mercoledì 1 maggio 2019

CINZIA BALDAZZI LEGGE: "RIBALTAMENTI" DI FRANCO CAMPEGIANI


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade




Cinzia Baldazzi legge “Ribaltamenti”

Franco Campegiani
Ribaltamenti
Democrazia dell’arché e assolutismi della dea Ragione
Edizioni David and Matthaus, 2017, pp. 174, € 14,90

Cinzia Baldazzi,
collaboratrice di Lèucade

Accogliendo le parole di Nazario Pardini nella prefazione a Ribaltamenti di Franco Campegiani, l’autore

è ligio alla sua filosofia e ne fa carburante per un racconto magistrale, armonico, umano e umanistico, ontologico e paradigmatico, paratattico e oggettivo, apodittico e odeporico-intimistico verso mete di rinascita e di miti. [pag. 13]
                                                                     
Tuttavia, «non è certo un mitologo, quanto, piuttosto, un mitopoieta». Come giungere a tanto? Trasformando il μύθος-mito in «un’attualizzazione personale e vivace, lontano da un orfismo statico e immobile», prosegue Pardini, «vicino a un progetto che fa dell’uomo un essere attore, interprete primo di una natura madre primigenia rigenerata».
Rigenerazione, si diceva. Ma poi, da dove scaturisce? In sé, direi, nell’uomo tra gli uomini, figlio tra i figli di un contesto naturale amico, per il bene di un programma ideale coltivato da un Ente Supremo in cui predomina, citando Campegiani,

l’animismo […], ovvero la coappartenenza dell’anima e del corpo, dell’infinito e del finito, dell’assoluto e del relativo.[pag. 36]

«La struttura del vivente è unitaria», ammonisce il nostro filosofo. Non affiora, però, l’icona di un’humanitas universalistica, indistinta, astratta o astrattiva, poiché tale tipo di universalità risiede, invece, in ciascuno di noi, nell’area privata dell’Ego esclusivo, dove «trova casa il molteplice in una varietà pressoché infinita di sfaccettature».
Rammento, in proposito, gli studi dello statunitense Franz Alexanderin Fundaments of Psychoanalysis (Gli elementi fondamentali della psicoanalisi, 1948):

Abbiamo ragione di credere che inizialmente non esista alcuna distinzione tra il mondo interno e quello esterno. Stimoli e sensazioni appartengono tutti alla medesima categoria, e la differenziazione tra l’io e il mondo esterno avviene solo gradatamente, a mano a mano che l’io si sviluppa.

Una traccia che Campegiani sviluppa da attento osservatore del XXI secolo:

L’individuo deve approfondire la conoscenza di se stesso. Solo così può migliorarsi e affievolire i danni di un ego tutto proiettato nel pubblico, ovvero nel lato esteriore delle cose. Quegli eccessi non si superano facendo ricorso al Noi (sostituendo l’Io con il Noi), perché in tal modo si resta comunque ancorati all’orizzontalità, totalmente immersi nella cultura dell’apparire. [pag. 25]

In realtà ho percepito un’intensa emozione da questo tormento di origine forse kantiana sul rapporto tra individualità e contesto esterno, tema che la dialettica spirituale, archetipica hegeliana (tra l’altro, non dimentichiamo, ignota a Giacomo Leopardi) non ha quietato né oltrepassato. Uno dei suoi maggiori intepreti, Antonio Gargano, così sintetizza a proposito della KritikderpraktischenVernunft (Critica della ragion pratica):

Emerge la visione di un’umanità che vive in una dimensione che non ha niente a che vedere con quella naturale: sembrerebbe che ci sia un’estraneità tra la natura e l’uomo, la natura meccanicista e l’uomo dotato di finalismo. Kant si rende perfettamente conto di questa contraddizione e cerca di sanarla nella Critica del giudizio.

Cosa fare, allora, dell’apparato critico del genio di Königsberg? Nella KritikderUrteilskraft (Critica del giudizio), il filosofo dell’allora Prussia Orientale prova a superare una simile antitesi cruenta, valutando di matrice opposta la natura cieca e gli uomini impegnati a porsi scopi teleologici risolutivi. Quindi, sempre secondo Gargano,

se ritroviamo la finalità anche nella natura la conciliazione sarà avvenuta. Questo è appunto il tentativo che Kant compie nella Critica del giudizio.

