lunedì 26 ottobre 2015

NADIA CHIAVERINI: "POESIA STREGATTA"



Nadia Chiaverini: Poesia stregatta. Carmignani Editrice. Cascina (PI). 2015. Pg. 74. € 10.00



La poesia (come una strega o una fata) viene associata all’immagine del gatto- o dei gatti/e della mia vita- emblema di libertà e di mistero (non tutto si può spiegare, c’è sempre un margine d’irrazionalità, di follia, dentro di noi). Come lo stregatto di Lewis Carroll, gatto un po’ magico, che appare e scompare , con un sorriso, qualche volta anche malefico, come lo è a volte anche il fato, o destino, che dir si voglia.
 Si può fare poesia dell’indicibile, del non detto, del significante?  Queste poesie sono l’estremo tentativo di quella ricerca che ho cristallizzato nelle sezioni de “i segreti dell’universo”; non vogliono raccontare fatti o emozioni accadute, vanno oltre, verso qualcosa che si può soltanto intravedere o intuire, senza mai arrivare a scoprire completamente. 

L'Autrice 




Poesia nuova, questa, di Nadia, audace, innovativa, zeppa di abbrivi esistenziali frammentati in azzardi speculativi di catartici flashs immaginifici. Visioni estemporanee, voli sublimanti che vanno oltre il sensibile per agguantare il non detto e tutto ciò che misteriosamente antecede o oltrepassa il pensiero. Una ricerca spontanea e magica. Uno slancio iperbolico, un ardito confronto con la sorte, un tentativo quantomeno improbabile di scavalcare il senso del razionale per scoprirne i lati più nascosti, meno visibili alla percezione umana:

Sorride l’abisso
mentre il fato intreccia i destini                            
e infila il coltello nel ventre molle
come della noce  il mallo.
Urla il silenzio: penetra la
poesia nelle viscere della sera 

Emozioni, schizzi sensoriali, affreschi accennati, inquietudini, lamenti, sgomenti, voci inascoltate o non espresse, il tutto inanellato in rime assonanze e consonanze di stupefacente sonorità:

Ti dono la mia voce
inascoltata
una voce a volte  dolce
o di/sgraziata
una voce per carpire le parole al vento
per gridare lo sgomento
una voce che a volte piange
con un flebile lamento
una voce di passione
che stravolge la mente
una voce per chi sente
ribollire nelle viscere
l’eco del significante

A volte è proprio il suono che si cerca, il ritmo, al di sopra o al di fuori del significante. Tutto ciò che comporta una ricerca meticolosa e attenta, puntigliosa, e neologica del verbo: un linguismo di non comune fattura che si differenzia dalla cifra poetica fin ora espressa dalla Chiaverini. Sta qui la  novità: nel sintagma, nello stilema, nell’essenzialità verbale, e nell’assemblaggio lessicale; l’Autrice va in cerca di una novità fonico-allusiva che abbracci il suo senso del magico e del mistero.

Con la coda dell’occhio
la vedo / appare e scompare
stregatta
acciambellata sulla sedia             
nascosta nella valigia
sopra il letto come un pupazzo
sul pavimento come   un vecchio straccio  (Stregatta).

E quello che veramente colpisce è l’eguaglianza che riesce a creare fra versificazione e spinte emotivo-speculative; spinte che vanno al di là dei canoni sintattici tradizionali, al di là del comune intendere la poetica, per scalare cime che si elevino oltre gli orizzonti terreni. E da là poter osservare lontano i miracoli degli azzurri per agguantare e sciogliere quell’inestricabile anello mancante che inquieta il fatto di essere umani. Un mèlange di concretezza e surrealismo. La poetessa prende spunto dai minimalismi della quotidianità per allungare lo sguardo verso gli occhi dei gatti, che tanto hanno a che vedere con l’inspiegabile:

Quella macchia sulla tovaglia
bianca/  petalo appassito
d'una rosa stanca
d'assorbire il sole l'aria l'amore
per la vita
chissà se ne è valsa la pena
d'averla vissuta
per quell'ombra grigia
che l'accompagna
che forma quella macchia
sulla tovaglia bianca
    
