giovedì 1 ottobre 2015

CLAUDIO VICARIO: "INEDITI"

Claudio Vicario collaboratore di Lèucade

Un piccolo canzoniere d’amore in cui i versi si fanno slanci eufonici verso onirici traguardi; abbandoni erotici di plurale e polivalente icasticità, dove la natura, con tutti i suoi contorni visivi, si tramuta in compagna fedele del poeta, dando concretezza agli input emotivi: malinconia, ore che passano, giorni che fuggono, e: “suoni che nascono da un canto lieve,/ che sbocciano in un’oasi di parole sincere”.
  Una poetica fresca, generosa, ricca di patos; una confessione di epigrammatica vicenda che, col ricorso a iperbolici abbrivi, a figure stilistiche di urgente resa poematica, rende il fluire del canto amabile e intonato. Amore vissuto, sognato; amore gentile, vellutato, dai toni neoplatonici, di petrarchesca memoria, in versi nuovi, di quotidianità sabiana.       


Nazario Pardini





In questa notte oscura

In questa notte oscura, senza luce,
ho freddo dentro, gelato il sangue.
Avevo questa notte, solo questa
per i miei sogni, per immaginarmi
accanto a te, per stringerti le mani,
vivere per un attimo di voci remote.
Ti sento distante, non odo i tuoi passi,
cerco il tuo respiro in questo sublime
silenzio, ove si ode l’eco del mare lontano
e spiragli di vita, di luce profonda,
tra i meandri di un’anima smarrita
che non permettono di voltarsi indietro.
La notte apre alla malinconia,
né mai sapremo dove si fermerà.
Scende un’altra ombra su un sipario
dove le ore passano, i giorni fuggono,
la ruota della vita gira tra dolorosi ricordi
di cuori spezzati e di spiriti fuggitivi.
Emetto un leggero sospiro e catturo
orizzonti immaginari per fartene dono.
Vorrei poter cogliere fantasie disarmanti,
carezzare l’onda che si veste di versi
e di suoni che nascono da un canto lieve,
che sbocciano in un’oasi di parole sincere.



Eravamo io e te…

Eravamo io e te,
soli nella notte,
immersi in riflessi
di luci lontane
nel ricordo dell’eco
che viene dal mare
increspato da gocce
profonde di luna
su l’onda, ne l’ombra
dei pini salmastri,
testimoni di piccole
e grandi emozioni.

Eravamo io e te,
su un rudere antico,
ad ascoltare i silenzi
del mondo, vicini,
solitari guardiani
di un magico incanto,
di un’ancestrale
seduzione senza fine
nella notte, complice
di sogni e sospiri,
nuda e spoglia
di cose inutili e vuote.



 Emozioni d’amore

Ti ho attesa a lungo ieri sera,
un saluto e sei volata via.
Ho guardato i tuoi occhi ieri sera
ed ho visto qualche sogno svanito,
un po’ di solitudine, di tristezza, di malinconia
e un gran bisogno d’amore.
Vorrei poter leggere nei tuoi occhi
cose che forse nessuno ha mai saputo leggere,
solo che tu lo volessi,
vorrei poter udire dalla tua voce
parole che forse nessuno ha mai saputo ascoltare,
solo che tu lo volessi,
vorrei accarezzare dolcemente la tua mano
come forse nessuno ha mai saputo fare,
solo che tu lo volessi,
vorrei che tu aprissi la tua anima
per entrarci con l’anima mia
ed essere un’anima sola,
solo che tu lo volessi,
in un amplesso infinito
volando su l’ali d’un gabbiano.



All’antico castello di Montecchio

 

E’ caduta la guazza stanotte

e la nebbia avvolge la valle
in questo ottobre pieno
di colori confusi, di giallo,
di ocra, di verdi tonali,
dopo un’estate mai nata.
C’è una quiete appena sfiorata
da questo mattino d’autunno
e qualche fiore avvizzito
lungo il sentiero che conduce,
tra sbalzi che odorano di muschio,
all’antico castello di Montecchio,
qualche muro diroccato,
nelle crepe nidi disabitati.
L’aria, fresca e leggera,
accoglie i pensieri tra profumi
che aleggiano nell’aria.
Vado avanti in questo mondo
che sempre mi sorprende
tra rami con foglie cadenti,
il fango che si attacca alle suole,
il chioccolio di un ruscello
la cui cascata limpida
si tuffa su un masso muscoso
e il pigolio di un passero
che cerca qualche grano
nei campi ormai brulli.
In questa calma che riempie i vuoti,
rumori ovattati entrano nel profondo
con una ricchezza di note
che raccontano di antiche battaglie
e di percezioni ancestrali,
che parlano in un linguaggio
che è bello ascoltare.








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