Valeria Serofilli |
Una rivisitazione originale del mito di Ulisse è quella che emerge dalle due ultime due opere “Vestali” e “Ulisse” di Valeria Serofilli; due testi che, pur nell’individualità della loro sostanza, sono intimamente legati.
Il mito di Ulisse è stato oggetto di
interpretazioni diverse, talora opposte, assumendo al tempo stesso connotati
postivi e negativi, nel corso della storia della letteratura. Se Omero
attraverso l’universo femminile dell’eroe compie un lavoro quasi psicologico
sul rapporto uomo donna con un’attualità che risulta sorprendente, se Dante
sottolinea l’anelito umano alla conoscenza come sfida blasfema contro Dio, se
per Saba il viaggio assume una valenza tutta interiore e per Gozzano l’eroe
diviene inspiegabilmente un edonista libertino, Valeria Serofilli elabora
un’interpretazione più complessa, che attinge dalla propria interiorità,
secondo un approccio originale e moderno.
La dicotomia tra Ulisse e Penelope, che poi è
quella tra l’uomo e la donna, tra la liquidità dell’esperienza maschile tesa
alla ricerca di nuove emozioni e la concretezza femminile concentrata con continuità e stabilità sulla propria missione umana, si sviluppa rispettivamente in
maniera parallela nei due testi Ulisse
e Vestali. Originale è anche la
scelta dei generi letterari adottati, il racconto nel primo caso, la poesia nel
secondo; scelta non immediatamente spiegabile, se non legata all’esigenza
poetica di un maggior coinvolgimento lirico nella figura delle vestali che
rappresenta il paradigma femminile della conservazione dei valori e dei
riferimenti più intimi a cui l’uomo anela alla fine di tornare
Il ritorno:
questa la conclusione
l’unico
possibile finale al nuovo giorno.
In questi due versi sta il significato profondo
delle due opere e nello stesso tempo l’originalità della traduzione del mito di
Ulisse. L’Ulisse di Valeria Serofilli non fugge, non cerca nuove esperienze,
vive con intensità il ricordo e il sogno delle proprie origini, i propri
riferimenti che sono al tempo stesso la sua donna e la sua terra. Non per
niente le due sezioni centrali della raccolta Vestali sono proprio intitolate a Penelope e a Itaca, perché la
donna lontana si identifica con le proprie radici, in definitiva con l’approdo
finale della propria esistenza.
Allora Ulisse e Penelope divengono in queste opere,
ambedue poetiche anche quando si adotta il registro del racconto, categorie
interiori di un sentire comune, di emozioni generate dal contesto vissuto e
sognato di questa terra meravigliosa e stimolante che è la Grecia.
Anche lo stile, il linguaggio, nella loro solarità,
esprimono in maniera sublime e immediata questi contenuti, evocando i profumi e
i sapori mediterranei in una sorta di sinestesia, nascosta, ma intensa e
pregnante.
C’è in queste opere il senso della serenità e del
compiacimento dell’esperienza umana, del rapporto con la natura, che evoca
emozioni da vivere senza il dramma del distacco e della lontananza che il
viaggio può generare, perché come dice la poetessa nell’Ulisse, Il vero viaggio consiste nell’essere di ritorno da ogni dove
senza essere andati da nessuna parte se non dentro se stessi e il proprio
animo.
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