Sì, dalle cose più comuni come una macchia sulla tovaglia bianca, per allargare l’anima, però, al gioco inquietante dei dilemmi esistenziali. Ed è lei ad affermare che: “La poesia (come una strega o una fata) viene associata all’immagine del gatto- o dei gatti/e della mia vita- emblema di libertà e di mistero ( non tutto si può spiegare, c’è sempre un margine d’irrazionalità, di follia, dentro di noi). Come lo stregatto di Lewis Carroll, gatto un po’ magico, che appare e scompare, con un sorriso, qualche volta anche malefico, come lo è a volte anche il fato, o destino, che dir si voglia.”.
Ma se si deve cercare un prolungamento, una continuità ispirativa nella poesia della Nostra non è certo difficile farlo. E tanti i motivi: intanto il suo amore sviscerato per questa antica arte che non l’appiattisce, non la immobilizza, ma la stimola di continuo verso nuovi percorsi, alla ricerca di una verità e forse, ancora di più, di se stessa; poi l’inventiva, e la grande passione che la porta a cercare linguaggi altri che convalidino il suo grande  magma interiore; quindi la sua filosofia di vita: un travaglio continuo, una inquietudine che la spinge a protendersi oltre la precarietà del nostro esserci. Perché questo è il suo sentire: siamo viandanti sperduti, (come direbbe Cardarelli) in una società liquida (come aggiungerebbe Baumann); in lei è presente la coscienza della futilità del nostro essere, del limite del nostro vivere. E non accetta passivamente l’edenica teoria del carpe diem. La sua è una continua meditazione sul rapporto della vicenda umana col tempo. Tutto questo lo ritroviamo in questa silloge di intenti nuovi, ed ermeticamente essenzializzati. Per non dire degli accorgimenti panici di cui la Nostra si serve per dare corpo ai suoi sentimenti ed alle sue riflessioni: il suo è un occhio verso una natura viva e  mai semplicemente bucolica; a una natura che assume sembianze antropologiche e che si inserisce in un discorso di ampia struttura esistenziale:

Appena sente un rumore lei fugge
vaga leggera  come una piuma
nascosta al mondo, sempre in attesa
entra in casa guardinga come un ospite
poi riparte - è primavera –
sono nate nuove farfalle
e la brezza è leggera (Strregatta)
           
Insomma non è azzardato dire che Nadia Chiaverini si ripete rinnovandosi; il suo è un messaggio di perspicua sapidità disvelatrice; un messaggio sulla vita ed il mistero della sua origine e del suo fine; sulle incertezze dell’esistere; un’inquietudine vicissitudinale che deriva proprio dalla sua umanità, e dal suo amore per questo sapido mistero che nasconde il vero, che, al fin fine, è ed è sempre stato un terriccio fertile per la grande poesia:  

Attesa
Al vento porgo l’incavo della mano tesa

Vaga la sera incerta
in cerca d’ una novella

L’ombra che m’insegue
è l’unica certezza


Nazario Pardini




                       
DAL TESTO:

                                                    
        inspiro e ritrovo l’io bambino
leggera d’ispirazione
propensa ad ingravidare parole

mentre un sorriso  s’allarga sulle labbra
senza far caso alle rughe
agli angoli della bocca          

*
Sorride l’abisso
mentre il fato intreccia i destini                             
e infila il coltello nel ventre molle
come della noce  il mallo.
Urla il silenzio: penetra la
poesia nelle viscere della sera 

*
la poesia è una fata ignorante
 non conosce a memoria  citazioni
 vaga pensierosa senza saper di filosofia
solo la vita aspira
e l’immenso suo piacere respira
cabala meteora alchimia


....

1 commento:

  1. Ringrazio Nazario Pardini che ha condiviso ancora una volta i miei versi con una recensione raffinata e sensibile

    RispondiElimina