venerdì 15 febbraio 2019

CLAUDIO FIORENTINI: "QUE NADIE SEPA MI SUFRIR"


Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

"Que nadie sepa mi sufrir" è un tango del 1936 con parole di Enrique Dizeo e musica di Angel Cabral. Il testo originale è una tipica canzone di sofferenza e gelosia. La musica, però, è rimasta nella storia anche grazie alla versione di Edith Piaf del 1957, dove il testo è stato interamente riscritto da Michel Rivgauche, diventando non solo un inno all’amore, ma anche una poesia di grande valore.
Propongo qui le due versioni, la prima splendidamente interpretata da Maria Dolores Pradera, e la seconda nell’indimenticabile versione di Edith Piaf:

Que nadie sepa mi sufrir

Non ti stupire se ti dico ciò che sei stata
un’ingrata col mio povero cuore
perché il fuoco dei tuoi occhi neri
illumina la strada di un altro amore
E pensare che ti adoravo teneramente
e che al tuo fianco mi sono sentito come non mai
e per i cari rari della vita
mi sono visto privato del bacio della tua bocca
Amore dei miei amori amore mio
che mi hai fatto che non posso sopportarmi
senza poterti contemplare
e dato che hai pagato male il mio affetto così sincero
ciò che otterrai è che non ti nomini mai più
Amore dei miei amori se hai smesso di amarmi
senza curarti che la gente se ne rendesse conto
cosa guadagno dicendo che una donna ha cambiato la mia sorte
si burleranno di me, che nessuno sappia quanto soffro
Enrique Dizeo

La Folla
Rivedo la città in festa, in delirio,
che soffoca sotto il sole e la gioia
e sopra la musica sento alzarsi urla, risate
che scoppiano e rimbalzano intorno a me
E, persa tra la gente che mi spintona,
stordita, disorientata, resto ferma
quando all'improvviso mi volto, lui arretra
e la folla arriva a gettarmi tra le sue braccia.
trasportati dalla folla che ci traina,
ci trascina,
schiacciati l'uno contro l'altra
siamo un sol corpo
e il flusso, senza sforzo,
ci spinge, l'uno e l'altra,
e ci lascia entrambi
raggianti, inebriati e felici.
Trascinati dalla folla che si slancia
e che danza una folle farandola,
le nostre mani restano unite,
e, sollevandosi di quando in quando,
i nostri due corpi intrecciati si alzano in volo
E ricadono entrambi
raggianti, inebriati e felici.
e la gioia che sprizza dal suo sorriso
penetra dentro di me e si fa strada nel profondo
Ma all'improvviso, tra le risate si alza il mio grido
quando la folla arriva a strapparmelo dalle braccia
trasportati dalla folla che ci traina,
ci trascina, ci allontana l'uno dall'altra,
lotto e mi dibatto
ma il suono della sua voce
è soffocato dalle risa degli altri
e io grido di dolore, d'ira e di rabbia
e piango
Trascinata dalla folla che si slancia
e che danza una folle farandola,
vengo portata lontano
e stringo i pugni, maledicendo la folla che mi sottrae
l'uomo che mi aveva donato
e che non ho più ritrovato.
Michel Rivgauche


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