Ebbene, in identità-diversità del genere, ognuno elabora esperienze collaudate dall’ambito collettivo, al cui interno convivono - sempre a parere di Pardini - «Caino e Abele, il giorno e la notte, l’ordine e il caos, l’alfa e l’omega, l’Ulisse e il Nessuno». Trapelano le orme della ποίησις-pòiesis filosofica di Leopardi, ospite della poesia mischiata con la vita, πάθος-pàthoscon immagine, imitazioni della φύσις-fiùsisin sé, così come in Ribaltamenti:

L’individuo non è una monade, è un soggetto di relazioni. A partire, però, dalla relazione con se stesso. Se si salta questo primo anello, salta tutta intera la catena relazionale e i contatti sociali si fanno inautentici. Per uscire dalla palude, allora, dal cosiddetto Postmodernismo, dove tutto è standardizzato, dobbiamo iniziare da noi stessi, cercando la nostra essenza, quel pensiero che ci pensa, dal quale siamo pensati e che è, in fondo, il nostro stesso pensiero extracorporeo, sovra-razionale, al di là degli schemi. [pag. 21]

Uno dei percorsi possibili è indicato da Leopardi, nelle ultime righe del Dialogo di Timandro e di Eleandro nelle Operette morali:

Dico, che se ne' miei scritti io ricordo alcune verità dure e triste, o per isfogo dell'animo, o per consolarmene col riso, e non per altro; io non lascio tuttavia negli stessi libri di deplorare, sconsigliare e riprendere lo studio di quel misero e freddo vero, la cognizione del quale è fonte o di noncuranza e infingardaggine, o di bassezza d'animo, iniquità e disonestà di azioni, e perversità di costumi: laddove, per lo contrario, lodo ed esalto quelle opinioni, benché false, che generano atti e pensieri nobili, forti, magnanimi, virtuosi, ed utili al ben comune o privato; quelle immaginazioni belle e felici, ancorché vane, che danno pregio alla vita; le illusioni naturali dell'animo; e in fine gli errori antichi, diversi assai dagli errori barbari; i quali solamente, e non quelli, sarebbero dovuti cadere per opera della civiltà moderna e della filosofia.

Nel paragrafo centrale dedicato alla “Civiltà della terra”, Campegiani attualizza il monito del grande recanatese auspicando il recupero del pensiero prelogico e antischematico degli avi, le visioni mitico-sapienziali delle antiche culture, augurando contaminazioni benefiche e niente affatto nostalgiche di dimensioni contadine e rurali: immagini se vogliamo illusorie, magari storicamente superate («false», «vane», scrive Leopardi), ma da rifondare per strappare l’uomo di oggi all’«incubo di una disperazione totale». Nella postfazione, Sandro Angelucci diffida a considerare tutto ciò «un impossibile quanto utopico ritorno al passato», un «tornare indietro», bensì l’occasione per un «recupero», l’invito ad avviarsi per «una strada non solo esistente, ma percorribile».
Necessario, dunque, il modus proposto da Campegiani, in quanto, nel salto di un paio di secoli, «il villaggio globale dei nostri tempi pone l’una accanto all’altra le varie culture», rendendone così relativi i corrispondenti valori. Offre di certo la chiarezza indiscutibile del cancellare vaghe chimere sulla facoltà di recuperare dati di riferimento categorici in un piano orizzontale proprio della cultura (a lato di tradizione, storia), ma enfatizza un’importante consapevolezza: il relativismo risulterebbe una chance elusa, se non fosse trasformato in concreto spazio d’apertura nei confronti di un’analisi interiore, in linea verticale indirizzata al reperimento di valori assoluti dentro di noi, anzi che nell’aura esteriore circostante:

L’assoluto e il relativo sono piani paralleli, ma distinti e diversi tra di loro. E se si prova a trasferire il parallelo nel parallelo si finisce per fare confusione. [pag. 25]

