giovedì 4 febbraio 2021

MARIA LUISA DANIELE TOFFANIN: "FRAGMENTA"

Caro Nazario, volevo condividere con te e con gli amici del blog, questo ricordo di mio padre, uno dei 600 mila IMI, come tu ben sai, che hanno vissuto l'esperienza dei campi di concentramento. Ti invio il tutto così com era inserita nella rivista "Per l'Italia" dell'Associazione Nazionale Combattenti Reduci, ora inesistente. 

Spero che tu possa pubblicarla tutta, non so per i disegni come potrai fare.  


 

 

Giovanni Lugaresi

Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Federazione di Padova

Per l'Italia, anno 23, nr. 4/2007

 

Vola alto, Maria Luisa Daniele Toffanin, in questa silloge poetica dall'emblematico titolo Fragmenta (Marsilio - Elleffe, pp. 124, € 11,50). I suoi sono, infatti, frammenti di vita dello spirito che si nutrono di memoria e di sentimento, di realtà e di sogno, con una ricerca, quasi spasmodica diremmo, del bello e del buono ad un tempo. È una raccolta di liriche con al centro la figura femminile immersa nella natura, che è bosco, mare, ma anche cielo, azzurro, sole, riflessi, e in questo ambito, in questo rincorrersi di colori e di effluvii, immagini splendenti e suggestive, come il cuore che è "...anche luce di viole fiorite | sulla linea ultima del giorno che a noi così non muore. | Miracolo, poeta, l'infinita nostra attesa".

Il libro della Toffanin, che si avvale di notazioni critiche (ovviamente, altamente, positive) del cattedratico dell'Università di Padova Mario Richter, e del poeta Andrea Zanzotto, rappresenta una ricerca lirica e stilistica durata un decennio, e gli esiti sono — come si diceva all'inizio — di alto livello.

Non sono estranei, peraltro, in queste poesie, le esperienze vissute nel secolo passato, secolo di pena, di dolore, di sofferenze, da tanta parte dell'umanità. Ecco, allora, una particolare attenzione dell'autrice a una vicenda familiare: catturato dai tedeschi all'indomani dell'8 settembre 1943, il padre di Maria Luisa fu uno dei seicentomila e passa internati militari italiani (IMI) nei lager nazisti: come Guareschi, Novello, Piasenti, Coppola, Tedeschi, Paci, Rebora (Roberto: poeta e critico), Lazzati, Ascari, e via elencando.


"La grande attesa" reca come una sorta di sottotitolo: "Campo di Benjaminow (ndr, cittadina polacca) n. 5437" e sottolinea i silenzi, il `"pudore-dignità-sudario" caratterizzanti l'atteggiamento paterno, appunto: di un genitore che scelse e patì, conservando a duro prezzo la sua dignità; poi, tornato in Patria, ecco un grande pudore nel rievocare quella traumatica esperienza.

 

Maria Luisa Daniele Toffanin
in: Fragmenta (2006)

La grande attesa

Campo di Benjaminow n. 5437

Padre, dal campo di Benjaminow
di te ormai solo echi-pallide sillabe
raccolte come reliquie
dalla casa-cuna franta per sempre.
Vi ausculta il mio tempo assorto
in filiale devozione,
il battito del tuo non detto
per quel pudore-dignità-sudario
sull'altare del dolore,
per la difesa della madre
vestale della stanza, sola.
Quanta vita, padre, si trascina
s'innalza velata celata tra le righe
e tu, da numero segnato, ti riformi intero
persona anche allora in note pregne d'umano
cerchi d'interiore trasparenza
sempre più compiuti e chiari.

Straziante elegia la lontananza
nel cubo della notte invasa
da alienanti odori rumori
e confortante angelica presenza
l'immagine baluginante ad ogni ora
di sguardi sorrisi incisi nella cavità del cuore
richiamo che chiama richiama la vita
la casa-gomitolo di speranza infinita.

Logorante la trama del vissuto
incubo di giorni umiliati arresi
nel vuoto smarrimento del proprio ego
alle fauci della fame del gelo
al raschio degli insetti
all'alito di morte sui reticoli
ma lietante il fruscio del pacco
dalle tue mani fraterne aperto
col pane benedetto dalla terra
dei tuoi padri
condiviso come una comunione.
Lietante il fruscio dell'ago-filo
tra le tue dita solerti all'amico
su mostrine ufficiali divise
cucito ricucito rispetto di sé
che salva gli IMI orlati di naufragio.

