mercoledì 17 giugno 2015

M. GRAZIA FERRARIS: "LEGGENDO LE CONSIDERAZIONI DI N. D. S. BUSA'"

Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade



Leggendo le considerazioni di Ninnj Di Stefano Busà…

I troppi se che Ninnj Di Stefano Busà denuncia a frammentare il mondo…fanno riflettere. Si entra con la sua riflessione in una argomentazione di morale laica (che l’autrice spesso esercita) come caratteristica del suo pensiero. Il suo se è ricco di implicazioni.  Ė un se dichiarativo, concessivo, modale, condizionale…. e non è denuncia “pura”. Lo dice esplicitamente nella poesia che conclude la sua argomentazione:

“…Il senso, il senso: "quello" cerco, del fiore o degli stami.
Uno di noi che colga -per intuizione- quel che è giusto.
uno spicchio di cielo, il filo d'erba,
il bene, quando non è scenario d'ombre….”

Quel suo se mi riporta alla famosissima poesia di Joseph Rudyard Kipling, scritta nel 1895. Se è infatti  il titolo di una poesia dedicata al figlio, in inglese, (If), ed è nel capitolo 'Brother Square Toes' ( Rewards and Fairies). La  poesia fu tradotta e pubblicata da Antonio Gramsci, col titolo "Breviario per laici", e alcuni versi  vengono citati in "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini
Ha uno scopo di natura educativo e pedagogico che trascende la vera forma ritmico-narrativa. Anche l’autrice  intende riscattare il suo pensiero, il suo pessimismo con un auspicio positivo, costruttivo, con l’eroismo della volontà- non meno umano ed inquietante della denuncia:

Esser(ci) è amare oltre la palude Stigia,
fino alla felicità assente.

Una consapevolezza dolorosa, ribadita:

…oltre la linea del pensiero.
Andare tra strade di polvere è mistero di assenze.

La poesia di Kipling è illuminante, ma non inquietante: in un qualche modo rassicura: 

Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,….
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi…..

SE… ,… ma quel se mi riporta, espresso con segno opposto, all’infinita malinconia di Amelia Rosselli, grande infelice poetessa, che scrive cercando nella formalità del  se  ripetitivo-iterativo il riscatto dalle sue ossessioni. A differenza di Ninnj che nella denuncia intende trovare la via morale al riscatto, la grande Rosselli cerca nel suo argomentare logico "semantico", nello spostamento da un oggetto all’altro per via di significanti in cui il significato sfila e fugge e rimanda al di là di sé in  una metonimia di ordine logico il senso ( oppure, meglio,  il non-senso) della sua vita.  E nella drammatica lacerazione tra intuizione e raziocinio, l’ anima   spesso scossa dal "vento" è indotta a dire come in un raptus tra le diramazioni artificiose dell' intelligenza: sono i suoi versi insonori, quasi balbettii o lunghe preghiere e invocazioni drammatiche in una chiusura non evitabile dei significati e della comunicazione, in un tremendo corpo-a-corpo, che è proprio della  struttura metonimica  di carattere logico: le parole si rimandano a partire dal loro significato; più specificamente alla ricerca di un’ulteriorità di senso che spinge e dilata ogni termine. Nella loro povertà semantica rispetto all’ineffabile, i se sono alla ricerca di un significato ulteriore (una  infinibile ricerca di senso) È il corpo-a-corpo perché possa dirsi il dolore mostruoso che non può dirsi. Perché venga ucciso l’invincibile Minotauro, cui non sa fuggire.

