Maria Luisa Daniele Toffanin: Segreti casentini ed oltre a primavera. Edizioni ETS. Pisa. 2015. Pgg. 32. € 6.00
Una
scalata dalla terra al cielo; verso una cima che può toccare le soglie dell’oltre;
sottrarsi alla materialità del quotidiano; inficiare lo stato di precarietà con
abbracci a colli, piane, albe, tramonti, cromie che richiamano il divino attraverso un’ascensione di odeporica valenza; un percorso di vertigini
paniche, che si risolve in un climax di grande interiorità. Ho avuto il piacere
e l’onore di leggere gran parte della produzione poetica della Poetessa, e
posso dire che il suo amore per la natura non si risolve in un semplice afflato
bucolico georgico. C’è tanto di più in Lei; dacché, - e questo motivo si ripete
nelle sue opere -, le cospirazioni naturistiche che segnano le tappe del suo
viaggio hanno il sapore di un volo etereo, di uno slargo spirituale che fa del
particolare un trampolino di lancio verso un mondo di escatologiche immissioni.
Sì, è da lì che la Nostra parte; dal particolare, da un albero gemmato di
purezza, da una foresta di luce illibata, dall’amore sviscerato per il bello;
per tutto ciò che la circonda; tramutandolo in qualcosa che tanto sa di superlativo
e di eccelso, cosciente, Lei, de”l’empia miopia umana”; cosciente della futilità
del tempo e della vita. D’altronde è umano, fortemente umano cercare con tutte
le nostre forze di svincolarci dal terreno per allungare sguardi al di là degli
orizzonti che delimitano la nostra permanenza; ed è da lì che nascono quesiti e
interrogativi spesso irrisolti per il
fatto di essere umani condannati a vivere in spazi ristretti con
un’anima tesa alle sue origini. E questo è proprio il prodromico avvio della
silloge: un quesito che coinvolge ognuno di noi per la sua polisemica valenza:
elevarci oltre l’empia miopia umana : “in un eterna primavera/ ove si apra a
corolla/ il mistero del vivere”. Sì, il mistero del vivere; quel mistero che ci
rende inquieti e tormentati; quel mistero difficilmente risolvibile date le
nostre deficienze; ma che la Toffanin riesce a intravedere, attraverso una
navigazione fra marosi e scogli; che riesce a perseguire con un faro che illuminerà il tragitto, il
porto della sua navigazione; acque distese, appaganti, riposanti, raggiunte
dopo tempeste e bufere. Tanta umanità in questa silloge, tanta
meditazione, tanta poesia assodata da
versi di euritmica sonorità dove figure
stilistiche modernamente applicate dànno consistenza, unità, chiarezza, e
organicità al messaggio; ad un abbrivo emotivo e contemplativo che trova la sua
concretezza oggettiva in tutte quelle configurazioni paesaggistiche di portata
ontologica: “Segreti casentini ed oltre a primavera” il titolo. Una primavera
che tanto sa di innocenza ritrovata; di pulcritudine floreale di un luogo ricco
di storia, colori, profumi e preghiere, dove:
Così
l’anima sosta in
trame
di simile armonia
a
risanarvi
terra
rugata d’ansia
fuoco
interiore spento. (Trame d’armonia).
Dove:
fragile
magia quasi d’anima
che
la mestizia umana scioglie
in
rivoli di gioia (Fragile magia).
E
dove
Il
cuore s’illumina
come
altro papavero di fuoco
d’improvviso
sorto
da un tronco morto.
(Magiche grafie e umane note).
Un
crescendo di intonazioni umane e sovraumane; una simbiotica fusione fra spazi
naturistici, opulenza verbale-iconografica e potenza epigrammatica; un contesto
dove unità sintagmatiche, scarti semantici, e soluzioni linguistiche di rara
resa poematica si fanno corpo della scalata che si chiude con la risposta al
quesito iniziale:
Sei
tu Presenza paterna-materna
che
ovunque mi solleciti a ri-cercarti
nell’incantata
tua natura
fra
gli spazi delle mie ore
nella
casa della Parola.
E
non sento non vedo
che
mi sei così vicina
mi
cammini sempre a lato
nell’ombra-luce
del tramonto
Tu
con la tua-nostra Croce
stretta
fra le braccia. (Risposta).
Un
inno alla vita; al misterioso suo fascino che la Nostra riesce a far suo
immergendo le trame della natura nell’armonia
del cielo.
Nazario
Pardini
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