lunedì 5 ottobre 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "ULTIMO TOCCO" DI A. SPAGNUOLO



Antonio Spagnuolo


Antonio Spagnuolo: Ultimo Tocco. Puntoacapo Editrice. Pasturana (AL). 2015. Pgg. 78. € 12,00


Ho paura del rosso che alle ciglia
racconta confusioni del passato.
Ho paura del silenzio notturno
che avvolge le coperte e mi annoda.
(…)
Ho paura perché rimango solo
verso la morte. (XV).

Sta qui la vicenda dolorosa del Poeta. In questi versi che ritrattano a tinte forti, con potenza linguistica, l’ontologica vicissitudine di un canzoniere dedicato alla moglie scomparsa. E confessare la solitudine, lo sperdimento, la malinconia, la saudade, il ricordo di giorni felici, non è certo semplice, senza cadere nel sentimentalismo, dacché lo stesso memoriale non fa che potenziare quegli stati d’animo; non fa altro che creare un mondo fittizio dove le immagini appaiono e fuggono; si assottigliano o si presentano con tale labilità da dirci con chiarezza quanto la vita, al fin fine, giochi a suo piacimento sui nostri sentimenti più forti. E qui si tratta di un amore senza fine, di un amore che coinvolge, con tutta la sua sacertà, il fatto di esistere e di non esistere, di esser-ci e di sparire. E il Poeta lo esprime senza mai cadere nel tramaglio della usualità; nella trappola dei luoghi comuni. A volte il memoriale serve da rifugio, da alcova rigenerante dove potersi sottrarre alle menomazioni di una realtà impietosa. Ed è così che non di rado nella poesia si ripescano colli verdeggianti, primavere di luce, soli cadenti, tramonti di pèsca, sentieri nascosti dove abbiamo fatto incontri indimenticabili e duraturi. E ritornare a quelle immagini che hanno resistito alla rapacità del tempo; covare nell’animo storie che hanno fecondato cromatici abbrivi, significa quasi rivivere; ridare luce a impennate emotive atte a prolungare una vicenda; significa tenere con noi fatti e volti, abbracci e baci, corpi e labbra, zeppi di realtà fittizia, ma generosa di emozioni; capace di lenire patemi esistenziali con la sua coinvolgente icasticità. Ciò che in questi versi non si avvera. Il ricordo per Spagnuolo è motivo di sofferenza, di insostituibile mancanza, di tormento indicibile che lo avvolge e lo addolora in ogni attimo del giorno, attanagliandolo nella paura di rimaner solo verso la morte. Ultimo tocco, il titolo della plaquette. Tocco che nel suo più pieno significato etimologico significa vicinanza, significa affidare alle mani la soluzione di brame d’amore, di desideri di fuoco; toccare significa: palpare, sentire, sfiorare, premere… Ciò che è un afflato spirituale; ciò che è un abbrivo di netta valenza epigrammatica si traduce sovente in un bisogno di carnalità; di erotica valenza che ancora di più ci dice di ultimazione, di “ultimo tocco”:
(…)
Stranito in pause che non fanno storia
sprofondo in sopraccigli
alla scommessa del sesso
dissociando l’ennesima ischemia. (C).

Nemmeno si può dire che Spagnuolo vada in cerca di un qualche rimedio al suo malum; ad un visionario mondo di escatologica natura, dove poter incontrare il suo eterno amore. No! Il Poeta vive la sua vicenda con paradigmatica soluzione; tutto è terreno; tutto è spietatamente finibile; ultimabile e risolutivo in questo nostro spazio ristretto di un soggiorno. Senza rimedi. Ed è così che il suo malessere si accentua e lo chiude in un ambito prettamente umano: “Ripeto in un accordo/ le tue parole prima di dissolvermi”. (F). Due i sottotitoli del testo: uno, eponimo del titolo, di undici componimenti contrassegnati ognuno da una lettera dell’alfabeto; l’altro di 47  da numeri romani. L’opera, complessa e articolata, denota un linguaggio aduso alla meditazione e ad una cultura ampia, frutto di conoscenza e di studio. Un linguaggio che con un disarmante nitore concretizza i molteplici e polivalenti stati d’animo non di rado dai risvolti di drammatica soluzione. Aiuta il tutto una metaforicità di grande impatto visivo che spesso si fa vera e propria allegoria. Ma al Poeta piace anche confessare in prima persona il suo angosciante disagio esistenziale.  

Mi hai abbandonato!
Nel letto che la morte ti ha concesso
il tuo nudo è di marmo rosato,
ed il tempo sembra interrompere
vibrazioni di luce già tradita… (XLVII).


Nazario Pardini

5 commenti:

  1. Una recensione attenta che introduce la lettura di un delicato tocco poetico. Buona lettura. Chiara .

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  2. E' inutile, la critica di Nazario Pardini da qualsiasi parte la si vuole intendere, qualsiasi chiave di lettura vi si voglia dare, è straordinariamente competente e disciplinata da un'attenta analisi dei contenuti, da una interpretazione sintattica e antitopeica di rara essenzialità critica. La ricerca avviene al presente, non va ricercata in prossimità o nei dintorni preposti alla verifica: l'apofonia è una sua rara virtù, una sua eccellente e significante rappresentazione sègnica. Complimenti all'autore per aver prodotto un tale piccolo gioiello, ma altrettanti vadano al critico che ne ha saputo in modo superbo intuire emozioni e commozioni, in assonanze e derivazioni sorprendenti.
    Ninnj Di Stefano Busà

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  3. Grazie a Chiara e a Ninnj,
    per la loro generosità, per la loro vicinanza emotiva e risolutiva...
    Nazario

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  4. Mi unisco al coro, non per piaggeria, ma per constatazione effettiva di un dato di fatto. Le meravigliose poesie sono donate a noi lettori con il corredo dei lemmi di un critico letterario, che va oltre il proprio ruolo. Sente la sofferenza, la nostalgica malinconia, l'esigenza del Poeta di vivere il proprio malum con razionale lucidità e con la convinzione che non esistano rimedi per le perdite subite. Il caro Nazario si spinge nel territorio dell'intima condivisione, della pietas, intesa come 'compassione' nel senso letterale del termine.
    Pagina che ci concede di vivere due doni e di riflettere su entrambi. Grazie al Professor Spagnuolo e al nostro Nazario, traghettatore magnifico!
    Maria Rizzi

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    1. Grazie all'infaticabile Maria, sempre presente e profonda nei suoi interventi.
      Nazario

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