venerdì 18 dicembre 2020

FRANCO CAMPEFGIANI LEGGE: "FANTASIA DELLA RAGIONE" DI EDDA CONTE

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade


Fantasia della Ragione, di Edda Conte

Un libro per Natale

Una fantasia che galoppa a briglia sciolta, quella di Edda Conte. E per contro un realismo pieno di buon senso, di garbo e di sottile ironia/autoironia. Una miscela sorprendente di sogno e concretezza, testa tra le nuvole e piedi radicati al suolo. Scrive Nazario Pardini in prefazione: "Tutto ciò che la Nostra scrive è frutto delle sue esperienze esistenziali, delle sue vicende storiche; vita arte, arte vita. Un dualismo che si integra, che si amalgama (dando per risultato opere di grande valenza)". Letteratura e vita: binomio inseparabile, a dispetto di tanti che vorrebbero disgiungerle tra di loro. "Realtà e fantasia: una coppia disassortita che però parla un'unica lingua", scrive l'autrice.

Leggendo questi tredici racconti e tredici monologhi editi da Guido Miano, mi è venuto più volte di pensare alla saggezza popolare, oggi purtroppo in declino, dove l'onirico ed il pratico convivono in una stupefacente, spiazzante e contraddittoria armonia. Una visione del mondo prelogica (che non significa priva di logica) fondata sull'armonia dei contrari, anziché sull'armonia dei simili e sul principio (logico?) di non contraddizione. Per associazione di idee, pur rischiando di uscire dal seminato, mi viene alla mente questo passo straordinario del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, riferito alla cultura contadina:

"Tutto, per i  contadini, ha un doppio senso... ogni persona, ogni albero, ogni animale, ogni oggetto, ogni parola partecipa di questa ambiguità. La ragione soltanto ha un senso univoco, e, come lei, la religione e la storia. Ma il senso dell'esistenza, come quello dell'arte e del linguaggio e dell'amore, è molteplice, all'infinito. Nel mondo dei contadini non c'è posto per la ragione, per la religione e per la storia". Ciò, per estensione, può essere detto anche per l'universo  mentale dei fanciulli, degli aedi, degli sciamani e di tutti coloro che non hanno un pensiero schematico, arido, univoco appunto, bensì ricco di feconde e creative contraddizioni.

Nel mondo odierno, sedicente disincantato, si tende a denigrare quella weltanschauung fatta di ingenui incanti, ma si prendono lucciole per lanterne. Come può essere ingenuo un mondo fondato sulla cruda lotta per la sopravvivenza? Quegli uomini e quelle donne nutrivano incanti capaci di portare sulle proprie spalle il disincanto, il dolore. Ed era questo il loro equilibrio, questa la loro visione del mondo, dove la realtà era impensabile al di fuori delle leggende e dei miti. Favole costruite non per evadere dal quotidiano, ma per poter affrontare con coraggio e sorriso, con scaltrezza e senso pratico le difficoltà altrimenti insuperabili della vita.

La prima parte del libro si compone di tredici storie, molte delle quali ispirate al Natale. Racconti fiabeschi radicati nell'inscindibile unione di mistero e realtà, di ragione e fantasia, in una scrittura agile, fresca, elastica e piena di brio, per dire, in sintesi, che sono gli uomini ad appartenere alla vita, e non il contrario. Ciò che queste favole, come tutte le favole, possono insegnare è di riporre sempre e comunque fiducia nella vita. Fiducia beninteso combattiva, fiducia che stimola e non affossa la capacità di credere e lottare. E non c'è nulla di più realistico di un sogno che aiuti ad affrontare le difficoltà della vita. Ecco cosa significa credere alla Befana.

