venerdì 13 maggio 2016

MASSIMILIANO ZAINO: "POESIA"

Poesia di vita e di memorie, dove la parola scivola generosa per agguantare un’anima tutta protesa a zupparsi di cielo, di fiumi, di fiori, a zupparsi di una storia vissuta e trascorsa in un batter d’occhio. Il poeta, cosciente della sua precarietà, cerca nei ricordi il meglio dell’esistere per dare un motivo alla vicenda umana. E lo fa con un linguaggio misto di arcaismi e di idiomi popolari che tanto sa di spontaneità e di empatia verso il Creato, verso un mondo di arcaici valori, spersisi in una modernità disumanamente liquida.  

POESIA VERISTA DI IDILLIO ROMANTICO E SACRO - RICORDO DI UN ROSARIO DI CAMPAGNA IN UNA DOMENICA DI MAGGIO

Ricordo: il cielo era un po' oscuro e opàco,
e per la via che porta a Vespolate -
colà passando per le mie campagne -
con il cuore io ghermivo le ombre dei
pètali delle viole,
e in canto per i campi i beccaccini,
e i corvi che gracchiàvano sui fanghi,
là, tra un ruscello e un altro, e alle alte ripe,
mentre d'intorno i pellegrini andàvano
alla Madonna pia della Crocetta,
che è una vecchia chiesetta di campagna
che dòmina i sepolcri e le cappelle
del cimitero.
E così camminando per i boschi,
e contemplando la sveglia Natura
di un meriggio di un maggio un po' assopito, e
sotto le nubi lievemente cupe
di fresco pianto, e... e seguendo l'assente
ritmo del cinguettìo dei cardellini, e...
e in contrattempo etereo,
si rigirava il Rosario del Borgo,
con le perle dei gelsi nei vivi occhi; e...
e ognuno aveva sguardi assai diversi:
io lambendo le pìccole violette
andavo, lì, io singhiozzando a Maria,
e i vecchi a ricordàr la gioventù
trascorsa, quando
monelli lì s'andava e scalzi e lìberi,
al cascinìn dell'Agogna ridente
've accarezzate dal plàcido giorno
un dì facèvano il bagno le fiole, e...
e le donne a rimpiàngere i lor lutti
e a pregare la Vèrgine co' il Requiem;
donde io quasi fui preso
da nostalgìa per un Tempo vissuto
da altri. E qui si cantava alla Madonna,
benedicendo i nidi delle allòdole,
e i forti rami degli àïròn grigi,
e i fossi delle rane.
Ricordo: la mäèstra con il suo
passo veloce, ella che rimembrava
parlando le sue colline e i suoi monti,
e il pàrroco che sante proclamava
le litanìe,
e il mäèstro del coro; e al cimitero
la scritta Dormèntibus in Christo. E ora
l'archimandrìta ad attenderci, e dietro,
i fanciulletti in giuoco,
e nella chiesa l'effigie più santa. E...
e in un màr di ricordi e di preghiere,
con l'orizzonte pièn di Temporale,
e tra i fiòr della Natura selvaggia,
e lì tra il Pater, l'Ave e il Gloria, e il canto,
la campagna s'aprì all'Ignoto ameno, e
nel cuòr soffiava Iddio.


Massimiliano Zaino Di Lavezzaro

2 commenti:

  1. Egregio Professore Pardini, La ringrazio di cuore per queste parole e per l'onore di avermi inserito in questo blog rinomato. Spero possa essere l'inizio di una "collaborazione" che francamente non può che farmi crescere. Del resto sento il bisogno di una critica costruttiva. Un sentito ringraziamento anche a Donte che Le ha fatto conoscere una delle mie tante - e discusse - Poesie.

    Cordiali Saluti

    Massimiliano Zaino

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  2. VESPOLATE, in provincia di Novara; l'AGOGNA e la MADONNA della CROCETTA, ...chi meglio di F. LOI potrebbe commentare? – PUÈTA (da Aria de la memoria, Einaudi, 2005)

    Puèta, disen d'òmm inamurâ,
    puèta, disen, a chi piang la sera,
    e la matina s'alsa desperâ.
    Ma anca al legriusà se dis puèta,
    a chi sa ben parlà, bev e magnà,
    e a quel che canta i donn, e amô puèta
    disen la giuentü che sa encantâss.
    Ma quèj che fan murì cun la puesia
    ligada sü, ciavada, e fan negà
    nel liber de la vita... Avemaria!
    în no puèta, în no òmm de lüstrà.
    Je ciàmen massa e ciau, cusì sia.

    Poeta, dicono d'uomo innamorato,/ poeta, dicono, a chi piange la sera/ e la mattina s'alza disperato.
    Ma anche al rallegrarsi si dice poeta,/ a chi sa ben parlare, bere e mangiare,/ e a quello che canta le donne, e ancora poeta/ dicono la gioventù che sa meravigliarsi./ Ma quelli che fanno morire con la poesia/ legata dentro, chiusa a chiave, e fanno annegare/ nel gran libro della vita... Avemaria!/ Non sono poeti, non sono uomini da onorare./ Li chiamano massa e ciao, e così sia.

    Franco Loi (Genova, 1930) delinea l’essenza del poeta, nella sua capacità di meravigliarsi, di provare emozioni e di saperle condividere: in fondo è per questa sensibilità che i poeti si elevano sulla massa.

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