
posato per rifiatare ed abbeverarsi. La
fontana suddetta dista circa 250 metri (fidatevi ) dalla cupola della chiesa di
Santo Spirito ( ah…Cardellino! ) e la nostra dozzina di amici vide che tra i
due monumenti vi erano esattamente 18
alberi ( vi prego di credermi nuovamente, li ho contati) allineati a
regola d’arte.
“Beh,” tagliò corto a questo punto Gheppio “
se è quella la nostra meta, cosa aspettiamo?”.
“ D’accordo, partiamo.” Confermò
Pettirosso.
I nostri amici, dopo aver sbattuto
energicamente le ali per asciugarle, spiccarono quel volo che ritenevano si
sarebbe svolto in brevissimo tempo ma che, al contrario, si rivelò ricco di
eventi, infarcito di sorprese ed irto di difficoltà. Il primo incidente accadde
a pochi metri dal decollo, proprio al primo albero, dove Codirosso sbatté
violentemente il piccolo capo contro qualcosa di duro , strabuzzò gli
occhi e stramazzò a terra. Gli undici compagni invertirono istantaneamente la
direzione del volo e, dipingendo nel cielo un cerchio perfetto, atterrarono
circondandolo premurosamente.
“ Atipsac !” urlò Cardellino.
“ Ma che dice?” gli fece eco Allocco.
“ Nessuno lo ha mai capito, proviene da
un bosco lontano” disse Rondine.
“ Bando alle chiacchiere “ ordinò Pettirosso”
Aiutiamo piuttosto Codirosso”.
“ Che ti è successo, Codirosso?” chiese
Ghiandaia.
“ Io… non…. io ….non so .. dove sono?”
rispose Codirosso.
“ Intontito marcio!” diagnosticò Gheppio.
“ Lassù, guardate! Ecco cosa lo ha
fermato.” Osservò Fringuello (
Fringuello era abituato a parlare poco e riflettere molto ).
Gli undici uccelli, con in coda
Codirosso che nel frattempo si era ripreso dalla botta ma manifestava un
assetto di volo assai precario, si avvicinarono con la dovuta cautela
all’oggetto che aveva attratto la loro attenzione e si trovarono di fronte ad
una piccolissima casupola, dipinta di blu, con impresso in alto, ben visibile,
il numero 1. Non avevano ancora fatto in tempo neppure ad aprire il becco ( è
proprio il caso di dirlo ) che videro,
sbigottiti, un Colombo con in testa un basco verde a pois rossi ( sono della
vostra opinione: non il massimo dell’eleganza, neppure per un uccello ) che li
accolse con un “ Alla buon ora! Cominciavo a stufarmi di aspettare e poi fa
freddo a quest’ora ( le 18.55, per i pignoli ) d’inverno. Mettete in ordine
cronologico questi personaggi: Giotto, Mozart, Napoleone, Carlo Magno, Omero,
Giulio Cesare, Newton.” Tutti si
guardarono in faccia, stupiti e straniti, incapaci per la sorpresa di
biascicare una sillaba dopo un’ altra.
Il più veloce a riprendersi fu Passero, il quale tra l’altro aveva spulciato
qualche giorno innanzi una enciclopedia storica, che diede la risposta al quesito ordinando
correttamente i nomi. ( a proposito: voi come li avreste collocati? ).
“ Benissimo!” fu il commento del
colombo “ vi siete meritati il primo foglio.”
E consegnò nelle loro mani ( pardon,
zampe ) un microscopico foglietto rettangolare, ricavato dal taglio di un
antico papiro egiziano, arrotolato e chiuso con un vivacissimo fiocco rosso. I
vari componenti dello stormo si appollaiarono stretti stretti su di un solo
ramo per assistere alla apertura del foglio ( gli uccelli sono animali
curiosissimi ), onore che ovviamente
toccò al vecchio e saggio
Pettirosso.
Sul papiro vi era rappresentata
soltanto una foglia di edera sormontata da uno svolazzo.
I nostri amici si scambiarono qualche
sguardo perplesso, fecero una alzata di spalle ( ali, scusate ancora ) e ,
tutti insieme, spiccarono il volo.
Ancora tutti uniti arrivarono al
secondo albero. Alcuni rami erano
ancora infarinati di neve, altri no; proprio questi, col buio della sera,
rendevano insidiosa l’avanzata, perfino per dei professionisti dell’aria quali
eran loro.
“ Ah! Non poter disporre di un
dispositivo radar come quei mammiferi ( questa parola fu pronunciata in tono
decisamente spregiativo ) di pipistrelli”, scappò detto a Regolo
mentre cambiava repentinamente direzione per evitare una zuccata in un
nodoso ramo scuro come la pece. La zuccata, e che zuccata, non riuscì ad evitarla
invece Picchio, ed il rimbombo particolare dell’urto, un suono di legno vuoto
colpito, segnalò al gruppo che un secondo oggetto strano era collocato tra i
rami, seminascosto.
Era un’altra casetta, contraddistinta
però dal numero tre ( lo stormo appurò poi che non esisteva la numero due ).
