Il respiro e il silenzio della
notte
pervadono il mio animo,
m’inebriano di musica celeste
ignota alla mia mente, ormai
lontana
dall’assordante musica terrena. (Il
respiro e il silenzio).
Iniziare
da questi versi significa andare a fondo da subito nell’arte poetica di Giorgina Busca Gernetti: inquietudine, meditazioni educate dai silenzi, rapporto con il tempo,
misura del terreno, invocazioni alla sera, vacillare nei dubbi, interrogativi
sulla sorte, solitudini, pietre tombali dell’uomo sofferente ed incompreso. Un
excursus che dalle dolci illusioni
foscoliane si dilata fino alla poetica negativa degli Ossi di seppia
montaliani; che si lega alla più feconda
tradizione nostrana dove stilemi, zeppi di insoluzioni su questioni terrene e
metafisiche, fanno della natura un corpo simbolico di una concatenazione di
stati d’animo di carattere olistico; universale:
(…)
Scendi
serena, ombra della sera;
restami
accanto nel mio meditare
sulla
mia sorte, nel vagar sull’orme
che
vanno al nulla eterno. (Alla sera).
Poesia
tonica, generosa, ampia; poesia che scava e che con azzardi iperbolici e
potenza iconica ascende a mondi lontani, verso l’alto per sottrarsi alla
materialità del quotidiano; a mondi che sanno di classicità rivissuta o di
riposante rêverie. Giorgina Busca Gernetti
è adusa ad un verseggiare complesso ed armonico dove l’endecasillabo,
potenziato da rattenute di settenari o di versi di misura minore, dà voce alla pluralità
ontologica della sua interiorità. Un verseggiare
che, da vera cascata musicale, abbraccia intenti epigrammatici profondi e
polimorfici; un mondo fatto di azzardi verso l’oltre; verso un’aria dove la sonorità
euritmica del canto e il repêchage di odissaici ritorni, possano alleviare le
inquietudini di una vicenda di dissonanze che il vivere, con tutta la sua
portata, crea in noi piccoli mortali incapaci di un viaggio vòlto a completarci.
Sì, si possono sfiorare le soglie del tutto, ma solo sfiorare, dacché il nostro
essere, impastato di terrena fragilità, non ci permette di allungare il tiro fino
all’eccelso:
(…)
L’animo
fragile nel buio,
nella
penombra del solstizio
d’inverno,
vacilla nel dubbio
della
sua luce. (Solstizio d’inverno).
Ed è così che si soffre del nostro stato; si
soffre del fatto di esistere in frammenti di cielo; e il mondo che ci circonda
è foriero di sottrazioni impensabili, di volti e azioni che noi pensavamo
eterni. E’ allora che si ricorre al memoriale che, solo, ci può rinfrancare col
suo potere rievocativo:
La
stretta del tuo braccio
sulla
mia spalla che forse tremava
calore
e protezione
infondeva
in una fragile foglia
travolta
dalla furia
impetuosa
del vento che rapina. (Ieri).
Ci
creiamo una vita fittizia dove sbocciano fiori di cristallo, prati di giada o
tramonti di pesca a rinvigorire l’onirico; anche se tutto ciò crea una saudade
ed una melanconia di sperdimento esistenziale; un senso ancora più netto del
nostro breve soggiorno, a renderci coscienti della rapacità del tempo:
(…)
I
granelli di sabbia non si fermano.
Non
c’è parola magica
per
interrompere quel flusso tragico
della
vita che fugge inesorabile
verso
un baratro oscuro, un nero abisso.
Abisso
che sprofonda in un abisso. (La clessidra).
Tutto
questo nella massiccia opera in cui la Nostra fa un resoconto della suo
esistere culturale e umano. Una robusta
e meditata immissione di sapore odeporico e riposante; una arrampicata verso le vette della classicità; andata e
ritorno; volo verso tempi, autori,
ambienti, e misure che del classicismo rispecchiano momenti di alta poesia; e
ritorno ad un quotidiano arricchito del sapore della sera; sta qui la ricchezza
del poema della Gernetti; nel suo viaggio terreno, mai pleonastico né
parenetico; spontaneo e equilibrato sorretto dalla plasticità di un verbo
disposto a concretizzare tanto sentire, dacché il retroterra culturale
dell’Autrice si fa motore di arte e vis creativa, lei laureata in lettera
classiche, e innovatrice di soluzioni linguistiche, scarti semantici, e
atmosfere che ricordano Il canto di
Orfeo, Il canto nell’Erebo, l’Acropoli d’Atene o la rocca di Corinto:
Bianche
rovine giacciono silenti
nel
vetusto sacerrimo santuario
d’Eléusi
misteriosa nei suoi riti
per
Demétra, gran madre della terra
bionda
di grano,rossa di papaveri
sbocciati
in primavera, quando torna
dall’Ade
oscuro e lugubre Perséfone
(…)
(Eléusi candida e silente).
Con ciò non vogliamo assolutamente dire che in
queste pagine si ripete pedissequamente l’anima di quella grande storia di cui,
fra l’altro, tutto l’occidente e non solo è debitore. Anzi la Poetessa porta in
sé un substrato storico-vicissitudinale che, formatosi in giovanili tempi, e
rinvigorito continuamente da una fervida passione per una poesia esistenziale
sorretta da argini di robusta tenuta, si fa chiara corrispondenza della sua
filosofia; di una cultura che lievitata in un animo ricco di terriccio fertile,
si affaccia rifiorita, con luce propria, con nuova vitalità; condita ora di
saudade, ora di memoriale, ora di cospirazioni paniche, ora di un certo
pessimismo sulla rapacità di Thanatos (… Resta una via soltanto, senza amore/
né luce: muti scendere nel gorgo) diviene portatrice di una poetica nuova,
intensa, vitale, moderna e di polivalente significanza; di versi che agguantano
il nostro spirito e ci rendono felici:
Echi
da Lesbo
a Saffo dalle trecce viola
Ecco
nel prato le viole che parlano:
dolci
parole sono per gli amanti.
Cogli
l’aulente anéto
o
l’apio verdeggiante sul pendìo;
intreccia
una corona
con
timide violette.
Nell’armoniosa
brezza
si
fondono gli aromi dolce-acuti:
profumo
di parole
nel
dialogo d’amore
(…)
Nazario Pardini
Sono commossa di fronte a una lettura così profonda ed empatica del mio tormentato libro "Echi e sussurri".
RispondiEliminaInfinite grazie, grande Nazario Pardini!
Giorgina
I versi di Georgina Busca Gernetti, come ben evidenzia Nazario Pardini, agguantano il nostro spirito. Sentiamo dentro prodursi il riverbero anche delle cose che appaiono balenanti, o che sono nascoste nelle più riposte pieghe dell'animo.
RispondiElimina“L’animo fragile nel buio, /nella penombra del solstizio
d’inverno, vacilla nel dubbio/ della sua luce.
Complimenti.
Ubaldo de Robertis
Gentilissimo Ubaldo De Robertis,
Eliminail tuo commento è prezioso poiché mi conferma che ho saputo esprimere nei miei versi ciò che avevo nell'animo e nella mente. Raggiungere l'animo del lettore è una grandissima soddisfazione per chi scrive poesie.
Grazie infinite
Giorgina Busca Gernetti