Claudio
Fiorentini: Captaloona. Kairòs
edizioni. 2013
Pg. 222. €. 14.00
Un
romanzo zeppo, folto, ammiccante, generoso le cui pagine rivelano la maturità
ispirativa e creativa di Claudio Fiorentini. Tanti personaggi che ruotano
attorno ad un filo conduttore: l’ambizione di correggere le malefatte di una
società piena di magagne a causa di personaggi loschi e senza scrupoli. Il
tutto in una scrittura pulita ed arrivante, in una scrittura fatta a posta per
comunicare sensazioni ed esplosioni intimo-allusive in maniera parabolica, ironica,
reale e surreale, scatenate da una visione effervescente ed utopistica trasferita
nella città di Captaloona; è là che individui strani si mettono nel capo di concretizzare
un progetto straordinario, fuori dal
comune, se si considerano comuni le grandi pecche che commettono i nostri
amministratori nel risolvere problemi all’apparenza tanto semplici : fattorini
malati di call-center adiction, operatori col complesso degli specchi,
architetti con segreti nell’anima, sessuologhe con assistenti transessuali
stupende, boss, assessori corrotti. E
quello che avvince e che stupisce è il mélange fra quotidiano e onirico in un
percorso di perspicua sapidità
disvelatrice. In un percorso di polisemica significanza che tanto vuole simboleggiare,
alla fin fine, quella tragicommedia che ogni giorno viviamo. E dove i fatti, le
scene, i dialoghi sono vòlti a concretizzare la psicologia dei personaggi E’
proprio in questo che l’Autore si mostra di una vivacità rappresentativa
stupefacente. Personaggi dal nome strano, improbabile, ma di una vicinanza tale
alle nostre vicissitudini, alle sottrazioni della società che abbiamo di
fronte, da creare un gioco di ossimoriche dicotomie dal sapore poetico; tanto che ci viene facile riportare a memoria
scene di umoristica melanconia calviniana, tipo contraddizioni marcovaldiane; ed è così che le rocambolesche
contorsioni dell’autore nel creare, e soprattutto nel voler delineare
la realtà sognando, o nell’inventare il sogno constatando, si fanno oggetto di
trascinamento, di sorpresa e di curiosità per il lettore, il quale viene
invogliato a sfogliare il testo pagina dopo pagina. E il tutto per seguire le
mosse del personaggio principale, tale Marc Mullet, che dopo un’assenza da Captaloona, riesce ad avere, da
parte dell’amministrazione della sua città, l’accettazione a partecipare a un
paio di gare d’appalto. Ma non tocca al critico svelare le trame, dacché il suo
compito è quello di trarre considerazioni di pretto carattere letterario,
formale e compositivo. Un romanzo, quindi, in cui l’Autore sembra disperdersi
nei tanti rivoli in cui si dipana la trama. Ma che, al contrario, fa confluire
in un fiume dagli argini prosodici e contenutistici ben robusti e ben saldi da configurarsi, alla fine, in un ensemble compatto, organico, e apodittico. Un andare
ironico e non di rado umoristico, ma anche
spietato nel ritrarre attori umili e frustrati, risucchiati e spersonalizzati
da un mondo che tutto spazza via come un grande mantice. Quindi in questa
narrazione, dai risvolti da vero thriller, dove tutto gioca a porre l’attenzione
su un potere gestito da politici in malafede, ogni lettore può leggere la storia,
o meglio quella di un’attualità per niente edificante che l’uomo contemporaneo sta
vivendo. Ed è da qui che Fiorentini, pur sognando o ironizzando, ci spiattella
una verità deprimente con un sarcastico sorriso sulle labbra. Il fatto è che ce
la presenta con un linguismo tutto suo, fatto di rattenute, e slanci iperbolici,
di invenzioni lessico foniche, e combinazioni ora paratattiche ora ipotattiche,
ma pur sempre con una scrittura nuova e celinianamente innovativa. E non è
facile trovare una lingua adatta a completare tanta energia emotiva. Tanta
urgenza di dire e creare. Un fluire in cui prevalgono sequenze
dialogico-esplicative e narrative su quelle descrittive. Ma pur sempre sequenze
di una narratologia che contribuiscono con il loro potere significante a
rimarcare il ruolo potenziale-introspettivo dei tanti attori della rappresentazione.
