sabato 10 ottobre 2015

GIORGIO CAPRONI: "PREGHIERA"


Giorgio Caproni


Pasquale Balestriere collaboratore di Lèucade

Non sfugga ad alcuno che la lirica “Preghiera” ammicca in modo neppur tanto velato alla canzone “Perch’i’ no spero di tornar giammai” di Guido Cavalcanti, dalla quale mutua il motivo (o l’idea) di inviare qualcosa a (trovare) qualcuno. Nella poesia di Cavalcanti la “Ballatetta” viene spedita genericamente in Toscana dalla donna amata, mentre in “Preghiera” il poeta manda l’Anima con maggior precisione a Livorno in cerca di sua madre Anna Picchi. L’ammicco di cui parlo si esplicita sia per scelte lessicali e riecheggiamenti che riportano alla canzone di Guido (“Anima”, “va’”, “leggera”, ecc.) sia per scelte metriche (ritmo prevalentemente settenario in Caproni, perfetti settenari nella seconda parte di ogni strofa in Cavalcanti) sia per l’impianto sintattico, ma soprattutto per un’aura comune che collega intimamente le due composizioni. Ferme restando ovviamente le diversità tra i due autori. 
L’impressione è che Caproni abbia voluto anche un po’ giocare con il testo antico in una sorta di ambiguità allusiva che si fonde con la serietà del tema trattato, creando effetti doppi e, per questo, stranianti.

Pasquale Balestriere 


GIORGIO CAPRONI

PREGHIERA

Anima mia leggera,
va’ a Livorno, ti prego.
E con la tua candela
timida, di nottetempo
fa’ un giro; e, se n’ha il tempo,
perlustra e scruta, e scrivi
se per caso Anna Picchi
è ancor viva tra i vivi.

Proprio quest’oggi torno,
deluso, da Livorno.
Ma tu, tanto più netta
di me, la camicetta
ricorderai, e il rubino
d’oro che lei portava
sul petto, dove s’appannava.

Anima mia, sii brava,
e va’ in cerca di lei.
Tu sai cosa darei
se la incontrassi per  strada.  

5 commenti:

  1. Questa è una delle poesie più belle, l'idea di inviare la propria anima nel luogo dove non ci si può recare è un'immagine, non solo romantica ma anche piena di tenerezza. Il poeta Caproni, uno dei più grandi del nostro novecento, è riuscito con i suoi versi ad insegnarci l'arte del viaggiare, pur rimanendo nello stesso posto.
    E' stato un grande piacere rileggerla qui su Lèucade
    Un caro saluto
    Francesco

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  2. Rivolgendo parole alla propria anima si ha la sensazione che la voce, (e la mano) di Giorgio Caproni cominci a tremare. Avrebbe potuto nominare in modo diretto la madre nel ricordo dei tempi ch'era giovinetta per indurre ancora più emozione nel lettore, invece il verso recita semplicemente:

    “e scrivi/ se per caso Anna Picchi!/è ancor viva tra i vivi.”

    Con animo luminoso il grande Poeta chiude innocentemente:

    /Tu sai cosa darei/ se la incontrassi per strada/

    Ubaldo de Robertis

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  3. Non sfugga ad alcuno che la lirica “Preghiera” ammicca in modo neppur tanto velato alla canzone “Perch’i’ no spero di tornar giammai” di Guido Cavalcanti, dalla quale mutua il motivo (o l’idea) di inviare qualcosa a (trovare) qualcuno. Nella poesia di Cavalcanti la “Ballatetta” viene spedita genericamente in Toscana dalla donna amata, mentre in “Preghiera” il poeta manda l’Anima con maggior precisione a Livorno in cerca di sua madre Anna Picchi. L’ammicco di cui parlo si esplicita sia per scelte lessicali e riecheggiamenti che riportano alla canzone di Guido (“Anima”, “va’”, “leggera”, ecc.) sia per scelte metriche ( ritmo prevalentemente settenario in Caproni, perfetti settenari nella seconda parte di ogni strofa in Cavalcanti) sia per l’impianto sintattico, ma soprattutto per un’aura comune che collega intimamente le due composizioni. Ferme restando ovviamente le diversità tra i due autori.
    L’impressione è che Caproni abbia voluto anche un po’ giocare con il testo antico in una sorta di ambiguità allusiva che si fonde con la serietà del tema trattato, creando effetti doppi e, per questo, stranianti.
    Pasquale Balestriere

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  4. Che non sfugga ad alcuno....
    Carissimo Pasquale, a nessuno sfugge che interventi come il tuo rendono sempre più prezioso il Blog ideato e diretto da Nazario Pardini. E' un piacere leggerti!

    Ubaldo de Robertis

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  5. Credo che una poesia debba essere sempre un connubio di forma e contenuto e che un autore debba scegliere la forma sulla base del pensiero del momento.
    Qui, Caproni ha scelto, seppure usando in gran parte il verso libero, ma inserendo dei perfetti settenari e delle rime assonanzate, alternate o baciate, di ricalcare la ballata medioevale, come meglio ci ha chiarito il prof. Balestriere. Mmi piace pensarla come la scelta di un autore che in quella forma ha trovato il contenitore adeguato per esprimersi.Quella che in Cavalcanti era la "ballatetta", qui diventa l'anima del poeta che il poeta stesso personifica. Egli vuole scrivere della madre ma ne scrive utilizzando l'escamotage dell'anima che sostanzialmente è il fulcro umano da cui si solleva la poesia.

    Lorena Turri

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