E consolante come una preghiera,
divino nutrimento all'anima
tra voi, nella camerata a sera,
la linfa-logos dei Grandi che scorre
scavata da Paci il filosofo,
captivo d'uguale destino,
voce-riaccensione di se ed altri
in archetipi-comune appartenenza
all'umano procedere sempre
oltre il limite delle baracche
oltre lo sguardo folle del presente.

Quali icone per sempre sbalzate

dall’argento del sentire

Due scarpette di cuoio raro-dono-

pensiero compagno del tuo ritorno

sigillo del percorso nuovo insieme

tenerezza che ora più mi confonde

Un cerchio rosso sulla mano infante

della tua prima sigaretta a casa

tremore delle tue dita per me

ancora schiva della tua presenza

Il pianto soffocato di voi reduci,

tu lo zio Nino Guelfi ed altri,

segreti nel salotto buono

a rimestare morti e vivi

a rimodellarvi le ore

in un vivere civile

più facile solo al suono verbale,

un pianto incompreso

dalla soglia bambina

che proprio il passo della vita

illuminerà nella sua valenza.

 

Il tuo sguardo, dopo sempre sospeso

nel vuoto a un filo viola-mestizia

anche nell’ora dell’oro squillante,

e insieme la tua anima felice

a stringere vita-un filo d’erba

appena germoglio del poco.

 

 

 

 

2 commenti:

  1. Maria Luisa, Nazario ha inserito nel modo più opportuno questo documento, che riguarda un lavoro durato dieci anni di vita, curato da grandissimi della Letteratura, come te d'altronde, e che si concentra sulla tragica vicenda di tuo padre, catturato dai tedeschi e internato nel Campo di Benjaminow, in Polonia. I disegni danno i brividi quanto i tuoi versi. Nessuna testimonianza ha maggior valore di quella data da coloro che hanno vissuto le storie... vale per ogni vicenda dell'esistenza. Sono solita asserire che il verbo 'capire' è il più difficile da usare, in quanto acquista senso solo se si ha esperienza personale del dolore da condividere. Il momento storico che attraversiamo dà ulteriore dimostrazione della veridicità di quanto ho affermato. Per troppe persone è impossibile capire la gravità della pandemia, perchè non riguarda il loro universo affettivo e... continuano a lasciarsi vivere come se nulla fosse. Tornando ai tuoi versi strazianti, Amica immensa, ho rivisto Auschwitz e Birkenau, le file di capanne, le scarpette esposte nelle vetrine, ho risentito l'eco di migliaia di anime e, come nel diario di Guareschi, ho ripensato ai riti per non permettere agli aguzzini di annichilire la dignità, come la
    "preghiera,
    divino nutrimento all'anima
    tra voi, nella camerata a sera,
    la linfa-logos dei Grandi che scorre
    scavata da Paci il filosofo"
    Scorticano l'anima le tue parole, dure come sassi e carezzevoli come orazioni. Il tuo papà è tornato, si era perso, ma con fierezza rara si è ritrovato, grazie al vostro amore e la chiusa della lirica, in levare, è un inno sublime alla rinascita:
    "la tua anima felice
    a stringere vita-un filo d’erba
    appena germoglio del poco".
    Il tuo tributo all'Olocausto ha doppio valore, Marisa mia, perchè implica lo strazio diretto, l'attesa estenuante, e il costante ricordo di tanto incubo. Questa pagina è da leggere e riscrivere nel cuore per imparare a non lamentarsi e a 'capire' le storie passate e quelle presenti. Ti ringrazio e ti stringo forte forte insieme al nostro Nazario...





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  2. Cara Maria, rispondo sempre con grande affetto e gratitudine alle tue parole che ben comprendono il sacrificio degli Internati Militari Italiani (IMI) deportati nei campi di concentramento tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. La loro è stata una forma di resistenza al nazifascismo e, nello stesso tempo, di fedeltà al loro giuramento di soldati. Le tue parole si allargano pure in una attualizzazione del mistero della resistenza passiva ben diversa dall’atteggiamento di molte persone d’oggi che, nella pandemia, si lasciano vivere non assumendosi le proprie responsabilità, senza alcun rispetto per gli altri. Profonda questa tua intuizione. Una pagina di storia, quella degli IMI, reintegrata e decifrata con obiettività solo in epoca abbastanza vicina. Ora, grazie a te e al nostro condottiero Nazario, ripristinata in queste immagini, in queste parole, ricuperando un’altra memoria che non bisogna dimenticare in questo complesso e travagliato ‘900.

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