giovedì 11 febbraio 2021

ANNALISA RODEGHIERO LEGGE: "SOLTANTO PAROLE" DI SERGIO BONATO

Sergio Bonato vive a Roana (Vicenza). Si è laureato all’Università di Genova con una tesi di storia contemporanea. Ha insegnato ed è stato preside della Scuola Superiore di Asiago. Ha partecipato all’attività amministrativa: è stato sindaco del Comune di Roana, presidente della Comunità Montana dei Sette Comuni. Con un gruppo di appassionati della tradizione storica e linguistica dell’altopiano, nel 1973 ha fondato l’Istituto di Cultura Cimbra di cui è animatore e presidente. Ha scritto saggi di storia, di lingua, di critica letteraria e d’arte. Ha organizzato e diretto 72 Quaderni di Cultura Cimbra. Tra le raccolte di poesie Parole dai monti, Robaan, Roana – Parole e immagini di una Storia – e Lungo i fiumi dell’Alabama.

Sergio Bonato Soltanto parole, Tipografia Moderna di Asiago, 2014

Nota di lettura di Annalisa Rodeghiero

L’epigrafe di Umberto Saba da “Quasi una moralità” che introduce la raccolta di Sergio Bonato Soltanto parole, già indirizza il lettore verso il nucleo germinativo della sua poetica: la grazia che ancora esiste nell’uomo, deve essere trasmessa alle generazioni future, al mondo che “ha bisogno di amicizia”. Nasce così questo volume di poesie con traduzione in lingua cimbra curata da Remigius Geiser e pregevole anche nella veste grafica, arricchita da una decina di fotografie di nuvole in bianco e nero -  nelle svariate sfumature - come possono essere quelle dell’anima.

È un viaggio interiore che sgorga dal silenzio e dallo sguardo attento alla Terra e all’uomo che la abita e si traduce in versi lievi, intelligibili, evocativi e meditativi che indagano ogni aspetto dell’esistere. La levità nulla toglie alla profondità delle riflessioni che emergono dai versi, frutto della continua ricerca di una dimensione interiore per farsi poi interpreti dell’umanità.

L’anima del poeta si consegna alla natura in un’immersione totale uscendone arricchita di bellezza, d’aromi di terra, di cromatismi cui attingere per il suo versificare. La terra nominata è quella dell’Altopiano dei Sette Comuni (Siben Alte Komoine), terra senza templi e senza castelli/ terra di stoan platten. / Siepi di pietra (…) segni di comune povertà (…) spine di pietra dove i boschi sono immensa verde corolla/ in cui si nutre e si consuma/ il nostro breve giorno e le masere, le laite e gli ebene restano sui prati a testimoniare lunghi secoli di immane fatica, / perché la vita generasse altra vita. Osservando il poeta ricorda e il ricordo della memoria storica ridà vita e cuore a eventi del passato, allo sforzo quotidiano dei padri nei campi, alle loro mani operose. Alle fughe improvvise e senza meta di donne, vecchi, bambini nel profugato di guerra del 1916, ai loro ritorni in paesi devastati (e in quel deserto di morte/ con coraggio d’amore, / piantare ancora la vita), alle successive emigrazioni in cerca di lavoro in terre lontane, spesso oltreoceano. La poesia di Bonato chiede che tutto questo patrimonio di tante generazioni non venga dimenticato (nei solchi delle trincee/ depongo questa sera i pensieri/ come semi di pace), che non si perdano le buone tradizioni (una su tutte La Grande Rogazione) e siano bagnate di memoria le nostre radici per rafforzare il coraggio/ per un più sicuro domani. Chiedono tutto questo i versi, nella consapevolezza che l’uomo si stia progressivamente allontanando dalle sue stesse radici e metaforicamente da se stesso:

Abbiamo lasciato sparire tanti sentieri, / abbiamo lasciato prosciugare tante sorgenti, / abbiamo lasciato incolti prati e boschi: / siamo perduti sempre più nel deserto, / in un esodo senza terre promesse. / Ma la nostra terra promessa è qui, (…) qui, per stillare latte e miele da questi duri sassi.

