venerdì 17 maggio 2019

GABRIELE D'ANNUNZIO: "UN RICORDO"


Un ricordo

Gabriele D'Annunzio

Io non sapea qual fosse il mio malore
né dove andassi. Era uno strano giorno.
Oh, il giorno tanto pallido era in torno,
pallido tanto che facea stupore.
Non mi sovviene che di uno stupore
immenso che quella pianura in torno
mi facea, cosí pallida in quel giorno,
e muta, e ignota come il mio malore.
Non mi sovviene che d’un infinito
silenzio, dove un palpitare solo,
debole, oh tanto debole, si udiva.
Poi, veramente, nulla piú si udiva.
D’altro non mi sovviene. Eravi un solo
essere, un solo; e il resto era infinito.


1 commento:

  1. Mi sono chiesta spesso perchè Gabriele D'annunzio fosse poco amato ai tempi della scuola e anche negli anni successivi, o perlomeno meno amato di suoi contemporanei.
    Ho la sensazione che in poesia si tenda o si tendesse a subire il fascino dei poeti romantici e presentati dalle enciclopedie e dai docenti come meno fortunati, meno superbi, non inclini a imbracciare il fucile e a combattere per scelta. Credo che sull'onda di questa lirica, il "Poema paradisiaco" del 1863, sarebbe interessante aprire un dibattito su questo grande artista del XIX secolo. La poesia presentata, che è un affresco di immagini, smentirebbe la veste superba del Poeta. I versi, infatti, raccontano il dolore, espresso come 'malore' per il diniego di una donna, malore che rende il mondo circostante privo di colori, il tempo privo di senso e il ricordo ossessivo di quell'istante l'unica realtà ossessiva e palpitante. Un ricordo così crudo che trafigge la mente e il cuore e sembra durare un'eternità... Il titolo della lirica sembra avere una doppia accezione: il titolo del Poema e il ricordo di D'Annunzio, del Vate, che scolpiva i suoi versi con rara, magistrale efficacia espressiva e con luminosa musicalità.
    Maria Rizzi

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