Questa volta li attendeva sulla soglia
un piccione conciato con un cappotto blu, verosimilmente per il freddo, ed un
basco a strisce verdi e grigie.
“ Una patologia comune “ pensò Ghiandaia.
Subito chiese loro a bruciapelo, senza
alcun preambolo “ Se volo da Roma fino a Stoccolma passando per Berna, Parigi,
Berlino e Copenaghen, quali nazioni sorvolo?”.
A voi sembrerà un quesito da quattro
soldi, ma provate ad immaginarvi di essere un uccello e dover imparare la
geografia solo mediante viaggi così lunghi ed impegnativi.
Dopo frenetiche consultazioni e qualche
titubanza Rondine, portavoce in questa
occasione dell’insieme dei nostri amici, rispose “ Italia, Svizzera, Francia,
Germania, Danimarca e Svezia ”.
“ Perfetto!” confermò il piccione
imbacuccato e consegnò loro il secondo papiro, raffigurante una castagna.
Una scena analoga si svolse in seguito
sul terzo albero, dove vi erano due casette con difficili domande di
matematica, del tipo “ Quanto fa 11 + 5 ? ” ( dovete sapere che gli uccelli
hanno molte difficoltà a destreggiarsi con numeri eccessivamente grandi,
diciamo maggiori di 12 ) o addirittura, come nella quinta casetta, “ Qual è il
risultato della divisione di 10 per 2 ? ” .
Sulla quarta pianta, che ospitava ben
quattro casette ( vi risparmio i colori dei baschi dei quattro colombi nonché
il commento delle varie zuccate: ho pietà di voi ), albero evidentemente tutto
dedicato alla musica, il nostro gruppo di uccelli dovette indovinare alcune
arie liriche, elencare almeno sei sommi compositori, fischiettare alcuni brani
pop ( Usignolo lo fece in modo sublime) e persino comporre una breve ninna
nanna.
Dopo altre inenarrabili avventure
accadute tra il quinto ed il diciassettesimo albero e che non vi verranno
descritte ( proprio perché inenarrabili, cioè che non si possono raccontare),
la nostra sporca dozzina ( ormai erano tutti inzaccherati e fradici ) approdò
finalmente all’ultimo albero, il diciottesimo.
I nostri eroi si sparpagliarono per
perlustrare velocemente tutte le ramificazioni,
trovando una sola casetta contraddistinta dal numero 21. Regolo entrò con circospezione nella
piccola scatola, dal momento che questa volta nessun loro simile era sulla
porta ad aspettarli con un quesito pronto.
Mentre dall’esterno provenivano distintamente i commenti dei compagni (
ad esempio Regolo sentì Allocco chiedere
“Cosa sono quelle quattro luci accese là a destra, a quest’ora della vigilia di
Natale?” e Ghiandaia replicare “ Oh,
nulla. Non farci caso, è il numero 28, uno studio di avvocati, quelli lavorano
fino a tardi” ), egli guardò attentamente nei vari angoli della costruzione di
legno e finalmente scorse l’agognato foglio, saldamente fissato ad una parete
con quattro spille da balia.
Lo recuperò prontamente, uscì e disse
agli ansiosi astanti “ Eccolo, ce li abbiamo tutti, possiamo infine andare
”.
“ Cosa c’è su quel foglio?” chiese Fringuello.
“Solo un punto esclamativo.” rispose Regolo.
“ Ovitamalcse otnup nu ?” disse
Cardellino.
“ Che ha detto stavolta Cardellino?” intervenne Usignolo .
“Ah, ” fece
Fringuello
“ Ho capito! Cardellino è arabo: parla al contrario!” (
l’avevate già scoperto, vero?)
“Bene, in volo per gli ultimi cento
metri, grazie al cielo” ordinò il vecchio, saggio e stanco Pettirosso.
A questo punto i protagonisti della
nostra storia avevano recuperato diciotto foglietti, contenenti i più svariati
disegni, rappresentanti tutti cose familiari al regno degli uccelli, di cui vi
fornisco l’elenco dettagliato:
3 ESCHE
2 CASTAGNE
3 OCHE
2 API
2 NOCI
1 FOGLIA DI EDERA sormontata da uno
svolazzo
1 MELA
1 PUNTO ESCLAMATIVO
1 RATTO
1 SEME
1 ZAPPA
Lo stormo, stanco, dolorante per le
zuccate prese, sporco, bagnato di neve, provato, infangato…… insomma.. al
limite dello svenimento, ma raggiante, si pose pochi istanti dopo sulla cupola
, argentea per il chiarore lunare, della chiesa di Santo Spirito.
Il lungo viaggio era finito. Dalla sommità della cupola ventiquattro vispi
occhietti osservavano la pace che emanava dai candidi tetti, dalle luminarie
accese nelle vie, dall’infervorato via vai delle persone cariche di
pacchi.