La valenza di questa efficace chiusa ossimorica nasce dalla preoccupazione che l’uomo nella sua superficialità si stia progressivamente narcotizzando ed è invito a prenderne consapevolezza cercando nuove risorse, nuova salvifica linfa che possa nutrire la speranza perché senza di essa non si può avere una proiezione nel futuro. E dove trovarla se non nella terra sassosa, se non in se stesso, se non nella preghiera?

Il poeta sa che per salvarsi deve coltivare la bellezza e l’altopiano gliela offre a piene mani. Uno sguardo privilegiato è per la sua Roana (Robaan), ombra perduta, quasi senza nome (…) dolce riviera del sole con i petali bianchi di case/ sparsi su verdi pendii con le sue contrade del Tréttele e dell’Eckke,/ del Téllele e del Lerch,/ del Prenno e del Perch e la più amata: Contrada Snaidar/ periferia del mondo/ cuore del mio mondo (…) con l’erba che torna verde,/ più verde,/ dopo le rigide arsure dell’inverno.

 Il colore dopo l’inverno, le luci e le ombre, il vivere e il morire, il restare e l’andare sono opposti che mai si osteggiano, anzi collaborano alla ricerca dell’equilibrio necessario alla circolarità che da sempre regola l’universo e l’uomo che nella continua tensione tra contrari esplica la sua esistenza:

E in questo deserto di morte/ con coraggio d’amore, / piantare ancora la vita. (Maggio 1916)

Eppure da questa dura terra/ germineranno nuove primavere/ di erbe, di fiori, di canti e di voli (Inverno)

Farsi e disfarsi della vita, / come onda continua/ che si frange e rifrange/ sulla rupe corrosa (Frastagliata scogliera)

Credere che qualcosa comincia, / quando tutto sembra finito. /Allora, può darsi, / è Natale (Può darsi, è Natale)

E come scriveva Ungaretti è proprio “il nascere” ad essere “sempre pieno di promesse” e le “Tre poesie a Nicoletta” (piccola colomba di speranza) racchiudono tutta la dolcezza e lo stupore per il miracolo della vita, racchiudono i sogni che vanno oltre le paure, solitudini e naufragi oltre l’autunno così dolce e così straziato. A lei, come ad ogni uomo che sa ancora sperare, appartiene il volo sull’altalena della vita:

“Dai, spingi più forte” (…)

 

A te sorride tutto il mondo

e tu sorridi a tutto il mondo.

 

“Dai, più forte” dici ancora.

E non sai dove ti porta

questo tuo desiderio di volare

in alto, più in alto, oltre le nuvole,

lontano, più lontano, oltre l’orizzonte…

 

Ecco il miracolo delle parole bellissime e pulite, a cui la poesia di Bonato - plasmandole in versi - restituisce senso pieno. Punti fermi attorno ai quali elaborare il pensiero. Soltanto parole, titolo scelto dal poeta da una riflessione del conterraneo Mario Rigoni Stern sulla necessità di abbassare, con le parole, il “troppo rumore” del mondo d’oggi, mantiene dunque la promessa di una poesia salvifica e onesta, di sabiana memoria, poesia che nasce da una chiarezza interiore, da sincerità morale, quella che porta l’uomo a recuperare la propria identità. C’è necessità di questa poesia di verità, c’è necessità di poeti che illuminino percorsi.

E allora la speranza è che Sergio continui con lo stesso registro di scrittura e l’invito che possiamo fargli potrebbe essere lo stesso che egli, in altro tempo, fece a Mario nella poesia a lui dedicata:

Caro Mario, continua a raccontare.

Tutto passa, ma tu lo fai durare.

                                                                                         Annalisa Rodeghiero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 commento:

  1. Grazie caro Nazario per aver accolto sullo scoglio di Leucade la luce di pagine d'altre alture, nei versi di Sergio Bonato.

    Annalisa Rodeghiero

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