Nell’affascinante, complessa sistematica di un autore che maneggia con accenti sicuri e personali un vasto vocabolario filosofico, la chiusura è affidata al capitolo “La saggezza atavica”, dove si incontrano Platone e Orfeo, Lao Tzu e Dante, Emerson e Omero, Wittgenstein e Socrate, Eraclito e Petrarca, di nuovo Leopardi e Kant. Per non smarrire la strada, Campegiani invita il lettore a individuare il ruolo dell’input poetico, il suo “farsi poesia” (in sintonia ai canoni del critico Walter Binni), condividendo la riflessione di Nazario Pardini su come «tutto si risolva in poesia», pensiero e sentimento, impulso lirico di parole presenti in solidali unioni di vocabolo-contenuto, significante-significato nella significazione dei versi (ed ecco, nella seconda parte del libro, il ricorrere della figura di Pier Paolo Pasolini).
Per reperirne il messaggio profondo e sincero, seguiamo lo slancio diretto nel cui lavoro la parole poétique si stacca dal caldo impulso vitale e dai doveri umani e storici per ribaltarsi in una vicenda finalizzata a sortire realtà inedite, contribuendo in misura originale, in virtù di tale energia artistica, ad evocare umanità e storicità, inserendosi nella vita intera e multiforme della storia.
Concludo dedicando un prezioso suggerimento,ancora di Binni, all’universo semantico totale di Franco Campegiani, testimoniando e consigliando di leggere Ribaltamenti in una luce

tanto più intensa quanto più artisticamente realizzata, ma tanto più artisticamente profonda quanto più ha impegnato e commutato in arte tutte le forze morali, intellettuali e culturali del poeta, la sua storicità-umanità (storicità riconoscibile come umanità, umanità concreta in quanto storicità): quanto più ricca e profonda tanto più capace di sostenere grande poesia.
A questo punto, rimane solo di augurarvi una buona lettura.

Cinzia Baldazzi

Ringrazio Adriano Camerini per la collaborazione alla stesura del testo.





3 commenti:

  1. Ottima questa lettura di Cinzia di un'opera di creatività filosofica che richiede al fruitore uno sforzo in più: crescere nell'autocritica ma anche nella sensibilità del proprio essere.
    Lei stessa lo sottolinea consigliando in conclusione del suo scritto, dopo averne rilevato le più profonde intuizioni, di "leggere Ribaltamenti in una luce tanto più intensa quanto più artisticamente realizzata, ma tanto più artisticamente profonda quanto più ha impegnato e commutato in arte tutte le forze morali, intellettuali e culturali del poeta, la sua storicità-umanità (storicità riconoscibile come umanità, umanità concreta in quanto storicità): quanto più ricca e profonda tanto più capace di sostenere grande poesia.
    Complimenti,

    Sandro Angelucci

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  2. Sono molto emozionato da questo saggio. Cinzia, da attentissima lettrice, ha colto il nocciolo del pensiero che intendo esprimere, a partire dalla relazione tra l'io e il mondo, che inizia dalla relazione dell'uomo con se stesso, per finire con la riscoperta dei miti, dei sogni e delle favole che racchiudono verità e saggezze straordinarie purtroppo cadute in oblio. Con l'invito, ben evidenziato, a fare di ciò carburante per una vita interiore rinnovata, evitando gli assolutismi che spingono a trascinare il credo individuale sul piano pubblico. Molto grato all'autrice, mi complimento vivamente.
    Franco Campegiani

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  3. Ho trovato molto interessante questa tua recensione Cinzia e mentre ti ringrazio di averla condivisa anche con me, mi fa molto piacere poter rinnovare e rivangare le mie poche ed ormai molto lontane conoscenze filosofiche attraverso i tuoi eruditi richiami.
    Attraverso la tua recensione ho potuto assorbire il travaglio e gli interrogativi dell’autore verso i temi esistenziali che scuotono l’uomo moderno al confronto con la sua coscienza rapportandola con il mondo che ci circonda. Credo sia fondamentale alla comprensione questa tua analisi delle motivazioni che spingono il singolo ad un confronto reale e leale con questo “nuovo mondo” fatto di idee più spinte ed avanzate che ci circonda. Credo che ogni opera che si propone di scandagliare lo spirito e l’interiorità dell’uomo vada accolta con rispetto e curiosità positiva, ma nello stesso tempo è importante trovare analisti preparati che sappiano rendere fruibile a tutti il pensiero e la motivazione enunciata e tu Cinzia sei per noi questo tramite.
    Grazie, un plauso a te ed all’autore Franco Campegiani.

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