Maurizio Donte collaboratore di Lèucade |
Un assaggio del nuovo poema in
fase di scrittura
di Maurizio Donte
(BEOWULF, MAURIZIO DONTE)
III-Grendel
Fredde le sale del re,
eppure i fuochi ancora alti, ruggivano
possenti nella notte.
Festa grande veniva
sotto le alte capriate
di vecchia quercia e la birra ed il vino
del sud lontano scorrevano a fiumi
nel banchetto e le carni di fumanti
montoni e lepri ed altri ottimi cibi
portavan loro le donne più belle
del regno e della musica di danze
e di canti e di risa
tristi e acute ad un tempo,
si allargavano, come
cerchi di echi nel buio
i funesti presagi della morte
che viene dalla lontana palude.
Là dove v'era solo quiete e pace,
in mezzo ad acque stagnanti, si mosse
un'onda lieve come fosse vento
che muovesse le canne.
Ma no, non era il vento
ad increspare la nera superficie,
ma il tormento, il rumore
che la festa causava!
Egli mai venne invitato a una festa,
perché nessuno sapeva di lui:
e del suo esser sensibile al rumore,
dell'indole selvaggia,
che covava rancore.
Solo la misteriosa
madre ne era al corrente
e all'ignaro re del seme perduto
mai disse nulla: né del loro amplesso
rubato in un momento
lontano di fascinazione oscura.
Brillarono attraverso quella notte
gli occhi fosforescenti
ed un urlo inumano
per quell'orrendo suono
che l'uomo provocava,
corse sulla brughiera
dove alberi contorti,
dell'immensa palude di alte canne,
riprendevano il luogo.
eppure i fuochi ancora alti, ruggivano
possenti nella notte.
Festa grande veniva
sotto le alte capriate
di vecchia quercia e la birra ed il vino
del sud lontano scorrevano a fiumi
nel banchetto e le carni di fumanti
montoni e lepri ed altri ottimi cibi
portavan loro le donne più belle
del regno e della musica di danze
e di canti e di risa
tristi e acute ad un tempo,
si allargavano, come
cerchi di echi nel buio
i funesti presagi della morte
che viene dalla lontana palude.
Là dove v'era solo quiete e pace,
in mezzo ad acque stagnanti, si mosse
un'onda lieve come fosse vento
che muovesse le canne.
Ma no, non era il vento
ad increspare la nera superficie,
ma il tormento, il rumore
che la festa causava!
Egli mai venne invitato a una festa,
perché nessuno sapeva di lui:
e del suo esser sensibile al rumore,
dell'indole selvaggia,
che covava rancore.
Solo la misteriosa
madre ne era al corrente
e all'ignaro re del seme perduto
mai disse nulla: né del loro amplesso
rubato in un momento
lontano di fascinazione oscura.
Brillarono attraverso quella notte
gli occhi fosforescenti
ed un urlo inumano
per quell'orrendo suono
che l'uomo provocava,
corse sulla brughiera
dove alberi contorti,
dell'immensa palude di alte canne,
riprendevano il luogo.
E taceva la reggia
e con sommo timore
e con occhi sgranati
l'intera corte, smarrita chiedeva
ai sapienti: cos'era mai quel suono?
Da quale gola fu emesso quell'urlo?
Tacquero i cani che fino ad allora
latravano alla luna.
e con sommo timore
e con occhi sgranati
l'intera corte, smarrita chiedeva
ai sapienti: cos'era mai quel suono?
Da quale gola fu emesso quell'urlo?
Tacquero i cani che fino ad allora
latravano alla luna.
Mentre l'astro notturno
specchiava l'occhio suo
silente e bianco nell'argentea onda,
se ne andava muovendo leggera
verso la riva quell'increspatura
da cui sorgeva di nuovo la morte:
col sangue corrodeva
dell'acqua il liscio specchio.
Sorgeva l'ombra e veniva, facendo
tremare il suolo e nell'oscurità
svaniva l'astro di sotto le nubi:
e tacevano gli uccelli notturni,
mentre la nebbia inquieta
tornava vaporosa
ad esalare i suoi presagi oscuri,
di antichi detti ormai dimenticati,
rimasti solo in racconti narrati
per spaventar bambini.
Giungeva l'ombra e di guerrieri morti
parlava al cuore e d'antica paura.
Ecco! Posava il piede sulla riva
quell'essere turbato:
la notte raggelava,
fermando i cuori. Gelida sventura
per Rotghar ed il regno:
saliva dalla tenebra più oscura,
un demone squamato,
la palude avvolgendo nel terrore.
