giovedì 28 gennaio 2021

ADRIANA PEDICINI LEGGE: "DAGLI SCAFFALI DELLA BIBLIOTECA"

Caro Nazario,

Adriana Pedicini,
collaboratrice di Lèucade
non intendo scrivere una recensione, né articolare riflessioni meditate, ma fissare sul foglio impressioni immediate e autentiche, suggestioni spontanee e non filtrate dall’impegno di dover scrivere cose importanti.

Dunque…inizio dalla parte centrale del corpus Dagli scaffali della biblioteca. Definirei le poesie ivi comprese dei παίγνια, dei giochi letterari, alla maniera di Catullo. Che poi giochi non sono se si vuole alludere a qualcosa di effimero e superficiale, bensì il frutto di un grande lavoro di cesello unito a profondi motivi ispiratori che, partendo dai veri e propri idilli dell’inizio di questa sezione, fanno della poesia la compagna migliore a superare le intemperie della vita: ‘Resto solo. Ma nell’aria continuano a volare/parole e melodie; indifferenti/al giungere di nubi ed acquazzoni’. (III)

Una corona, una ghirlanda di componimenti poetici tutti modulati sul dialogo o sul contrasto: botta e risposta, dove s’intrecciano numerosissimi esempi di intertestualità esterna. Ne viene fuori una carrellata di testi di personaggi/autori verso cui il Nostro prova una sorprendente empatia, riuscendo a captare le sottili sfumature di animi inquieti, che poi sono anche le sue. A cui accosta il suo racconto poetico senza evidenti fratture stilistiche con i suoi interlocutori che disturbino la lettura. Talvolta crea anche delle isole di metapoesia, riflettendo su dati teorici, come quando fa riferimento alla pari dignità e necessità, in un testo poetico, del contenuto e della forma. Lo fa attraverso le parole attribuite a D’Annunzio e Leopardi.

È qui che risalta, come sarà poi nella prima e seconda sezione del libro, la necessità degli affetti domestici, in particolare della madre, come si evince da numerosissimi esempi di Autori che gli chiedono, nell’immaginario colloquio, di recitare i versi sulle tombe di quelle, quale estremo tributo ad un affetto inesauribile.

Non è da credere tuttavia che la saudade sia l’unica tonalità delle poesie.

Al contrario, troviamo spirito, immediatezza, salacità, audacia stilistica e lessicale, variazione ritmica, una scelta resa possibile dall’affinità con il poetare del Veronese.

L’ammissione di Nazario Pardini nel novero dei Poeti avviene con una trovata metaforica in cui si esplica attraverso una fiaba il rapporto tra ricchezza e povertà, tra felicita e tristezza, la cui differenza è determinata dall’homo faber, ma consolidata dall’Amore.

Incontri felici, incontri istruttivi, incontri mesti come quello con Saba, intriso di profondo affetto per la sua Lina. Circola in questa poesia una sorta di critica dell’opera di Saba, ma con una leggerezza tale che sembra sia davvero il poeta triestino a parlare. Tanto dolore, ma mai quanto traspare dai versi dedicati a Pavese, lasciato solo a combattere contro i suoi mostri, generati forse dalla solitudine a seguito della scomparsa del padre e non compresi dai contemporanei.

Spesso Nazario Pardini presta la voce, ossia le parole, al pathos di Poeti divisi tra il desiderio di bellezza e la mostruosità del reale, come nel caso di Cardarelli: ‘Ora sono qui/ dentro i miei canti o dentro le memorie/di una vita infelice e menomata’.

La dolcezza di Sentimento del tempo e, interpretando il Poeta, l’invito all’ Allegria, che sola può dar vita alla pace, che sola può dar luogo all’Amore, sembra superare perfino il dolore della guerra nella voce rotta di Ungaretti, cifra del suo animo cupo.

Anche nei Poeti della Biblioteca il rimembrare la vita trascorsa, soprattutto gli affetti, è sinonimo di dolcezza e commozione, come il Nostro ben rappresenta descrivendo la figura mesta di Francesco Pastonchi

‘Vorrei che tu portassi La mia fiaba sulla sua tomba (della nonna)” “La commozione gli arrivò negli occhi/che umidi di pianto si serrarono’.

Un perfetto gioco di intarsi intertestuali avvicina Leopardi a Saba e Bertolucci e alla poetessa Giuseppina Cosco. Su tutti aleggia la tristezza e in particolare dai Poeti meno frequentati sale la preghiera che almeno lui continui a leggere i loro versi.

Davvero bella e delicata l’accorata preghiera di Caproni-Pardini nel ricordo struggente della madre.

La poesia che consola, la poesia che completa vite monche, la poesia che ironizza sui lati grotteschi della vita, la poesia che reifica le illusioni di una vita, la poesia che ricorda, la poesia che crea nuove realtà emotive nel ricordo. Tutti sono impastati di queste inclinazioni, ma c’è bisogno del colpo d’ala, della parola che voli alta come volo d’aquila in un cielo terso e incontaminato.

E tale potenzialità non è negata certo a NAZARIO che sa creare spesso un’identificazione perfetta col poeta interlocutore o comprimario sicché si stenta a distinguere il prestito letterario dalla sua creatività, come nell’incontro con il Montale di Ossi di seppia.

A questo punto appare legittimo il desiderio di essere compreso tra i grandi della biblioteca perché anche su di lui non vinca Libitina.