Sì, più che di descrizione psicologica qui si tratta di analisi, di vera
analisi psicologica, dacché non è l’autore a dirci o a incanalarci direttamente
verso i diversi caratteri, ma sono i fatti, i dialoghi, i rapporti
interpersonali, le vicende a fotografare le intimità più nascoste degli
interpreti di questo audace e originale romanzo. Dove troviamo l’anima a tutto tondo di
Fiorentini: il pensiero filosofico civile, politico-laico, economico, sociale,
etico ed estetico spiattellato nelle varie situazioni. Come lo si può trovare
in tutte le altre sue opere, comprese le poesie. Ognuna contribuisce in maniera
determinante a rilevarne i vari aspetti. Quelli di uno scrittore polivalente,
plurale, pieno di interessi riversati in molteplici spazi artistici e che, in
definitiva, si coagulano nel manifesto
“Il Bandolo” che rappresenta la sua principale ambizione programmatica, il
sogno di una produzione artistica pulita, vera, svincolata da sovrastrutture
che ne condizionino la resa: niente epigonismi, niente egocentrismi, nessuna
competizione che va a scapito del
messaggio letterario, e a vantaggio di case editrici che giocano sull’ingenuità
di autori disposti a pagare fior di quattrini per pubblicazioni spesso
inutili; e, soprattutto, rivalutazione
del valore creativo tramite la collaborazione
contro lo strapotere degli editori così detti “grandi”. Princìpi che
fuoriescono dalle pagine di questo romanzo, utopistico, se si vuole, ma pur
sempre esemplificativo di un saldo connubio fra creatività, unione di intenti,
e originalità; eliminazione, dunque, di inutili protagonismi, egotismi o
narcisismi. Sta qui la coerenza del pensiero dell’Autore. Certamente non scrive
per dimostrare, ma dimostra scrivendo sotto l’input di una spontaneità che si
fa fiume inarrestabile vòlto a sottrarre la bellezza agli annichilenti artigli
del tempo, e alle stolture di una società in declino.
Ora,
a voi la lettura, dacché vale di più saper leggere che saper giudicare.
Nazario
Pardini
Captaloona destabilizza felicemente il lettore e la letteratura , va sicuramente consigliato all'intelligenza e alla sensibilità , alla gioia del leggere e del crescere .
RispondiEliminaleopoldo attolico -
E' una lettura di immenso valore critico, questa di Nazario Pardini. Claudio ne andrà sicuramente e giustamente orgoglioso e fiero. Io purtroppo confesso di non avere ancora letto "Captaloona", ma conosco ed ammiro la scrittura di Claudio: ironica, onirica, realistica, labirintica, divertente, profonda, incisiva. Un coacervo di qualità che la rendono genialew ed unica, per non dire prodigiosa. Trovo inoltre puntuali le osservazioni e i riferimenti che l'illustre recensore fa al manifesto culturale "Il Bandolo", il cui primo ideatore è stato Claudio, trovando immediatamente nel sottoscritto il più incondizionato sostegno e la più ampia collaborazione.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Claudio! Provo grande emozione nel ritrovarti nella vetrina più prestigiosa che conosco e posto il mio commento:
RispondiEliminaI romanzi, certi romanzi non terminano quando l’Autore mette il punto finale, perché ogni lettore sente l’esigenza di farli propri e di reinterpretarli.
Questi romanzi non si perdono nel lungo tempo, in quanto rappresentano delle tracce scritte lasciate dal narratore sulle battigie delle nostre anime, che nessun onda lunga potrà mai cancellare.
