martedì 26 gennaio 2021

ENZO CONCARDI LEGGE: "EPIFANIE DELL'INCREDIBILE" DI CAROLA INFOSINI


CAROLA INFOSINI 

EPIFANIE DELL'INCREDIBILE

Quarta di copertina

 

      L'autrice – giovane istruttrice equestre – dissemina di indizi le pagine precedenti l'inizio del suo narrare che ci indirizzano verso le tematiche del libro: titolo, sottotitolo, breve nota autobiografica, dedica. Epifanie dell'incredibile (Europa Edizioni, Roma 2020), titolo simbolico, è l'estrema sintesi delle fenomenologie psicologiche che avvengono all'interno di ciascun vissuto dei personaggi, in particolare di quelli femminili. Il termine 'epifania' deriva dal greco 'epifàino', verbo che significa “mi rendo manifesto” e dal sostantivo 'epifàneia', ovvero “manifestazione, apparizione, venuta”. L'epifania, a livello interiore, rappresenta la nascita psicologica, la quale può avvenire solo a seguito della presenza e del riconoscimento dell'altro: soltanto mediante il contatto con chi è al di fuori del mio io posso percepire me stesso e scoprire la mia vera identità. E' ciò che avviene nelle storie esistenziali del libro, come approfondiremo tra poco. L'incredibile, secondo la mia esegesi, potrebbe essere l'atteggiamento di stupore che tutti abbiamo quando incontriamo eventi di cambiamento radicale, chiamati anche metamorfosi o metanoie, per dirla con un termine filosofico: meraviglia che appartiene prima di tutto a chi vive in prima persona la propria mutazione. In campo letterario una 'metamorfosi incredibile', ma in senso negativo, è quella di Kafka che, nel celebre racconto La metamorfosi – appunto - ad un risveglio mattutino si trova trasformato in un enorme insetto ma con intatta la lucidità di pensiero.  Il sottotitolo “Un tuffo in un burrone e un atterraggio in cielo aperto” rafforza e chiarisce i concetti precedenti: il prima e il dopo; dall'inferno al paradiso; dalla caverna di Platone all'aria aperta e quindi dall'inconscio alla coscienza; dal non-essere all'essere; dalla speleologia della vita psichica alla positività degli ideali, dei progetti, degli obiettivi; dal non senso alle ragioni di vita; dalla malattia alla salute; dalle paludi ristagnanti ai giardini profumati; dal vagare in balia degli istinti all'essere sé stessi con forza di volontà e personalità. E mi piace terminare questi stati bipolari con l'immagine più bella della 'conversione': dalla “selva oscura” fino al verso finale della prima cantica della Divina Commedia, “ed uscimmo a riveder le stelle”. Ma abbiamo anche una dichiarazione dell'autrice, la quale in sostanza afferma che i suoi personaggi rispecchiano lei e in lei convivono tratti di tutti loro: scopriamo così le componenti autobiografiche e memoriali del libro (Proust, Alla ricerca del tempo perduto), rese al meglio grazie alla capacità d'introspezione della nostra giovane esordiente, traendo anche dai suoi vissuti e dalle sue problematiche interiori spunti narrativi. Si rinnova, d'altra parte la famosa 'confessione' di Flaubert: “Madame Bovary c'est moi”, che aveva aperto la strada all'interpretazione soggettiva dell'opera letteraria. Ancora merita attenzione la dedica, nell'economia della lettura critica, così esplicita da non richiedere commenti: “A tutti coloro i quali non hanno mai mollato / quando le loro ali sono state tarpate e, / proprio come l'Araba Fenice, sono sempre risorti / dalle proprie ceneri dopo essere caduti / davanti ad un ostacolo”. O meglio, un solo verso lapidario tratto dai Sonetti di Shakespeare: “ … e morta Morte / più non m'accadrà morire”, cioè se elimino la mia morte interiore non sarò un morto vivente, ma una persona veramente viva: questo è uno dei messaggi più forti di Epifanie dell'incredibile.

      Da quanto detto finora è facile intuire che il lavoro della scrittrice appartiene al genere del romanzo psicologico che – nella storia letteraria italiana – vede la luce a cavallo tra Ottocento e Novecento in ambito decadentistico, dopo il passaggio dal romanzo storico tipico del Romanticismo risorgimentale, al romanzo sociale specifico del Verismo meridionale. L'esponente di maggior spicco è quell'Italo Svevo (La coscienza di Zeno – 1923) che fu anche paziente di Freud: il contributo delle ricerche psicanalitiche fu fondamentale, ed infatti ancora oggi – quindi anche in questo libro – l'influsso di quelle scoperte è determinante. Si indaga tutto quel mondo che appartiene alla parte sommersa dell'iceberg, il quale emerge in superficie solo per un decimo della sua altezza: gli altri nove decimi non si vedono ma esistono, eccome, e fanno parte di noi stessi. Narrare – come fa la nostra autrice – la psiche dei personaggi e imbastire trame intorno alle loro problematiche, non è per nulla facile. Infatti è raro riscontrare in una giovane all'opera prima, maturità stilistica e contenutistica tale da rendere sulla pagina scritta vicende e storie – con sfondi ambientali e paesistici spesso lirici – catturanti l'attenzione del lettore, senza il rischio di tediarlo con dissertazioni troppo tecniche. In Epifanie dell'incredibile fa capolino anche l'influsso di Pirandello, soprattutto per le tematiche dell'identità, delle maschere e della vita anarchica e irrazionale che ribolle dentro di noi come un vulcano, ma che nascondiamo perché condizionati dalla morale comune, dalle regole sociali, dalle convenzioni artificiose; viviamo così con una doppia personalità che ci impiglia in ragnatele e cristallizzazioni esistenziali che ci tengono prigionieri, e quindi non siamo liberi. Nel capitoletto dedicato a Lilly, Pirandello viene citato, dunque l'autrice ne è cosciente, ed incontriamo così anche altri personaggi che vivono tali dinamiche interiori.