‘mi piacerebbe tanto che i miei versi/trovassero del posto in biblioteca’…XXVI

Prima e dopo questo corpo centrale, quasi con una composizione ad anello, vibrano le poesie per i familiari, per la donna amata, per i ricordi del passato che poi non sono altro che evocazioni di vita vissuta con la suggestione di poterla rivivere. Non romantica nostalgia, ma recupero concreto, reale, di sensazioni, visioni, affetti, oggetti e persone vere e situazioni reali che hanno lasciato l’amaro della ferita o il balsamo della carezza nell’animo di Pardini. Emergono in queste liriche la dolcezza della casa dell’età giovanile, tutte le tessere del mosaico di una memoria che è intrisa di realtà, che non vuole recuperare la madelein di un evento, di un incontro, ma è la struttura portante di una vita. Tanto che, quando subentrano stanchezza e solitudine, è sempre la memoria la via salvifica. Inevitabilmente si fa la conta dei valori acquisiti, dignità innanzitutto, si rimpiangono le parole non dette, le cose non fatte e si soppesa la propria condizione attuale. E tanti eventi, tante figure passano davanti agli occhi come scene di un film, come le pagine ingiallite di un libro, che non sono destinate a scomparire, ma persistono ed è bello andare a rileggerle perché tutto è vero, reale, intriso di concretezza e verità. E di Amore: per il padre, per i fratelli, per i nipoti, e infine per quella che fu e rimase la sua donna, Delia, sempre agognata e mai raggiunta.

Sarebbe materia per un film, un racconto di ampio respiro, un romanzo verista: c’è la casa, l’orto, la collina; ci sono i bambini, i pianti, i ruzzoloni, la scuola, ma anche le gioie, gli affetti, l’amore e le prime passioni; l’amore per l’arte, i silenzi, le assenze, le presenze costanti dell’animo, nell’animo. E tutto è tenuto insieme da una grande capacità di donare amore, di viverlo e proiettarlo come luce su tutto, e di riassorbirne a sua volta la luce, perché essa ritorna sovente indietro, cosicché la solitudine cessa di essere tale se può colmarsi di tanti ricordi. Se poi si aggiunge il sogno, la capacità di perpetuare lo stato di grazia ingenerato dalla figura dell’amata, anche di questo motore vitale ci si avvantaggia, e la mente, sebbene s’inganni, gode della vicinanza di colei che ha fatto sognare il Nostro Poeta, sebbene le braccia rimangano conserte a stringere il nulla, come già fu per Enea e la sua Didone. Ma reale è la bellezza che sotto forma di profumo inebria l’innamorato che ancora attende simili visioni, quelle dei sogni giovanili, gli unici a non essere scalfiti dallo scempio che il tempo opera sui corpi.

Nella finzione letteraria conclusiva Nazario si ritira in silenzio nella biblioteca, soddisfatto di stare accanto al suo Catullo e condividere con lui gli slanci e le schegge di felicità di un’età trascorsa per sempre.

Adriana Pedicini

27/01/2021

 

3 commenti:

  1. Adriana! Che splendida sorpresa. Ti ritrovo in un'esegesi magnifica, da autentica studiosa e da donna vibrante, passionale quale sei, sull'Opera del nostro Poeta che ci ha conquistato tutti. Sei dettagliata, analitica, eppure immersa nel clima dell'Autore, che parte dai paese delle memorie e approda alle dieci poesie d'amore dedicate alla sua 'Delia', figura che si staglia altissima nell'immaginario comune. Sapessi quanto sogno di identificarmi in lei. Ovviamente ti soffermi a lungo sulla sezione centrale, di rara originalità, che vede un Poeta perso tra i grandi della nostra letteratura in fuga dalle pagine dei tomi della biblioteca... Ha il piacere di incontrarli, di discutere con loro, di far ascoltare le sue liriche amorose. Un' Opera che, come sottolinei in modo superbo è: 'La poesia che consola, la poesia che completa vite monche, la poesia che ironizza sui lati grotteschi della vita, la poesia che reifica le illusioni di una vita, la poesia che ricorda, la poesia che crea nuove realtà emotive nel ricordo'. Adriana mia, non ti vedo da tanto, eppure ti ritrovo come se non ti avessi mai lasciata: potere dei ricordi, del loro incanto indelebile. Grazie di avermi fatto calare nella tua realtà e nella dimensione della Poetessa che legge il Poeta, ovvero nella critica letteraria più alta che si possa concepire. Ti porto nel cuore insieme al nostro Condottiero, che permette questi incontri rigeneranti.

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  2. Maria...i più profondi sentimenti si esprimono forse col silenzio e io, leggendo la poesia delle tue lodi, da me immeritate, non posso che rimanere "a bocca aperta", incapace di proferire parola. Ma una cosa almeno devo sottolineare. Non c'è via che sia impervia rispetto alla circolazione delle idee, dei sentimenti, del comune vivere la realtà più vera che possa esistere, perché immediata, riluttante a farsi imbrigliare dalla menzogna....verrebbe subito scoperta!ed è la poesia. Pertanto anch'io, dopo aver ringraziato te, ringrazio con te il nostro Nazario che di questo cenacolo poetico è l'anima più nobile, più alta...in una parola il Maestro.Ti abbraccio. Adriana Pedicini

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  3. Carissima Adriana
    Sono molto felice di ritrovarti su quest'isola, ricordo con grande simpatia le nostre presentazioni a Roma.

    Un grande abbraccio anche al nostro Condottiero che permette questi incontri inattesi e gioiosi.

    Loredana D'Alfonso

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