Non significa coltivare miraggi, ma al contrario significa prendere in mano la propria esistenza. Significa guadagnarsi i favori della Befana. Significa "aiutati che Dio t'aiuta". Significa non invocare, non demandare ad altri, non appoggiarti a nessuno, neppure al divino, perché il divino è già in te e non te ne devi dimenticare. Il passo sopra citato di Carlo Levi, a proposito del mondo contadino, si conclude così: "(là) non c'è posto per la religione, appunto perché tutto partecipa della divinità, perché tutto è realmente e non simbolicamente, divino". Potremmo svolgere un trattato su queste tematiche, ma usciremmo dal seminato e faremmo certamente un torto a Edda Conte.

Interessante comunque al riguardo la storia di UNO, da lei narrata. Alla ricerca spasmodica della verità, costui finisce per isolarsi dal mondo, ma rinsavisce quando alcuni circensi (e chi più di loro è preso dall'Apparire?), gli dicono che loro non pensano alla verità, non pensano a Dio, ma ogni sera Gli parlano e a Lui affidano le proprie giornate. Non è la fede del Fariseo che con un semplice segno di croce si mette l'anima in pace. "Alla messa Uno non va più. Là c'è il prete che parla con Dio e lo fa per tutti. Anche questo fa parte di tutte quelle cose che lo hanno stancato". Quello di cui ha bisogno è di una fede tutta sua in grado di reinserirlo nel mondo.

E se la fine fosse l'inizio?: ecco un altro racconto emblematico, dove l'autrice affronta, con la consueta leggerezza, un tema filosofico fondamentale. Se la fine fosse l'inizio, il tempo sarebbe ciclico anziché lineare e tutto sarebbe destinato a rinnovarsi, anziché destinato all'estinzione. E' un problema di fede, la cui soluzione è sempre una per tutti: "la fine è la fine. Il principio è solo l'inizio della fine, non il contrario". Se così fosse, tuttavia, il tempo avrebbe un valore assoluto, anziché relativo, come si addice al regno della mutevolezza, della contingenza e del caduco. Il relativo, checché se ne dica, è esattamente il luogo in cui la fine e l'inizio si danno la mano.

Il protagonista è in mare, su una barca, e all'improvviso ode in lontananza un festoso scampanio che lo riporta "ai luoghi dell'infanzia, al raduno, alla preghiera". "E' la Natività!, - commenta l'autrice - un inizio che sempre si rinnova. Un inizio senza fine!". Tanti di questi racconti sono ispirati al Natale. Nio, ad esempio, immerso in una vita di solitudine e di indifferenza, ritrova all'improvviso una sua antica letterina rivolta a Babbo Natale, ed è uno stupore che lo rinnova di fede e di entusiasmo nella vita. E' un'altalena: non puoi rinascere se prima non assapori l'amarezza della decadenza e della fine.

Il sonno del senno è sulla stessa lunghezza d'onda. Quando Senno si addormenta, Follia, sua sorellastra, impazza nel mondo. Era stata lei a fargli bere una pozione magica, ma il dio Buono, padre di entrambi, condanna lui  (lei è irrecuperabile) ad assumere sembianze umane, mandandolo in giro per il mondo a portare una saggezza che nessuno vuole ascoltare e per fargli sperimentare l'inferno umano. Disperato, Senno finisce ubriaco sulla spiaggia, dove giunge sua cugina Fantasia a rincuorarlo e a salvarlo con parole leggere, celestiali. Così lo ritroviamo dietro l'altare, nell'epilogo, in una rinnovata forma angelica, la notte di Natale.

La seconda parte del testo è composta, come abbiamo detto, da tredici monologhi svolti sulle medesime tesi, con riflessioni intime anziché con storie paradigmatiche come nella prima sezione. Troviamo il Tempo, con la sua corsa vorticosa verso il Nulla, parola inesistente in natura ("come vorrei essere il tiglio che si spoglia e si riveste, restando sempre uguale alla sua bellezza!"). E poi l'Amore, destinato a morire nell'abitudine, mentre in giardino spopola l'inseparabile coppia di Agapornis, che riesce a non cadere mai nell'assuefazione. E la Cultura, che presta il fianco all'arida erudizione, ma così non è se "i pensieri fanno pensare e la parola balza prepotente, assale, sorprende, sollecita la mente".

