giovedì 14 gennaio 2021

MARIO SANTORO LEGGE: "OPERA OMNIA" DI ANDREA CATTANIA












Andrea Cattania: spazio, tempo, lontananze, vicinanze e...                                              Lila, sempre!

 

 

La poesia, di per sé indefinibile, può tutto o quasi come dimostrano i versi di Andrea Cattania nella Opera Omnia edita da Guido Miano Editore che spazia in lungo e in largo sul piano tematico-argomentativo coprendo un arco temporale di una decina di anni, e contrassegnandosi come prodotto dell’età matura, in una disposizione a ritroso, ossia partendo dall’ultima raccolta in ordine temporale datata 2020 alla prima che risale al 2011.

E così il racconto poetico incrocia, in prima battuta, il grande Raffaello Sanzio (la prima silloge del libro si chiama Andrea Cattania incontra Raffaello Sanzio e le sue geometrie esistenziali, 2020), gli interrogativi sull’universo, sugli innumerevoli intrecci possibili nel tentativo di svelare qualche linea di mistero con il rimando continuo all’abbraccio fra materia e pensiero e il richiamo a situazioni di ogni tempo, con sogni anche arditi, attese impossibili, ipotesi di futuro, coniugazioni azzardate, ma sempre immaginate come fattibili, e desiderio di elevare lo spirito / a vette mai raggiunte / dono sublime per l’umanità. E, a chiudere le strane accattivanti combinazioni, c’è la voglia di blu, con l’aspirazione a sentirsi in pace con il mondo, senza che null’altro può desiderare il saggio.

Ma il cosmo non è solo immensità, spaziosità, senso dell’infinito ma anche sensazione di vicinanza possibile, scavo interiore continuo, analisi attenta degli eventi, valore dell’esistenza, pur nella precarietà della stessa, e necessità della valorizzazione costante delle conquiste dell’uomo: Ognuno custodisce nel profondo / una ricchezza immateriale di attimi / sospesi, mai svaniti, gemme rare. / Gocce di vita sorprese sul nascere, / sopravvissute al flusso degli eventi / e riscoperte come per incanto / quando tace al cadere del sole / il cicaleccio indistinto del mondo. (versi tratti dalla seconda silloge: I colori delle parole, 2019)

Tutto il percorso poetico si snoda in modo lineare, anche se, come accennato, con procedimento a ritroso, con un linguaggio robusto e sostenuto ma sempre agile e senza mai sovrabbondanze di termini e di aggettivazioni; anzi si ha la sensazione che l’autore proceda quasi per sottrazione di elementi. Dunque non si cerca mai l’effetto sorpresa e non compaiono le sbalorditive incandescenze, i flussi magmatici, gli accumuli di rimandi ad aggrumarsi intorno a nuclei, né mai Cattania cede alla tentazione autolesionistica di distorsioni ad hoc o di screpolature create ad arte, o ancora di fratture improvvise, tagli netti, rasoiate violente, o perseguimento di sinusoidi, magari appoggiate a suoni borborigmatici o a dicotomie estremamente facili.

Nulla di tutto questo, per scelta consapevole e intelligente. Il poeta sa giocare abilmente con le parole che sceglie con cura ed attenzione pesando sempre la giusta carica di significanze sottese, mantenendo sempre viva ed intatta la tensione emotiva dinanzi alla bellezza straordinaria dell’universo e sa riproporre, in maniera iterata e insistita, l’interrogativo sull’origine della vita e su suo significato: Lentamente ha preso forma la vita se / stiamo riuscendo a trovare la chiave / per abbracciare questa / grande bellezza che oggi ci sgomenta, ma anche nella contemplazione della luna che appare più grande e vicina e spinge alla apparentemente negata tentazione di un minimo di confidenza con essa: Non voglio cedere alla tentazione / di affidarti messaggi immaginari // nell’estasi blu del momento magico / vivo il silenzio e l’incanto del sogno. (versi tratti dalla silloge Lunga sarà la notte, 2017).