Nessuno avrebbe potuto formulare brutti
pensieri in quella magica sera della vigilia di Natale. L’incanto venne rotto da un rumore
improvviso; con uno scatto si aprì nella cupola una piccola botola, ne uscì un
loro simile che, dopo averli squadrati uno ad uno proruppe:
“Benarrivati, mi chiamo Cristoforo, la nostra
comunità è costituita da un centinaio di elementi. Alcuni di noi , i
piccioncini certosini, ricopiano pazientemente e diligentemente vecchi volumi
di zoologia e botanica, ricchi di illustrazioni, perché non sappiamo usare la
macchina fotocopiatrice delle suore, che comunque non fornirebbe copie a
colori.
Altri, i colombi custodi, vegliano sui
bambini che giocano, svolazzando in ogni angolo del cortile interno, pronti a
richiamare l’attenzione delle mamme o delle educatrici non appena un bambino
sta per farsi male o cacciarsi nei guai.
Altri ancora, i piccioni buffoni,
tollerano di essere spaventati dai ragazzi che li rincorrono, lieti di vedere
radiosi sorrisi sui loro volti ed accontentandosi di venir ripagati dalle
allegre melodie provenienti dalle aule della scuola di musica.
Ancora altri poi, i colombi pii, non
appena si allungano le prime ombre della sera e le porte della chiesa vengono
sigillate, descrivono volando ampie spirali sotto la parte interna e più alta
della cupola, osservandone gli affreschi come per rendere omaggio alla bellezza
della Creazione. Insomma noi, i celebri Colombi Salesiani, mediante
l’organizzazione tipica dei monasteri medioevali diamo un aiuto rilevante al
lavoro delle suore.
So che arrivate da luoghi lontani e
avete sopportato dure fatiche per giungere qui, desiderosi di unirvi a noi per
divenire membri del nostro stormo.
So anche che noi, nelle ultime
centinaia di metri, con il volo notturno tra i rami vi abbiamo richiesto
un’ulteriore prova tutta speciale, improntata sull’aiuto reciproco per
rispondere su contenuti di molteplici discipline. Ma, mi spiace, vi attende
ancora una prova, quella finale. Un’ultima domanda vi aspetta, un’ultima
risposta ci occorre.”
Dopo qualche secondo, che a Codirosso sembrò interminabile, il vecchio,
saggio, stanco e sofferente Pettirosso
chiese “Quale è la domanda? Siamo pronti.”
“ Itnorp omais ” confermò Cardellino.
Riprese allora il Priore dei colombi:
“Voi, nel vostro avventuroso viaggio, avete seguito scrupolosamente le
indicazioni contenute nella Pergamena della Virtù. Bene: cosa è la virtù?”.
Quando Colombo Cristoforo ( gli uccelli
antepongono tassativamente il cognome al nome ) finì questa frase essi videro
alle spalle del loro interlocutore una striscia di carta contenente 21 caselle
vuote.
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Allibiti, si scambiarono occhiate che
lasciavano trasparire una crescente angoscia.
Dopo
pochi minuti di assoluto silenzio, il viso di
Fringuello si illuminò; la sua acuminata intelligenza gli suggerì una
soluzione.
Doveva metterla alla prova.
Recuperò freneticamente tutti i fogli
raccolti dai propri compagni, controllò l’ordine cronologico in cui erano stati
trovati e la numerazione delle varie casette e infine, dopo averli disposti nei
posti vuoti sulla striscia, disse: “ Tranne l’ultimo che era su carta normale,
tutti gli altri erano raffigurati su papiri e quindi vanno interpretati come
geroglifici, anche se un po’ particolari; l’edera accentata è una E’, la mela
una M, l’ape una A e così via. Vanno
disposte nell’ordine nel quale sono state recuperate e occorre lasciare vuoti
gli spazi numero 2, 13 e 15, corrispondenti a case non esistenti. Guardate!”.
Ed ecco cosa videro:
. E’ . . C . O . N . O . S . C . E . N . Z . A
. . E . . A . M . O . R . E . ! .
“E’ proprio così” sentenzio Cristoforo
“ e voi lo sapete bene, perché lo avete sperimentato durante il volo tra i rami, condotto da voi in modo
veramente virtuoso: siamo onorati di accogliervi nel nostro grande stormo”.
Passero si voltò allora verso un
raggiante Pettirosso dicendogli: “ tu lo immaginavi, un epilogo del genere, non
è vero?”.
Il
vecchio, saggio, provato, sofferente e
felice Pettirosso chinò leggermente il capo verso Passero, aprì impercettibilmente il becco e
gli strizzò l’occhio destro.
Pietro Rainero
Una piacevole storia, che oscilla, come genere letterario tra il racconto, la fiaba e la favola, con in più l'arguzia e la benevola ironia del narratore che, spiritosamente interloquisce a volte con il lettore. Con il quale quasi quasi interloquisco anch'io. Così: sapresti ricordare tutti i nomi degli uccelli dello stormo? Vabbè, è un colpo basso, un'autentica crudeltà. Li dico io: Picchio, Pettirosso, Gheppio, Regolo, Passero, Fringuello, Codirosso, Ghiandaia, Rondine, Allocco, Cardellino, Usignolo. Sono a parte, perché non fanno parte dello stormo, Colombo e il piccione.
RispondiEliminaGrazie, Rainero. Ho trascorso una decina di divertenti minuti.
Pasquale Balestriere