lunedì 17 novembre 2014

ANNA SANTARELLI: "INEDITI"


La poesia si apparta, abita sentieri umbratili, si nasconde negli anfratti del quotidiano e si svela. È squarcio che si apre in recondita terra e in segreto cielo, e mai si arrende alla luce. Un incipit che fa del canto una diagnosi personalissima e al contempo oggettiva. In fin dei conti cosa è mai questa misteriosa correlazione fra anima e verbo. Questa simbiotica fusione fra input emotivo-esistenziali e fonosimbolismi se non che ricerca di noi attraverso  abbrivi, folgorazioni, e intrecci fono-prosodici che si fanno poièin: comportamenti, pensieri, irrequietezze, fughe oniriche che tanto sanno di aspirazioni mancate o di alcove di edenico riposo. Ed è da là che parte la poesia, dalle minime cose, da una realtà che cerca di nascondere ai nostri occhi le sue insidie; da quella che dà l’idea e il sapore della Bellezza; dalle sue contaminazioni paniche per concedersi a chi sa cogliere lo sguardo di una rosa d’autunno, un palpito del cuore nella tetra materialità del mondo; è da là che parte per slanciarsi verso l’alto, verso la luce dell’universo,  le brume del quotidiano in un azzardo che ci porti oltre quella siepe che delimita i nostri spazi. Dacché è umano volerci svincolare dalle sottrazioni della terrenità per godere di azzurri che ci illuminino; di una luce ambita, ma di cui, al fin fine, non arriveremo mai a  gioire del tutto, considerando gli apodi sguardi del nostro essere terreni; la conflittualità della nostra diatriba pascaliana. E il tutto in un melologo  fra mistero,  passione, sensibilità, sogno, e sinfonie etimo-allusive che accompagna “il pallido volto della luna di malinconia pervaso, e chiama a sé chi si china sull’umile fiore/ di campo e imbocca la via secondaria,/ imperfetta, non forgiata dal desiderio,/ma dalle ali spiegate del tempo”. Poesie queste, di Anna Santarelli, ampie, distese, zeppe di humanitas e vis creativa, i cui versi, con generosità euritmica, sono speculari alle cospirazioni emotive che li generano. Una narrazione di perspicua sapidità esplorativa; di estrema vicinanza al nostro sentire per l’ardore allusivo delle metafore che ampliano con visività i significanti del dettato poetico; dove il prolungarsi di enjambements in una ricerca dell’esistere e del  patrimonio mnemonico-ontologico si traduce in un barlume nella cecità del tempo. Dacché “I poeti lo sanno e per questo  consacrano ogni passo,/ ogni gesto, anche nella cecità del tempo/ riconoscono un barlume, e già lungo/ i viali della notte sentono in cuore/ germogli d’albe nuove”. Una epifanica ri-nascita che fa del buio un chiarore d’albe nuove; che fa della parola “un ponte invisibile,/impastato di mistero, che unisce le rive/d’uno stesso fiume”; che fa della parola quel significato di saudade creativa in cui la Poetessa si ritrova specchiandosi nella voce degli altri;  riconoscendovi un palpito di luce, un incontro di sguardi; quella verità che, mista di dolore e di speranza, affiora tra i versi di un poeta. Ed è ad essa che, alfine, si affida; alla parola, che:

… sa prendermi per mano,condurmi
per contrade vicine e lontane,
oltre questa luce che si sfalda nel manto
del crepuscolo e il sole che ritorna
alle braccia clementi del mare.

Nazario Pardini


S’apparta la poesia

S’apparta la poesia, abita sentieri
umbratili, negli anfratti del quotidiano
si nasconde e si svela.
E’  squarcio che s’apre su recondita terra
e in segreto cielo, mai s’arrende alla luce.

Si concede talora al viandante che attraversa
ogni attimo, nella pienezza della sera
muore e rinasce all’alba del nuovo giorno.
A chi sa cogliere lo sguardo d’una rosa
d’autunno e un frammento del vero,
un palpito del cuore, nella tetra materialità
del mondo.

S’adagia la poesia in un’anima assetata
d’amore e sa essere grembo di parole
che stempera il dolore e altri sentieri
schiude, altre impressioni.

Accompagna chi conosce la fatica
del cammino e ancor più della luce
sfolgorante di mezzogiorno apprezza
il timido raggio di sole che piano
si fa strada nella nebbia, il pallido volto
della luna di malinconia pervaso.

A sé chiama chi si china sull’umile fiore
di campo e imbocca la via secondaria,
imperfetta, non forgiata dal desiderio,
ma dalle ali spiegate del tempo.



I poeti lo sanno

Una stella non è solo un astro, ma fascio
di luce a rischiarare il buio del cuore,
destino forgiato nella creta del mondo,
e la notte mai offusca i passi del tutto,
ma diviene vivida sorgente di sogni.
Un papavero non è solo l’umile rosa
dei campi che presto si spoglia, ma
onda  di fuoco in un mare di grano,
gioia inconsueta sul ciglio della strada.

I poeti lo sanno, tra le righe del mondo
amano leggere, alla fonte del divenire
si bagnano, gemme di grazia colgono
nel macero delle passioni e delle attese.
Nei dirupi dell’anima s’inoltrano
con tutto il coraggio possibile
a raccogliere frammenti di vita
a ricomporre una storia tra le mani.

I poeti lo sanno, consacrano ogni passo,
ogni gesto, anche nella cecità del tempo
riconoscono un barlume, e già lungo
i viali della notte sentono in cuore
germogli d’albe nuove.



E’ allora che mi specchio nella parola d’altri

Scaturisce la parola da un grembo
d’ombre e di silenzi, poi sboccia alla luce
e alla libertà del mondo si consegna.
Incontra lo sguardo distratto dei più,
l’indifferenza che si tinge d’inquietudine,
il solipsismo di oggi.

Ma accade, talora, che un ponte invisibile,
impastato di mistero, unisca le rive
d’uno stesso fiume.
Accade quando mi spoglio d’ogni orpello,
d’ogni costruzione del pensiero,
pretese e miraggi di false simmetrie
abbandono, e l’anima dispongo ad altro canto.
Ad altro ascolto.

E’ allora che mi specchio nella parola d’altri
vi riconosco un’orma, un palpito di luce
che si fa incontro di sguardi, a sfiorare
sillabe di quella verità che dimora
nelle pieghe del mondo e mista di dolore
e di speranza affiora tra i versi d’un poeta.

Da inconsunte radici rinasce la parola
in mille risonanze s’espande
-                   echi di memoria, suggestioni del domani -
in veste di mistero m’avvolge.

E sa prendermi per mano,  condurmi
per contrade vicine e lontane,
oltre questa luce che si sfalda nel manto
del crepuscolo e il sole che ritorna
alle braccia clementi del mare.

Anna Santarelli 







         

1 commento:

  1. Grazie al Prof. Pardini per l'analisi profonda e articolata dei miei testi. Grazie per aver messo in rilievo l'arcano intreccio di esistenza e poesia, di anima e parola, per aver evocato quella ricerca personale che per me si configura come domanda di senso. Grazie per aver ricordato che la poesia nasce nel quotidiano e da qui si proietta verso altri cieli.

    Anna Santarelli

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