mercoledì 3 febbraio 2021

NAZARIO PARDINI LEGGE: "PIZIA NON DA' PIU' ORACOLI" DI CARMEN MOSCARIELLO


Carmen Moscariello, Pizia non dà più oracoli, Gangemi Editore International, 2021

 

La nostra Carmen si presenta alla scena letteraria con una opera, poetica, di grande portata umana, simbolica, reificante stati d’animo, e suggestioni di forte impatto culturale.

Entrare nella sua poesia significa conoscere il mondo, la bellezza, l’amore, la vita, la storia, la cultura, gli affetti; tutti i suoi guizzi semantici, tutte le sue cavalcate simboliche, tutti i suoi giochi significanti. Insomma la sua poetica fatta di armonie, di notti, passi funesti, cani, lune che miagolano acqua:

(…)

Prigionieri delle ombre

i figli dell’acqua bisbigliano

alla morte

poi il boato di fango irrompe,

cancella ogni forma.

 

Una poesia nuova, fortemente simbolica, densa, i cui versi ora di ampia stesura ora di misura rattenuta seguono il diagramma di una sinfonia che raggiunge il colmo nel momento di maggiore ispirazione.  Conosciamo bene la Nostra, la sua ecletticità versatile; è sufficiente dare uno sguardo al suo curriculum per rendersi conto della portata della sua arte scritturale. L’opera si suddivide in quattro spartiti: Primo Spartito- Pizia non dà più oracoli, dove troviamo poesie di esplicita significazione: Pizia, (Io non appartengo a un paese di ruscelli e di riviere/ma agli artigli della storia, dove/ l’acqua festeggia ancora il buon mattino:/appartengo a un montagnone con un gran numero di valloni/ dove i terremoti hanno messo il nido e la civetta la notte/porta i responsi dei morti./ Si vive su un piede solo/ in eterno squilibrio.), e continuano poesie con titoli di ampia fioritura poetica. Non ha più segreti, Le ombre perdute, Le mie porte hanno passo   d’addio, … Il responso di Pizia, Rabdomante, … fino a Il mio fanciullino. Ogni composizione è accompagnata nel risvolto da preziose illustrazioni di Lilly Brogi, una vera ricchezza del testo. Un valore aggiunto.

   Secondo Spartito- L’altro emisfero, è costellato da poesie introdotte da una citazione di Cristina Campo: “Ora è sparsa l’acqua della vita/ e tutta la lunga scala/ è da ricominciare”. I titolo si susseguono con profonda intuizione emotiva: Mediterraneo (… Nero è il mare, denunzia, accusa urla/i bambini dormono nel letto di foglie/lo stelo di vento sta a guardare/ anche lui non vede non sente), Sete (… Esangui le anime morte imbellettano una danza/ macabra, vestita di stracci, orlata di odio,/nelle crepe dei muri conditi al pet coke), Lascerò a voi la mia parola (… Infilate collane con perle australiane e    il bianco più bianco/ imperli la parola e il vostro sorriso),   fino a Due occhi (Il mio daimon inquieto sfoglia tutte/ le pagine della storia e una tigre/  impetuosa rincorre una mandria di lupi).

Terzo Spartito- Le lacrime delle donne: da Terra Promessa dedicata a Alda Merini, fino a Quando la neve si scioglierà dedicata a Aldo Masullo “… Chissà se ci salveremo/…/ Appena egli andrà via non scenderò più dal mio aereo/ sorvolerò tutte  le ebbrezze del mondo,/ mi porterà fino a te. Ascolto più in profondità/ la mia anima mi prende per mano, mi illumina/l’immenso cielo il dolce pensiero di voi./Finirà, sì, finirà questo disastro.”.     