      Personaggi e trame che il lettore scoprirà da sé nei particolari, mentre in questa recensione vi suggerisco ancora spunti per riflettere, pescando qua e là nel testo denso di significati. Il libro mi ha ricordato il film Ragazze interrotte, tratto dal romanzo autobiografico di Susanna Kaysen: le somiglianze con Chloe, Rebecca, Iris, Bianca, Lilly, Irene stanno nella difficoltà ad essere 'normali',  nei travagli interiori, nelle esperienze traumatiche del passato, nelle memorie confuse, nelle catene intime, in certi tipi di dipendenza, nei problemi della vita amorosa e sessuale, nei condizionamenti familiari ed ambientali, nelle rimozioni ed inibizioni e nei complessi di personalità comunque disturbate. Le differenze – che ci aiutano a capire meglio le tipologie di Epifanie dell'incredibile – risiedono invece nello spessore drammatico e del disagio, poiché le ragazze del film sono ricoverate in una clinica psichiatrica con serie forme di psicosi, mentre le ragazze del nostro racconto hanno sì problematiche psicologiche, ma vivono in società insieme agli altri e, sebbene nel romanzo avvengano un omicidio ed un suicidio, tali episodi non influiscono negativamente sul loro cammino di rinascita, ed è proprio questo uscire dal tunnel che non appartiene alle altre del film, se non a Susanna Kaysen, l'autrice di Ragazze interrotte. Altro motivo interessante, più volte sottolineato dalla scrittrice, è il contrasto tra ragione e sentimento, due poli della costituzione umana spesso in lotta fra di loro e che creano lacerazioni in alcuni personaggi, che sono sempre indecisi, nelle loro scelte, a chi dare ascolto: se alla razionalità logica o all'istintivo irrazionalismo degli impulsi. Un cenno a due figure maschili, in quella che sembra essere una storia di donne, pone il cosiddetto 'sesso forte' in posizione di sconfitta: Harry si costruisce una corazza razionale in cui si chiude per raggiungere le sue mete; vive in un mondo mentale lontano dalla realtà e dagli altri e, quando s'accorge che il suo castello di carte sta per cadere, si toglie la vita, che non ha più per lui alcun senso. Liam, bello, attraente, seduttore, sposato con amanti, non riesce tuttavia a costruirsi un nuovo nucleo d'affetti, interrompe ogni rapporto dopo aver consumato le avventure sessuali. L'autrice lo abbandona per strada, tuttavia è lui il protagonista delle scene più piccanti, raccontate con maestria, eleganza, senza volgarità, sebbene non siano assolutamente usati termini eufemistici. E, a proposito di stile, non trascuriamo lo 'humor' sottile che trovo scorrere in quasi tutte le narrazioni.

     Lo scenario complessivo che Carola Infosini crea è in gran parte dedicato alla condizione delle ragazze nel pieno delle loro crisi. Se ci limitassimo a ciò apparirebbe un campionario di gente che vive la vita in modo epidermico, superficiale; l'immagine di un'umanità alquanto dispersa e sbandata, quindi infelice; ed anche un quadro societario privo di punti di riferimento, modelli, maestri di vita che guidino verso mete ideali, ed in effetti sarebbe un quadro realistico poiché sono note le carenze educative delle nuove generazioni: padri o famiglie assenti, valori ignoti, vita sociale da branco, frustrazioni e mancanza di prospettive. Ma gli ultimi due capitoletti del libro segnano una svolta decisiva: c'è una presa di coscienza verso un cambiamento di vita, spinto dall'insoddisfazione esistenziale. “Chloe, Rebecca, Iris, Lilly, Irene e Bianca hanno iniziato il loro percorso … disponendo di un buon potenziale in ciascuna di esse che … ha in un primo momento faticato ad evolversi ...”: così scrive quando si accinge a realizzare una sorta di bilancio del romanzo, intitolando Da bruco a  farfalla tali pagine e “Che fantastica storia è la vita”- citando Venditti – l'epilogo verso il riscatto. Ora si potrà andare anche più avanti, addirittura alla ricerca della felicità che, certo non sarà semplice come quella di una poesia di Trilussa (“C'è un'ape che se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va … / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa”), ma più intensa e profonda, poiché proveniente dal dolore.


Enzo Concardi

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