Nelle sale timidamente il suono
delle danze s'andava riprendendo
e i canti, fiochi, sussurrati e freddi,
andavan nella notte.
specchiava l'occhio suo
silente e bianco nell'argentea onda,
se ne andava muovendo leggera
verso la riva quell'increspatura
da cui sorgeva di nuovo la morte:
col sangue corrodeva
dell'acqua il liscio specchio.
Sorgeva l'ombra e veniva, facendo
tremare il suolo e nell'oscurità
svaniva l'astro di sotto le nubi:
e tacevano gli uccelli notturni,
mentre la nebbia inquieta
tornava vaporosa
ad esalare i suoi presagi oscuri,
di antichi detti ormai dimenticati,
rimasti solo in racconti narrati
per spaventar bambini.
Giungeva l'ombra e di guerrieri morti
parlava al cuore e d'antica paura.
Ecco! Posava il piede sulla riva
quell'essere turbato:
la notte raggelava,
fermando i cuori. Gelida sventura
per Rotghar ed il regno:
saliva dalla tenebra più oscura,
un demone squamato,
la palude avvolgendo nel terrore.
Nelle sale timidamente il suono
delle danze s'andava riprendendo
e i canti, fiochi, sussurrati e freddi,
andavan nella notte.
“Madre! Perché m'offende ancor
l'udito
questo rumore grande,
che pur m'attira e pulsa nella mente
che null'altro se non la pace brama.
L'oblio che a me verrà
soltanto se cadrà nuovo, il silenzio
che so d'amare tanto:
mio unico compagno
nella vita da tutti
maledetta, ma prima avrò vendetta!
E morte porterà
al regno la selvaggia mia natura!”
questo rumore grande,
che pur m'attira e pulsa nella mente
che null'altro se non la pace brama.
L'oblio che a me verrà
soltanto se cadrà nuovo, il silenzio
che so d'amare tanto:
mio unico compagno
nella vita da tutti
maledetta, ma prima avrò vendetta!
E morte porterà
al regno la selvaggia mia natura!”
Tacquero i canti, dunque
all'improvviso:
e disparve la luna
coperta da una nube
oscura e guairono
i botoli latranti,
udendo il ringhio sordo
che fuori dalle porte
rinforzate e pesanti
s'alzava dalla notte.
Squassò il portone allor l'immane colpo:
le assi e il ferro spezzò;
cedettero all'istante
le borchie e i chiodi e gli scudi e le spade
e le lance di quei guerrieri forti
s'infransero suonando sulle mura.
e disparve la luna
coperta da una nube
oscura e guairono
i botoli latranti,
udendo il ringhio sordo
che fuori dalle porte
rinforzate e pesanti
s'alzava dalla notte.
Squassò il portone allor l'immane colpo:
le assi e il ferro spezzò;
cedettero all'istante
le borchie e i chiodi e gli scudi e le spade
e le lance di quei guerrieri forti
s'infransero suonando sulle mura.
Grendel la porta oscura:
divelta l'ha dai cardini ed a tutti
fa paura, così grondante e viscido
di melma e d'acqua nera,
impavido si erge ed uccide e squarta:
gli uomini divora....
nulla lo può fermare.
divelta l'ha dai cardini ed a tutti
fa paura, così grondante e viscido
di melma e d'acqua nera,
impavido si erge ed uccide e squarta:
gli uomini divora....
nulla lo può fermare.
Finché l'anziano Rotghar,
finalmente
vinto il timore e presa la sua spada
dal trono scende, ed un poco esitando
l'alza e gli s'avvicina.
E lo vede, Grendel
e arretra e fugge, dopo un lieve gesto
se ne corre lontano,
alla palude sua ritorna lesto,
mentre risorge il sole.
vinto il timore e presa la sua spada
dal trono scende, ed un poco esitando
l'alza e gli s'avvicina.
E lo vede, Grendel
e arretra e fugge, dopo un lieve gesto
se ne corre lontano,
alla palude sua ritorna lesto,
mentre risorge il sole.
grazie di cuore, professore, a lei, e a tutti i suoi cari, come a tutti i frequentatori di questo scoglio, che tanto ci è caro, giungano i miei più fervidi auguri di buon Natale,e felice anno nuovo.
RispondiEliminaGrazie carissimo Maurizio. Affettuosi auguri anche te e famiglia.
EliminaNazario