lunedì 20 maggio 2019

NAZARIO P. LEGGE: "SE DENTRO TI GUARDI. GUIDO MIANO EDITORE" DI OTTORINO PENDENZA


Si naviga con la fede verso il Porto del

Ristoro nella poetica di Ottorino Pendenza



Una preghiera totale, plurale, proteiforme; una preghiera diretta senza intercessioni; una preghiera al Cielo, alla Luce, di fede di speranza: “Or che m’appresso al celestiale Porto”, “è la preghiera nostra al sommo Dio”, “O mite e benevolo aprile”, “nel Tuo grembo per sempre, Signore!” “… Fa che sia questa sempre/ la nuova “Terra Promessa”, Signore” (Anni lunghi d’angoscia). Un percorso, lungo e tortuoso, fatto di angosce e di ricerca, dove il poeta, con versi di armonica consistenza di endecasillabi e misure accessorie di minore quantità metrica, reifica passione, amore, fede, e speranza di Terre promesse. Il tutto in ritmi eufonici di legami verbali, di abbrivi emotivi esaltati da rime e assonanze di piacevole sonorità. Seguire la poesia del Nostro significa immischiarsi in un tragitto spirituale di potente fattura ontologica, dove le varie tappe equivalgono ad una scalata verso la Gloria; Gloria che deve essere guadagnata attraverso un diacronico travaglio interiore di epigrammatico climax ascensionale. Credo che sia proprio il caso di ricorrere ad una affermazione di un nostro valente scrittore per sottolineare la continuità  espositiva, il filo rosso, il leitmotiv che fa da copyright nella poetica di Ottorino Pendenza: 1)“… plenitudine che si riverbera in un canto “splendidamente monotono”, come sapeva dire, da par suo, Cesare Pavese, della poesia. Perché iniziare da questa citazione? È presto detto: un lavoro che si sviluppa su una tematica monocorde che fa del “Poema” un lavoro compatto e armonioso; organico e lineare, dove oltre a esaltare la grandezza del Cielo, si richiama anche l’uomo a gioire delle quietudini dello spirito: fede, Natura nella sua complessità rivelatrice, esodo, non sono altro che ingredienti che inducono a vagliare il percorso di uno scrittore del Romanticismo francese, che fa di cotali emozioni il trampolino di lancio verso il Ristoro esistenziale; una scalata alla fede di François-René De Chateaubriand (Saint-Malo, 4 settembre 1768 – Parigi, 4 luglio 1848). Ricorrere ad una sua affermazione significa immergersi nella profondità ispirativa  volta a indirizzare  il di lui pensiero alla grandezza del Cielo; ad un Dio che ci vede e ci assiste; ad un Dio che consola e perdona; ad un Dio-Natura che ci chiama al suo nido di bene e di serenità, tramite il Cristianesimo: 2)“Se gli anni fanno macerie, la natura vi semina fiori; se scoperchiamo una tomba, la natura vi pone il nido di una colomba: incessantemente occupata a rigenerare, la  natura, circonda la morte delle più dolci illusioni della vita”. (François-René De Chateaubriand. Genie du Christianisme). E la natura è Dio che attua il suo immenso potere nei lacerti di Pan: 3)“Atala… Harmonie de la religion chrétienne avec les scène de la nature et les passions du coeur humain”. È il richiamo rousseauiano a contaminare il tragitto del poeta romantico, il quale arriva a condannare il gretto razionalismo dell’Illuminismo per giungere alla sua nuova levatura  spirituale: 4)“L’imagination est riche, abondante merveilleuse, l’existence pauvre, sèche.  On habite avec un coeur plein un monde vide, et on est lassé de tout sans avoir joui de rien.”. Da un’analisi attenta delle pièces di Pendenza i punti di convergenza sono soprattutto la spiritualità e il richiamo ad un mondo di fede. Tirare in ballo il pensiero, e il sofferto approdo del transalpino significa aprire le porte alla poetica del Nostro: “… Nell’andare, con gioia, vedrai/ che saldi saranno i tuoi passi,/ e non più, camminando,/subiranno improvvisi collassi./ Tornerà sul tuo volto il sorriso,/ perché nel tuo cuore/ è riemerso più saldo il vigore.” (Se dentro ti guardi). Non è improprio, partendo dalla poesia eponima, rievocare un monito di 5)Sant’Agostino che invita gli uomini  a trovare la verità in “interiore homine” e non “foras”, al di fuori del loro essere. Volendo si potrebbe anche estendere il discorso al grande lirico del periodo augusteo, Virgilio, che nelle Georgiche, IV, 226-7, sembra tessere un filo lungo che conduce ad una visione escatologica dell’aldilà: 6)”Nec morti esse locum, sed viva volare sideris in numerum atque alta succedere caelo – Per la morte non c’è spazio, ma le vite volano e si aggiungono alle stelle nell’alto cielo”, dove l’idea delle vite che si aggiungono alla molteplicità delle stelle, contrasta nettamente con lo spirito del 7)De rerum natura lucreziano, in cui la filosofia epicurea concepisce l’anima disseminata in tante molecole nel corpo, destinata alla fine. uindi i due poeti QQuindi i due poeti credo siano assimilabili per la tensione spirituale che gioca un ruolo determinante nel loro percorso artistico. E se il francese asserisce che 8)“La ragione non ha mai asciugato una lacrima e la filosofia può riempire pagine di parole magnifiche, ma dubitiamo che gli sfortunati vengano ad appendere i loto vestiti al suo tempio” (Génie du Christianisme di François-René de Chateaubriand), il Nostro chiude il tracciato poematico con un sentito anelito: “… Fa, ora, tornare nel cuore/ del popolo afflitto che spera,/ un domani ricolmo di bene/ ed accogli con viva clemenza/ la loro incessante preghiera.” (L’Aquila, 6 aprile 2009), che, intrecciato in perfetti novenari, non tradisce la plurale orchestrazione sinfonica dello spartito.

Nazario Pardini

NOTE

1) Cesare Pavese e La Letteratura americana. Archivum romanicum. 2012
2) Francois-René De Chateaubriand: Genie du Christianisme. Larousse. 1936 
3) P. Castex & P. Surer. XIX Siècle. Librairie Achette. 1950
4) Ivi
5) Sant’Agostino. Le confessioni. Biblioteca Universale Rizzoli. 2006
6) P. V. Marone. Georgiche. Biblioteca Universale Rizzoli. 1983
7) Tito Lucrezio Caro. De rerum natura. Grande Universale  Mursia.  1988
8) Francois-René De Chateaubriand: Genie du Christianisme. Larousse. 1936









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