Alessandro
Ramberti: Orme intangibili. Fara Editore. Rimini. 2015. Pg. 80
Un
viaggio, un odeporico intento per sgombrarsi del corpo e lasciare l’anima alla
ricerca del bene, di Dio, dell’assoluto. E si sa che l’uomo soffre del suo
fatto di esistere; degli spazi ristretti del suo soggiorno; ed è umano,
disumano tentare un aggancio con l’oltre; azzardare sguardi oltre i confini del
precario esistere. Una ricerca impellente e epigrammatica che il Nostro
affronta librandosi con voli di ardita energia verso gli immensi confini del
mare. E quale metafora più vicina alla nostra vicenda che il mare?
Quell’immenso piano che si distende davanti ai nostri occhi e che dà l’idea
della totalità, della grandezza, e della libertà a cui aspira l’anima umana. Una
quiete, questa, che si può raggiungere col sogno, o rifugiandosi nella memoria,
come alcova rigenerante dalle nostre sottrazioni. Ma il Nostro va dritto per
mete, peregrinaggi, e Orme intangibili:
La partita annullata dalla
morte
ha senso se c’è vita che
perdura
se cessa diamo corda a
marionette
messe in gioco dai fili della
sorte.
(Se il tempo non passasse?)
Certo non basta il lampo di un
chiarore
In fondo al buio l’energia
volatile
Che permane trasformandosi in
vuoto:
se la resurrezione del fattore
(un indice restasse)
corpo fosse una immagine
rituale
saremmo degli ammassi
cellulari
senza scampo al di là del
nostro fiato
ossa in cammino verso una
finale
(il dado chi lo trasse?)
Di cui sono l’inerte
risultato.
Estinti dalla storia ricordati
da chi li seguirà
nell’estinzione
traguardo indubitabile e
scontato(pg. 45);
va
dove si può raggiungere tale libertà, senza sperdere l’identità nei meandri
delle stelle, o negli infiniti slarghi di un tempo vorace; e lo fa con pienezza
ontologica volta alla ricerca di se stesso; di un credo zeppo di spiritualità
che affida alla natura un percorso epigrammatico verso il Cielo; attivo,
meditativo e fattivo; dove, ad aiutare il cammino, spiccano composizioni di
alta esperienza poetica, convalidata dalla musicalità di endecasillabi in tutte
le salse: a maiore, a minore, intrecciati da
enjambements; diluiti in spartiti visivi per il supporto di una
narratologia di palingenetica fattura: quartine, versi esterni in rima; intermezzi
fra parentesi a rattenere la lettura; anch’essi in rima; un ensemble che dà l’idea
della maestria compositiva del Nostro; del suo giocare con spartiti vari e
originali senza perdere il focus della spontaneità, uno degli alimenti fondanti
della Poesia, assieme al sentimento, l’armonia e la parola:
Il piombo dello stagno assorbe
i lividi
bagliori delle stelle e quell
i
impliciti
delle foglie – la pelle si è
squamata
i sentimenti aprono gli
anelli:
bisogna uscire fuori dal
sepolcro
per nascere di nuovo ma
dall’alto.
Chi vola non imprime tracce a
terra (pg. 59).
Nazario Pardini
Nessun commento:
Posta un commento