E, dopo le vaghezze del sogno, Andrea Cattania continua ad interrogare il cosmo sulla nascita delle galassie e sul caos della vita che resta sempre la danza di un’ape con l’inevitabile rimando alle limitazioni dell’uomo, che è pur sempre scintilla divina se è vero che la mente umana è opera di Dio, per approdare alla poesia che resta punto centrale, meraviglia delle meraviglie: Se vivi respirando poesia / ti trasfiguri in una dimensione / dove non hanno posto l’ignoranza / e le piccinerie del nostro tempo. // Nell’iperspazio di bellezza effusa / non troverai lo stolto, / non l’incolto, l’insulso, il perdigiorno.// Ti renderà felice assaporare / la purezza del respiro del mondo.

E il poeta non si concede tempo per una pausa che già un’altra sezione incalza: Dimmi perché il vento stasera (silloge del 2017). Ci sono rimandi a persone significative (e vale per Gabriel Calaya, con tanto di aspirazione e prospettazione futura, per Mario Fonseca e per i dieci coltelli del tuo cuore, ma anche per il minuscolo fiocco di neve con la metamorfosi di cristalli di ghiaccio e soprattutto con la bellezza dello spettacolo delle colline che si ammantano di neve o ancora con l’incanto del tramonto inteso anche in senso figurato: Quando sentiamo che la nostra vita / volge al tramonto ci pervade il senso / della fragilità della struttura che / sorregge il nostro appartenere al mondo. / E’ la vena sottile che ci unisce / all’essere nell’armonia del Tutto.

E si procede oltre.

Nella silloge Gocce di luce (2016) compaiono più riferimenti: la necessità di ricercare la chiave giusta che possa aprire allo svelamento della pluralità dei segreti che nasconde l’universo; la visione crudamente veritiera del placidi Tigri con gli orrori evidenti; il bisogno di un momento di raccoglimento e di solitudine, che pure è gravato da morte presente nell’ossimorico garrire delle rondini: Solo nella mia stanza, / è morta anche la gatta. / In questo cielo da ventotto marzo / garriscono le rondini, / sventola la bandiera della pace.

E si tratta di un bisogno vero!

Segue la raccolta Il cammino del pensiero umano (2016) con il rimando al filosofo Parmenide e la dubbiosa domanda di sempre sull’esistenza: Ci muoviamo da venticinque secoli / lungo una linea di pensiero verso / la Visione del Tutto. Ci illudiamo di spiegare il Perché. E non abbiamo / ancora individuato gli strumenti / per rispondere all’eterna domanda.

E compare, difficile e problematica, l’ipotesi della coniugazione tra fede e ragione con il rimando a Guglielmo d’Occam ma anche la possibile combinazione “Dio e natura” con il riferimento al filosofo Giordano Bruno da un lato e il richiamo alla bellezza di tutto quanto ci circonda come ci ricorda Cattania nei versi dedicati a Lucrezio: Nel bosco delle Pieridi mi accosto / a una fonte purissima e compongo / un canto limpido che sciolga / l’animo dai vincoli della superstizione. Commuove anche il mini dialogo con la rondine, con il racconto delle fascinose terre lontane e con le sempre nuove partenze: Sono da tempo amico di una rondine. // Mi parla a volte di terre lontane, altre di sé e dell’ebbrezza del volo. // Ieri mi ha detto forse partirò /tra breve, ma nel suo garrire ho colto / un recondito accento di tristezza.

E c’è anche il richiamo ad una vecchia barca ansiosa di ancoraggi in porto sicuro, senza più il rischio del naufragio e poi, in qualche modo, attesa per certi percepibili sentori, l’apparizione prima, o ultima in ordine temporale, di Lila, della donna amata dal poeta, e felicemente corrisposto per un trentennio, volata via come uno sfumante sogno. Il poeta ne avverte la presenza che viene affidata al respiro: Annidato nell’albero virtuale / del mio amore per te / sopravvive alla fine il tuo respiro / e mi scalda e mi illumina e mi inebria.

E con questo riferimento e il conseguente passaggio alla silloge Inno alla vita (2015) siamo al canto di amore disperato che è tutto terreno e spirituale insieme: Il mio canto d’amore disperato /sale al cielo e lo intendono le stelle /e gli abissi del mare e le alte cime. / Tu no, che vivi gli anni spensierati / e giovani e felici e non ti avvedi / che a te vicino un uomo piange e soffre, / perché non gli è concesso questo intenso / sentimento e sublime trasformare / se non in esili e inutili versi.

