sabato 2 febbraio 2019

NAZARIO P. LEGGE: "LA CITTA' E L'ANIMA" DI ANNA SANTARELLI


Anna Santarelli: La città e l’anima. Carta&Penna Editore. Torino. 2018



Silloge complessa e articolata dove il verso con le sue varianti metriche cerca di farsi carico di un pathos penetrante e polisemico. La città e l’anima, il titolo della plaquette, che, attraverso uno spartito di euritmica andatura, spiattella su un vassoio d’argento i palpiti emotivi scatenati da una realtà che la poetessa vive in prima persona e fa sua per tradurla in oggettivazione. Sembra proprio che l’animo della Santarelli venga sbrigliato e che questo, libero e girovago, scorazzi per le vie; capti visioni e orizzonti per macerarli dentro caricandoli di sfumature estemporanee, e di impressioni soggettive; questi patemi una volta rincasati restano  a maturare per tramutarsi in versi di plurale connotazione; in effetti è proprio il dipanarsi di iuncturae  significanti a dare energia e sonorità ad un mondo di personale fattura; tanti profili che non mollano e restano aggrappati alla sacca del memoriale in attesa di tornare alla luce; al sole verniciati di un sentire morbido e ricco di saudade: ecco Lisbona, che fa di una  realtà l’immagine della poesia:

Poi Alfama, i suoi vicoli le scale
il limite dello spazio che si chiude
la malinconia struggente annidata
nell’ombra e nelle note del fado

Ecco Il sapore della piazza:

Al tavolo di un bar del centro
davanti a un drink ghiacciato
una turista giapponese assapora
la piazza, ogni tanto immancabile
l’occhiata complice allo smartphone

Ed ecco La mia città

Si distende sulla riva del fiume
la mia città, ha strade strette
e case abbracciate nei vicoli

Conserva segreti d’ombra
imbevuti di silenzio, talora
carpiti sulla linea dei passi

dove i sinestetici profili e i docili stilemi si danno alla creatività della Santarelli per aiutarla nella sua operazione di lettura; di invenzione rielaborativa dove il tutto assume sembianze di segreti d’ombra imbevuti di silenzio.
Le immagini corrono snelle e feconde, attive e produttive in questa metamorfica trasfusione. L’animo opera, interviene, prende e lascia in favore di un poematico allungo costruttivo.
Tre le sezioni in cui si divide la silloge: Profili, Paesaggi d’anima, Periferie. Un climax ascendente, in cui le parti sono tenute ben legate tra loro da un  energico e sottile fil rouge. Al di sotto di esse sembra di percepire un sottofondo musicale, un tema unitario come può avvenire in un  grande melodramma tipo Tosca o Bohéme di memoria pucciniana. In effetti il passato il presente e il futuro si embricano in un compatto gioco di richiami a dar voce al canto. Ed ecco ad affacciarsi ai paesaggi dell’anima Il mare dentro con tutta la sua acquorea portata odeporica; la fuga, gli orizzonti, la lontananza, l’ambire ad alcove di edenico ristoro, il mare dentro a contenere il mondo / ogni ipotesi ogni passo del viaggio:

A tutti noi appartiene l’acqua
vibriamo nello sciabordio dell’onda
nel moto ineludibile della risacca

E’sempre una rinascita il mattino
il mare dentro a contenere il mondo
ogni ipotesi ogni passo del viaggio

Ed il ritorno; il riappropriarsi delle proprie radici, dacché è proprio dopo il viaggio che ne scopriamo il valore e la verità; nell’abbraccio Alla mia terra:

Cerco un segno all’ombra dei pioppi
lungo la via che conduce agli orti
una voce inseguo sul marciapiede
baciato dalle fronde di un salice

I pioppi, gli orti, il marciapiede, la via, il salice, tutte realtà che hanno messo le barbe e non mollano; sono loro che tornano a richiamarci ad una storia, ad un vissuto; e mandano in avanguardia il respiro di un salice, o il profumo di una casa, per ammaliarci e renderci nostalgici; d’altronde la Poesia si ciba di memoriale, di onirici messaggi,  di potenti stati d’animo; e se il tutto viene trasmesso attraverso incastri di armoniche sonorità il gioco è fatto. Ed è proprio nello stile di questa plaquette la ricerca di un verbo che si faccia pedina importante nella euritmica risonanza prosodica. Sì, la musicalità; quella che si ottiene variando le intensità sonore, ora più brevi, ora più ampie: tanti accessori a disposizione di cascate endecasillabe che risuonano maestose. Qui la purezza del canto, di quello della Santarelli, che di sicuro non ha niente a che vedere con la riforma di prosastica positura, tesa ad annullare la presenza dell’io poetante con tutto il suo bagaglio empirico; qui  è il contrario, la poetessa è presente con tutto il suo patema esistenziale; è fattiva, attiva; c’è con l’amore, la memoria, le radici, e con una realtà che incide sul l’epigrammatico gioco delle simbologie; con uno sguardo attento e partecipe alle sorti del mondo, della città, di un’anima o delle tante periferie che sembrano sfuggire alla vista degli umani:

Ai margini

Lungo strade di frontiera
attraverso le insidie del deserto
in mare aperto e burrascoso
stipati a bordo di un gommone:
si ripete il viaggio dei migranti
storie ai margini del mondo
estremità dolenti di esistenza

Radici estirpate da paesi spogli
e martoriati, legami presto recisi
poco da portare, un farmaco
una foto e i documenti personali
Fiamme di speranza in cuore
a fendere il buio della notte
e accendere il sogno d’altri cieli

E c’è, lì a meditare, con tutti i suoi stati d’animo:

Sono condizioni dello spirito
sottili ansie e lievi mancanze
raramente vere insufficienze
vivono soprattutto di silenzi
fragilità permeate d’ombra
noi fermi sul bordo della via

Nazario Pardini


DAL TESTO

La città e l’anima

“Conosco una città
 che ogni giorno s’empie di sole
 e tutto è rapito in quel momento”
(Giuseppe Ungaretti)


Profili

Elogio di un balcone

E’angusto lo spazio di un balcone
di luce e d’ombra, di sguardi fugaci
vive, di voli brevi di passeri si nutre
del rosso dei gerani s’infiamma

Un balcone conosce molte verità
sfiora il calore di una casa e distingue
geometrie d’anima, collega la gioia
di un approdo al dolore di una parete

Tutte le sfumature del giorno coglie
e l’insondabilità della notte, il balcone
è una parola e l’azione che accompagna:
essere e apparire, protendersi e ritrarsi,
bastare a se stessi e guardare lontano

Opposti

Delicato come un bianco oleandro
che timido s’affaccia sulla strada
solido come il tronco slanciato
di un pino che apre il verde ombrello

Affollato come una via a mezzogiorno
nel groviglio di una realtà metropolitana
deserto come un parco nel sonno serale

Pieno al pari di una vita di ipotesi e idee
vuoto quale il tempio che porta a eliminare
ogni orpello e diviene guscio di silenzi


Ricordando Lisbona

Mi avvinsero il tuo sguardo di luce
il corpo adagiato sulla riva del Tago
le strade inerpicate sulle colline
l’energia e l’aria frizzante del Chiado

Vivono in me i colori degli azulejos
rivestimento di pareti d’anima
e suggestioni manueline intrecciate
al sogno del viaggio e d’altre terre

Poi Alfama, i suoi vicoli le scale
il limite dello spazio che si chiude
la malinconia struggente annidata
nell’ombra e nelle note del fado





Nessun commento:

Posta un commento