Se dalle tue braccia protese scorgevo un’altra irrequietudine
se dal tuo amore tutti i lumi si spegnevano, se dall’amore
nasceva disordine ed immoralità; se per il tuo occhio lucido
e la tua fronte perlata io scorgevo un altro cielo ed un’altra
luce nel cielo ed i colori farsi più vividi: se dal tuo
amare le tue amare ozie della vita scorgevo in me un difetto
allora correvo ai ripari.
nella tempesta seguiva una corsa ai ripari. nella notte
riparavo. Se nella tempesta sparavo se nell’incontro ascoltavo
altri che te, se nella tela che tutto sbiadiva capivo d’esser
stata tradita:- se nell’amore strascicavo parole forse
amarissime:- era per te che con il tuo filo di ragno aspettavi
era per te che con la mia rivoltella puntata velocemente su
delle mie tempie aspettavo invano. Se dalla tua crudele
libertà aspettavo altro che la prigionia; se nell’amore
schiamazzavo; se nella tua pupilla scorgevo altro bene
oltre il tuo affanno:- allora era caduta la stella dal
cielo e le mie ironie si diffondevano sinuose per le tue
rimembrate braccia acute. (A. Rosselli)

 Maria Grazia Ferraris



3 commenti:

  1. Pagina ricca di cultura e di sensibilità poetica. Mi affeziono sempre più agli scritti di M. G. Ferraris. Ne ricavo un nutrimento sano e stimolante che mi spinge a rileggermi testi sepolti in biblioteca. Complimenti:

    Proff. Angelo Bozzi

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  2. Conosco A. Rosselli e rileggerlo introdotto dalla emblematica nota critica di M. Grazia Ferraris è una vera emozione.Un grande onore.
    Anna

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  3. Grazie ai miei lettori così attenti e partecipi.
    Sì Amelia Rosselli è davvero una poetessa emozionante e vicina anche alla sensibilità di Leucade.
    Nata nel 1930 a Parigi, figlia di Carlo Rosselli, Amelia Rosselli crebbe tra la Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti in un ambiente lacerato da tragiche vicende di storia privata, politica e sociale.
    “Figlia di Carlo” – esule antifascista, fondatore del movimento "Giustizia e Libertà", nel suo profilo psicologico, intellettuale e artistico ebbe un grave impatto l’angosciosa vicenda familiare, che, a sette anni, la vide testimone oculare dell’assassinio di suo padre, e del fratello, dinanzi all’intera famiglia, ad opera di alcuni fascisti.
    Il trauma dell’assassinio del padre, addizionato alla morte della madre, indusse nella Rosselli una grave psicosi, che doveva segnare l'inizio di una lunga serie di degenze presso ospedali psichiatrici. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nella sua mansarda in via Del Corallo a Roma dove, nel 1996, si tolse la vita.
    Si è spesso identificata nel mito tragico sia di Ifigenia– la sacrificata innocente- (Agamennone immolò sua figlia alla dea Artemide su consiglio dell'indovino Calcante, per placare le forti tempeste che la dea aveva provocato nel mare per impedire ad Agamennone e ai Danai la partenza per Troia), che di Elettra ( istigò il fratello Oreste a vendicare il padre) che sulla tomba del padre assassinato… vive in un’urna, rinuncia al futuro, è fanciulla senza futuro.
    Amelia dice di sé: Sono stata una involontaria Cassandra:

    O Cassandra/ le tue occhiaie sono le mie preferite celle di rassegnazione
    e le tue labbra non suggeriscono altri tormenti che/ tu non possa conoscere altrove che per questo
    mio fragilissimo pensare.
    Le sue prime prove di scrittura sono state in tre lingue – inglese, francese, italiano- si intrecciano e alternano a seconda degli universi stilistici e letterari che esplorano.
    Nel loro oscillare mostrano gli archetipi speculari della sua vicenda privata.

    Vieni a vedere la mia poesia/ esigi che posi per un ritratto
    ricordando in silenzio/ tutte le esperienze del passato…
    Vieni a vedere la mia poesia/ essere decisa e disperata

    Il suo esordio poetico risale proprio al ’63, gli anni di Menabò di Pasolini, le sue Variazioni belliche, esprimono il nascere e il morire di una passionalità da principio imbrigliata e contorta e poi sfociata in lotta e in denuncia, cui seguì Serie ospedaliera nel ’69, poesie che accompagnano la malattia che la minava, dove raggiunge una nuova più placata maturità tra la forma espressiva controllata e l’esplosione drammatica del contenuto.
    Poi ha taciuto a lungo, smarrita.

    M.Grazia Ferraris

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