Comprendiamo l’autenticità del dolore dell’autore e ci facciamo garanti, per quel che può valere, della validità dei suoi versi nell’idea della poesia eternatrice di bellezza. E l’amore, come sempre e come per quasi tutti gli amanti di ogni tempo, porta con sé il carico enorme delle emozioni, talora irripetibili, dei turbamenti, per lo più gradevoli, delle confusioni, delle commozioni straordinarie, ma anche delle sofferenze che a volte si fanno insopportabili: Vorrei non averti mai detto ti amo, / vorrei non averti sfiorato i capelli / se questo mio amore / doveva portarti / ambasce e dolore e un’amara incertezza. // Vorrei non averti mai vista, se pure / sia stato l’incontro più bello.

E siamo al balbettio sincero e trepidante o alle schermaglie amorose nella sempre presente illusione della “corrispondenza di amorosi sensi”: Amo pensare che tu pensi a me. E questo vale anche quando il dubbio si insinua, sottile, penetrante, oscuro, minaccioso: Amo pensare a te / anche se mia, lo so, non sarai mai. / Non ti ho chiesto mai niente, neppure / un fuggevole sguardo o una carezza, / mi basta solo sapere che esisti...

E siamo all’innocenza dell’amore, alla purezza del cuore, alla eterna fanciullezza dei sentimenti. La mente del poeta è come sovraccarica dell’immagine di Lila che diventa un po’ figura da sogno: La città si è svegliata / sotto venti centimetri di neve. / Lila sorride e sembra affascinata, / sembianza eterea e immateriale e lieve. // Poi lenta la sua immagine è svanita, / richiamata in un mondo senza vita. Il poeta soffre la sua mancanza e tenta in tutti i modi di ricordarla: Oh se un giorno la tua / bocca incontrasse la mia... E non importa dove, né in quale mese dell’anno. Non importa nulla!

E torna ad affidarsi alla memoria: La donna che amo è nata in un paese / vicino al mare. Nel suo sguardo ancora / riluce il sole e profuma del Sud... e poi ancora: Com’era bello stare accanto a te, / sentire il tuo respiro e la tua voce... e infine: Notte insonne, intessuta di sospiri, / notte piena di te, di dolci abbracci / e carezze virtuali... Già, tutto nell’immaginazione! E allora? Lila è Lila, presente sempre, anche dopo la dipartita, appagante, discreta, fascinosa come la luna che il poeta richiama: Questi versi che scrivo per te / vengono direttamente dalla luna / alla velocità della luce. / Non curarti se sembrano un po’ pallidi / se ne saprai percepire il calore / capirai in quel momento che il mio amore / è l’esplosione nucleare che / può scatenare la nostra fusione.

Si torna ancora allo spazio infinito con la raccolta Tra natura e tensione metafisica (2015) con continui rimandi a pensieri, vagheggiamenti, immagini ipnotiche, suggestioni ma anche neutrini, in un continuo raffronto diretto o indiretto e con al centro sempre l’uomo, essere pensante per eccellenza eppure capace di intenerimenti profondi e di abbandoni. Si tratta di attimi particolari che spesso si fissano alle date. Accade ogni sera alle diciannove e quarantuno nel ricordo amaro di Lila e del suo cuore che decide di fermarsi per sempre.

La sua partenza, per un mondo di luce, induce il poeta a proiettarsi oltre i confini visibili e a tentare un dialogo con Dio prima di tornare a cercare di ripiegarsi su se stesso per riscoprire chiarezze ed incanti da vivere col sole invernale, per godere lo splendore della luce negli occhi nel giorno del solstizio e per inseguire immagini improvvise, annusando profumi di petali di pesco, ma anche aspirando al senso dell’assoluto, dei cieli infiniti, delle felicità profonde quanto passeggere, delle escursioni sulle colline, magari sempre con Lila.

E ci piace chiudere proprio con lei, simbolo di amore e di gioia, nel desiderio che torna incalzante nel cuore e nella mente di Andrea Cattania: E vorrei spettinarti, / oggi, e vorrei morderti le labbra: / poi, cingendoti i fianchi, / ti stringerei con la forza dell’uomo / che a te ritorna dopo lunga assenza / e ti fa sua per sempre.


Mario Santoro


Andrea Cattania, OPERA OMNIA, pref. di Rossella Cerniglia, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 180; isbn 978-88-31497-25-1.

 

 

 

 

 

 

 

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