Il trapezista di sentimenti, che vive in Claudio, in “Captaloona” ci insegna che occorre dimostrare ai nostri sogni che vogliamo davvero incontrarli, senza pretendere che essi facciano tutta la strada per arrivare fino a noi.
Inventa personaggi dai nomi improbabili, ma dalle storie probabilissime; Galatea Malaspina, Cornelio Pesto, che conducono esistenze umili, da individui ‘parziali’, come dice l’Autore, ovvero imperfetti, che soffrono per le loro manie e alcuni di loro finiscono per andare incontro al sogno di un solo individuo, l’architetto Marc Mullet, nativo di Captaloona.
Claudio ci introduce nel romanzo allestendo la rappresentazione della società nelle cui vele restiamo impigliati da individui imperfetti. Uomini e donne dagli impieghi modesti, chiusi nelle proprie ‘scatole’, nel caso del testo i call center, in cui lavora Galatea e che rappresentano la mania del fattorino Cornelio, che privano dei rapporti diretti e alimentano l’immaginazione, come d’altronde gran parte del mondo virtuale.
Un puro il nostro Autore mette in risalto quanto la malafede governi inesorabilmente le relazioni umane. L’equivoco diviene, infatti, la condizione quasi perenne in cui vivono i suoi personaggi, come da lunga tradizione drammaturgica..
Captaloona, una città, che in realtà rappresenta un concetto, come scrive lo stesso Claudio, nei ricordi dell’architetto incarna ‘l’isola che non c'è', ma nel tempo si è trasformata in uno dei tanti ‘insediamenti umani dal comune denominatore: la perdita del cuore’ – l’espressione è tratta dal testo -.
Il viaggio dei nostri protagonisti a Captaloona diviene una discesa negli Inferi. La città, in effetti, rispecchia con qualche paradosso, i luoghi nei quali siamo abituati a vivere. Società di tecnologie avanzate e devastanti, di universi virtuali, di pochi scrupoli e poca anima.
Eppure proprio in questo luogo nel quale sperimentano più volte la dolorosa vulnerabilità dei vivi, i nostri protagonisti, insieme a una serie di altri personaggi, che Claudio caratterizza con maestria, prendono atto che il peggiore dei mondi possibili può essere cambiato.
Occorre evitare la trappola del disfattismo.Il nostro Claudio ci dona una grande lezione di idealismo rivoluzionario, che prescinde da ogni fede
politica.
Il Vecchio Saggio, ovvero il Santo Asceta, afferma che coloro che abitano Captaloona e detengono il potere ‘sono come il cemento, come la morte: tenaci, spietati, implacabili… entrano nel cervello, controllano i pensieri, guidano i desideri’ – l’intera frase è tratta dal testo – .
Galilea e Cornelio a Captaloona divengono artisti di strada: lei sfrutta l’ugola d’oro, lui strimpella una chitarra e ci trascinano nel sogno di Claudio, che è costellato di fantastiche allegorie.
Il libro, si legge d’un fiato e nel finale sfuma nel giallo, per cui non ritengo opportuno narrarne la trama.
Captaloona è un flusso inarrestabile di verità più o meno emotive, narrate con umorismo, inteso come attitudine a considerare la realtà sotto aspetti bizzarri e singolari, che muovendo il riso, consentono una più ampia e umana comprensione di essa, e concepite a livello stilistico in modo ineccepibile. Leggendolo ho spesso avuto la sensazione che nel corso delle nostre esistenze preferiamo ignorare le verità. Per non guarire. Per non correre il rischio di divenire quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi!
Maria Rizzi
Ringrazio il professor Pardini e Maria Rizzi per queste belle recensioni, e ringrazio tutti quelli che sono intervenuti, che hanno letto, che leggeranno o che semplicemente si chiedono cos'è mai Captaloona!
RispondiEliminaClaudio Fiorentini