domenica 24 gennaio 2021

CLAUDIA PICCINNO LEGGE: "PIZIA NON DA PIU' ORACOLI" DI CARMEN MOSCARIELLO


Carmen Moscariello,
collaboratrice di Lèucade

Pizia non dà più oracoli

Carmen Moscariello

Gangemi editore International

 

Quattro spartiti, accompagnati dalle pregevoli illustrazioni di Lilly Brogi, con prefazione di Dante Maffia e postfazione di Nazario Pardini, per la voce cristallina di Carmen Moscariello. Sottofondo complementare alla sua voce poetica è il suono dell'acqua che come dice Maffia, ci riporta a Bauman e alla liquidità dell'amore.

Un amore che Carmen vive nei riguardi delle figlie e dei nipotini, i cui nomi ricorrono in molti versi, e che abbraccia la letteratura in tutte le sue connotazioni.

Claudia Piccinno,
collaboratrice di Lèucade

Pizia, la sacerdotessa di Apollo che dava i responsi nel santuario di Delfi, simbolo di purezza e prestigio in una società maschilista, rischia oggi di essere travolta da acque agitate dall'umana perversione. Eppure la poesia di Carmen ci riporta a una ricerca di senso, allude alla sorgente purissima da cui sgorga la vita e si fa per Lei , ispirazione continua.

è presso un ruscello che compresi il meglio/ tra il fuoco e l'acqua”

Però Carmen – Pizia sa che a volte l'acqua ha chiuso altre porte o ha bagnato la navata di marmo, e invoca dunque la memoria perchè non ceda all'oblio. Sa che a volte l'acqua di camorra è acqua di morte che ha cancellato prove e verità.

Ella sa bene che in un mondo in cui si vive su un piede solo in eterno squilibrio, occorre trovare dei punti fermi a cui aggrapparsi e uno di questi è la memoria. Compito della poetessa è testimoniare, vedere ciò che altri non vedono, si legga infatti in Responso: Tu sei l'occhio di Dio che parla al mondo.

Un altro punto imprescindibile per elevarsi è la cultura, scrive infatti : “Figlie mie, nipoti miei imparate a leggere, non credete agli avvoltoi”. Come non pensare a Rodari quando scrive: Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo?

Particolarmente commuovente il terzo spartito dal titolo Le lacrime delle donne, in cui appaiono liriche dedicate alla Merini e ad Aldo Masullo. Struggente anche l'ultima poesia del quarto spartito, sezione in cui si narra della pandemia attuale, che è dedicata a Papa Francesco e diventa breviario di vita per tutti i credenti.

Come sostiene Pardini nella postfazione, questo testo si presta a molte chiavi di lettura: naturalistica, autobiografica, psicologica, sociale, umana, esistenzialistica...perciò vi invito caldamente all'acquisto del volume che non solo darà lustro alla vostra biblioteca, ma saprà ingentilirvi il cuore e sollecitare la mente a riflessioni d'ampio respiro.


Claudia Piccinno

 

2 commenti:

  1. Grazie Claudia, grazie Nazario. Un forte abbraccio ai miei Amici.

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  2. Pasquale Balestriere24 gennaio 2021 alle ore 16:00

    Scorrendo le pagine del blog, sono stato colpito dal titolo di questo libro dove, a mio parere - e lo dico sommessamente- , ritengo che manchi un articolo. Chiaro che ognuno può dare a una propria opera il titolo che gli pare più adatto, ma qui, per me, era più opportuno scrivere “La Pizia non dà più oracoli”. Pizia ( in greco Pythìa ), infatti, è la forma femminile dell’aggettivo pythios ( in it. “pizio” o “pitico”) derivante da Pythó (Pito) antica città greca della Focide, che cambiò poi il suo nome in Delphi, dove appunto sorgeva il famosissimo tempio di Apollo e dove quindi risiedeva il ben noto oracolo e anche la Pizia, sacerdotessa di Apollo che dava i responsi. La parola Pizia era un aggettivo sostantivato che indicava l'appartenenza a un luogo; tale aggettivo era originariamente concordato con un termine femminile espresso o sottinteso,, come, per esempio, “profetessa, sacerdotessa” o simili, e indicava un ruolo, una funzione, una condizione. E pertanto, a mio modesto parere, va preceduto dall’articolo, come quando, in italiano, dico “il laerziade, il napoletano, la sacerdotessa, il pitico”; mai pensando di privare queste parole dell’articolo, né tantomeno di attribuire ad esse valore di nome proprio di persona, come mi pare accada nel titolo del libro.
    Tuttavia Pizia è pure nome proprio, anche se raro: così infatti si chiamava la prima moglie del filosofo Aristotele, donna di grande cultura. Ma non era sacerdotessa del tempio delfico e non vaticinava. E nulla aveva a che fare con “la Pizia”.
    Spero di aver espresso con chiarezza la mia opinione. E mi auguro che nessuno se n’abbia a male se l’ho fatto.
    Pasquale Balestriere

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