Tanti sono i temi trattati. Come la Solitudine, dove il monologo può diventare occasione di dialogo con se stessi e occasione di autentica compagnia. Ma di enorme interesse è a mio parere la riflessione su Dio: Poiché Tu sei in me, a che servono le parole? Tra Te e me non servono parole. Come vedi, di rado vengo nella Tua Casa, dove tanto si parla, si parla... TU SEI! perché IO SONO!". Tutte le erudite disquisizioni sull'Essere cadono di fronte a questa semplice intuizione: NOI SIAMO! Il divino è in noi, con noi, e noi dovremmo adoperarci per metterlo in pratica, anziché perderci in astruse elucubrazioni mentali.

Sta qui la vera innocenza, in questa capacità di porre in relazione la nostra esistenza con l'essenza che è in noi, ma supera di gran lunga la sfera razionale. Una relazione che è ricerca e macerazione interiore. Occorre però una mente che, pur crescendo, riesca a mantenersi bambina. Si fa un gran dire - a sproposito - della presunta ingenuità assertiva del fanciullo che darebbe tutto per scontato. In realtà il bimbo è l'unico ad interrogarsi sempre, in quel suo noto "giuoco del perché" che è dubbio e fede fusi in un solo respiro. Come dire che ci vuole una grande fede per poter dubitare e ci vuole un forte dubbio per poter crescere nella fede. 


Franco Campegiani

 

 

 

 

 

 

 

7 commenti:

  1. Franco caro, senza alcuna piaggeria, mi complimento con te per questo straordinario tributo al testo della nostra Edda, che ha già riscosso numerosi omaggi. "Fantasia e ragione" ti ha reso l'uomo ardente, passionario, che tante volte mi ha stordita e incantata. La tua lettura, pur non essendo esente da speculazioni filosofiche, viaggia anche su altri registri, dal riferimento al mondo contadino con la citazione di Carlo Levi, che implementi con la tua analisi: "Come può essere ingenuo un mondo fondato sulla cruda lotta per la sopravvivenza? Quegli uomini e quelle donne nutrivano incanti capaci di portare sulle proprie spalle il disincanto, il dolore. Ed era questo il loro equilibrio", all'esegesi dei vari racconti con considerazioni di rara profondità. Ti ho sentito vicino a un rabdomante, capace di trovare ogni sorgente tra i racconti dell'Autrice. La sorgente della fede, della fanciullezza, del senso del Tempo... Vibrante ogni passo, un omaggio che avrà commosso Edda e ogni altro lettore. Ti ringrazio ancora per queste gigantesche lezioni di critica. Ne ho un gran bisogno, soprattutto in questo periodo di tempo sospeso, nel quale mi manca l'onore di ascoltarti di persona. L'abbraccio mi manca allo stesso modo... virtualmente stringo te, Edda e Nazario con tutta l'ammirazione e l'affetto possibili.

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    1. Carissima Maria, la fanciullezza ed il mondo contadino evocano in me un'innocenza che si trova agli antipodi dell'ingenuità con cui si vogliono romanticamente tratteggiare. Un'innocenza che è una condizione di perenne crisi. Ed è questo l'Eden: una condizione di equilibrio e di perenne crisi. Un'alta tensione morale che difficilmente la ragione accetta, preferendo le più facili vie della scissione e della dannazione culturale. I racconti e i monologhi di Edda, colti nel dedalo di fantasia e ragione, mi hanno fatto pensare a tutto ciò e tu l'hai con magistrale intuizione. Grazie, anche per le commoventi parole.
      Franco