Quarto spartito, da Prigionieri di un virus, da Prigionieri (Che succede?/ Perché tu Natura ci abbandoni?/…/ Mi fermo lì sulla risacca, non c’è anima viva, siamo reclusi./ Il vento è vago, indifferente nemmeno assorto./ Sulla spiaggia pulita come non l’ho mai vista/ ci sono i giocattoli pietosi, le barche/ rovesciate dal vento di Giuseppe e Leonardo,/ non li vedo da mesi), fino a Estrema unzione dedicata a Papa Francesco (… Muti non proferiamo più parole. E’ questa una primavera disperata:/senza pane, senza abbracci./ Nel passo divino tra vele ammutinate/seguo la tua strada.). I versi veloci, si inseguono in una successione di armonica fattura: concretezza, realismo, minimalismo, affetti verso i nipoti al di là di ogni afflato emotivo. Un vero melologo, un mix di parola e animo, un mix che si fa gioia, dolore, cuore, avventura; sì, un insieme che ti agguanta e non ti molla. E navighi assieme alla poetessa in un mare di bonacce e trabucchi, in una storia che si distende in uno spartito di armoniche misure; di vicissitudine umane, dove il cuore si apre alla natura, a tutto ciò che brilla e illumina. C’è il memoriale, il sogno, la questione del tempus fugit, dell’esistenza breve e fugace che l’uomo deve vivere senza avere il tempo né la possibilità di conoscere il visionario apporto del dove e del quando. Tutto è labile, fugace, provvisorio, instabile, e la poetessa sente questo apporto di precarietà, tanto che, non di rado, si fa triste. E non è detto che un certo sentimento di nostalgia non si impadronisca del suo esistere. D’altronde c’è anche una spinta sicura verso l’alto, c’è anche un ancoraggio certo, a darle quella certezza escatologica; c’è il suo abbraccio al cielo, al mondo, a Dio nella speranza che tuteli i suoi, che li segua con occhio protettivo. Cosa non sempre costante nella ricerca esistenziale dei veri  poeti (e Carmen lo è), dove oltre la siepe il pensiero si sperde, si annulla nell’assoluto, dato che lo sguardo umano è bieco,  è incapace di superare il limen, si arrende di fronte alla smisuratezza del tutto.  Ella crede alla vita, ai suoi intarsi, alla sue vicende ora benevole ora meno, comunque valide a sottrarla ai meandri della  melanconia. Un’opera la sua che tocca tutte le note del  vivere, e lo fa con un linguaggio fine, educato, esplicito, suasivo, in cui la parola diventa reificazione di tanti stati d’animo. E anche se il sentimento d’amore sembra vincere su altri motivi ispirativi, su altri temi poetici, è l’insieme che ci dà l’idea della pluralità dell’opera, del suo polisemico valore contenutistico. E quando la voce lirica, più vicina ai nostri intendimenti scritturali, si fa più tenue, più carica di empito umano, tutto coinvolge e ogni nostro sentire si fa  partecipe; perché è qui che la sua vena artistica esplode, in tutta la sua scorrevolezza, in tutto il suo apporto umano, in tutta la sua carica emotiva. Senza dubbio la sua poetica è lontana da ogni tentativo di sperimentazione narrativa, dove si annulla ogni emozione, ogni memoriale biografico; qui tutto è fattivo attivo, la scrittrice prende in mano la situazione e si fa attrice prima della storia; narra e racconta se stessa, ogni tremolio della sua esistenza: quindi sentimento, memoriale, realtà contingente, tutto diventa sostanza di una vicenda. Non c’è alcun frammento in cui non si trattino momenti sentiti e vissuti. Sì, esiste una corrente minimalista, di prosastica positura, di spersonalizzazione. Cosa che non accade assolutamente nel cuore della sua poesia, dove ogni verso è la concretizzazione di uno stato d’animo, di un pensiero, di una meditazione, di un concetto che nella loro complessità ci danno la  visione della filosofia di vita della Nostra.  Quello che più conta nel suo poema è il fatto che sia riuscita a portare in sé la continuità della vita, a non perdere ‘il talento di invecchiare senza diventare adulto’- “La canzone dei vecchi amanti” di Jacques Brel. Partendo da una considerazione amara sulla poesia italiana contemporanea, ci sono poeti che, non necessariamente giovani o giovanissimi, trovano un loro modo autentico di esprimere il senso della ricerca umana del vero, del bello, del bene – pur nella consapevolezza dell’esistenza del falso, del brutto e del male nel mondo d’oggi come in quello del passato. Poeti che trovano il modo di esprimersi anche in versi di facile lettura, non astrusamente arzigogolati, e la cui essenza poetica non risiede nella forma complicata del verseggiare, ma nella nitidezza dell’espressione, che proprio per scelta rifugge dalle complicazioni ermeticheggianti di troppi scrittori contemporanei. Con questa considerazione sulla poesia della Moscariello credo sia bene concludere il mio discorso esegetico. Dato che questa è la poetessa, il suo verso, la sua narrazione: è nella semplicità comunicativa il suo valore aggiunto; è giusto nel suo intento di comunicare tutta se stessa, ogni ambito del suo sentire, del suo esistere; nel suo intento d’affetto verso tutti quelli che rendono prezioso il suo cammino; verso i suoi nipoti che sono il focus del suo poema.  

 

Nazario Pardini 

 

 

 

 

 

        

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