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  2. Sono confusa, emozionata, miei cari amici!
    Da Franco Campegiani- per quanto di lui conosco- ,non potevo aspettarmi di meno, anzi, la sua lettura dei miei racconti appartiene ad una sfera superiore ai miei intenti.
    Vero è che per me la scrittura è vita, come la mia vita si fa scrittura, ma quando scrivo, insieme con me e la mia esperienza esistenziale, c'è anche una scintilla che io chiamo "divertimento," oppure, secondo il momento, puro relax.
    Scrivere racconti è per me fonte di distrazione, direi anche bisogno di dis-trarmi fuori da altri pensieri.
    .Il racconto ,che mi è congeniale per la sua stessa natura, per un'architettura misurata e una conclusione aperta, lontana da un happy end scontato, e tantomeno da catastrofico finale, mi sollecita l'inventiva, mi intriga non poco. Con altri generi di scrittura ho tutto un altro rapporto, che richiede maggiore impegno e serietà.
    Ecco: perciò la recensione di Franco mi ha conquistato. Io trovo nei suoi scritti, anche in quelli più impegnativi, una chiarezza che non puoi definire semplicità, è un qualcosa di tutto suo particolare che ti abbraccia , ti fa sentire a tuo agio, come un indumento che ti piace indossare....
    E dunque, quanto mi è piaciuta questa sua lettura, e quanto il punto focale della esegesi, soprattutto riguardo ai Monologhi, che più di altro hanno di me.!
    Grazie eccellente filosofo !
    E grazie anche alla mia cara amica Rizzi, penna fluente , qui ancora più di sempre. Lei è un'ombra che mi sta vicina nel mio andare nel mondo della Fantasia-Ragione e che, pertanto, scopre facilmente cosa c'è nel rigo oltre la parola.
    Grazie a entrambi per avere riconosciuto in me l'atmosfera della fanciullezza e di quel misterioso rivivere il Tempo al di fuori del Tempo.
    Soprattutto ringrazio Franco per avere "sentito" così bene il mio incontro con il pensiero del divino.
    Con tutta la mia simpatia
    e gli auguri per le prossime feste
    Edda Conte

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    1. Gentilissima Edda, più volte, su Leucade, ho visto brillare la tua stella e qualche volta mi sono avvicinato un po'per lasciarmi cullare dalla magica leggerezza della tua scrittura, sia in prosa che in poesia, ma ora che ho avuto modo di approfondire la tua conoscenza, non esito a dichiararmi fortunato per avere scoperto un'anima che si nutre dei miei stessi pensieri. Detto fra noi, dubito che tu scriva i tuoi racconti per desiderio puramente evasivo. Per divertimento si, ne sono certo, ma anche qui parliamo del giuoco del bambino che si diverte prendendo il gioco molto sul serio Ti sono grato a mia volta per la sintonia che mi esprimi e per farmi sentire spiritualmente a casa.
      Franco

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  3. Caro Franco,

    ho letto diverse note critiche sul libro "Fantasia della ragione" di Edda Conte e mi volevo complimentare sinceramente con te, che ho avuto il piacere di ascoltare "in presenza" tante e tante volte.
    In questa pagina ritrovo estro e carica vitali, oltre ai riferimenti all'"armonia dei contrari" che ti sono cari e che sono frutto della tua esperienza di filosofo.
    Qui leggo un messaggio di fiducia per la vita che non è una illusione fanciullesca, ma lavoro duro, accettazione del dolore per poter prendere in mano la propria vita, cercando di evolvere e di diventare migliore.

    Congratulazioni naturalmente anche all' Autrice che ti ha ispirato, un caro abbraccio a entrambi che estendo a Nazario con amicizia sincera.

    Loredana D'Alfonso

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    1. Quale piacevole sorpresa, Loredana! Da questa mia postazione sull'Isola, sto osservando il fuoco d'artificio dei tuoi interventi sempre più brillanti e sapidi, e mi complimento vivamente con te. Ti sono grato per la vicinanza che mi esprimi, ma soprattutto per quel riferimento alla fiducia nella vita, che non sia aprioristica, bensì frutto di un duro lavoro interiore. Un forte abbraccio
      Franco

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  4. Ti ringrazio di cuore Franco per le tue belle parole e ricambio l'abbraccio con sincerità sperando di poterci rivedere presto.

    Loredana

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