sabato 15 novembre 2014

PATRIZIA STEFANELLI: "SCRITTORE/ASCOLTATORE/LETTORE"

Patrizia Stefanelli


Nelle mie utopie, il concetto di scrittore/ascoltatore/lettore modello = testo in progress . Lavorare assieme alla costruzione di un testo.
L’ idea è quella di un lettore/ascoltatore attivo che dopo aver ricevuto la prima enunciazione di un testo, attraverso l’enunciato stesso, arrivi a suggerire, in un gioco apertissimo e inverso delle parti, il continuum della storia all'autore primo. Il tutto in un rapporto empatico di comunicazione che potrà portare l'autore a concludere il testo come aveva previsto o addirittura a stravolgerlo attraverso visioni altre. I lettori/ascoltatori acquistano così il ruolo autorale e viceversa l'autore primo si produce nell'ascolto e nella lettura.
Partendo dall’analisi strutturalista di Claude Lévi-Strauss ( antropologo, filosofo e psicologo – Bruxelles 1908-Parigi 2009 – ) che dice che un’opera che sia tale deve avere la caratteristica di essere chiusa e non aperta a tutto ciò che le epoche successive possono metterci dentro e che dunque porta tale testo all’analisi oggettiva, possiamo dire che l’intervento interpretativo del destinatario, è messo in ombra.
Secondo il Prof. Umberto Eco, (Alessandria 1932 – semiologo, filosofo, saggista e narratore) invece, un testo richiede la cooperazione del lettore affinché egli compia scelte interpretative, generate dal testo stesso.
La scoperta è la domanda : Che cosa, nel testo e nella sua interpretazione, fa sì che esso produca alcuni effetti e non altri sul lettore?
E’ chiaro che deve essere il testo a condurre, nel piacere di una libera interpretazione, soprattutto a trarre ciò che il testo non dice.
Il mio pensiero:
Ogni testo è intessuto di non detto, così come il nostro parlare di ogni giorno, magari negli intercalari comuni alle diverse culture. Può sembrare strano, ma così come parliamo soprattutto con gli atteggiamenti del corpo che attualizziamo nella comprensione dei segni, anche un testo ha bisogno di cooperazione.
Un testo non può spiegare tutto, ma, una volta che il lettore ne ha preso confidenza, egli arriva ad interpretare l’uso del segno in maniera corretta. Ad esempio : - Sulla montagna il tempo cambiò improvvisamente all’arrivo di Pietro. “ Finalmente sei arrivato! Credo che presto arriverà una bufera, conviene rientrare al rifugio” – disse Luigi preoccupato. Ecco che comincia l’operazione estensionale del lettore. Su quella montagna ci sono due persone, i due sono insieme nello stesso posto.
Ancora: Se Pietro è finalmente arrivato, significa che prima non fosse lì e che Luigi non sia di ottimo umore, visto che la determinazione “preoccupato” lo presuppone.
Il testo, vive delle normali regole di conversazione e non dovrebbe essere troppo ridondante di specificazioni, insomma, chiede che qualcuno lo aiuti a vivere.
Questo qualcuno non è altro che un lettore attivo, cioè un lettore modello. Generare un testo, dunque, vuol dire attuare una strategia di cui fanno parte le previsioni delle mosse altrui. Deve essere in grado di portare il lettore alla scoperta e alla comprensione di situazioni e luoghi che non conosce.
Attualizzazione di un testo = cooperazione del lettore modello verso l’interpretazione più vicina possibile all’enunciato dell’autore.
E’ chiaro che un testo non può essere rivolto a tutti. L’autore sceglie nel codice di comunicazione, nel suo segno, il destinatario. Un buon testo, in tal senso, si muove a costruire un lettore modello con delle indicazioni precise e contribuisce ad una competenza.
Possono esserci testi chiusi, che non lasciano altre interpretazioni se non quella intenzionale e oggettiva e testi aperti che si permettono strategie testuali.
L’autore, si disegna un lettore modello e il lettore, un autore modello. La buona riuscita del rapporto tra i due è la realizzazione, non delle intenzioni dell’autore ma di quelle virtualmente contenute nell’enunciato.
Nel nostro caso, il testo, perde e conquista continuamente nuovi generi e contenuti e il suo successo sarà determinato dall'ascolto tra i protagonisti.
Patrizia Stefanelli



2 commenti:

  1. Il lettore ha un suo ruolo, e quando lo scrittore ha messo il punto finale alla sua opera, deve rassegnarsi, non gli appartiene più. Certo, ha la facoltà di rilavorarla, di modificarla, ma non ha la facoltà di imporre al lettore il proprio sentire. Ho già scritto del codice di trasmissione che è l'opera, che sia musica, prosa, poesia o pittura, pur sempre codice di trasmissione. Guardiamo le macchine che usiamo tutti i giorni, comunicano tramite flussi elettronici o fasci luminosi, ecco, ancora più interessante il fascio luminoso della fibra ottica, è molto debole, l'occhio umano lo vede appena, non ne percepisce le pulsazioni, ma le macchine sono in grado di convertire quel flusso in schermate e suoni. A noi basta cliccare invia, e quello che abbiamo prodotto si converte in velocissimi flussi di luce o in stringhe di bit. Così è per l'artista l'elaborazione di un sentimento profondo: viene compresso in un codice che diventa opera d'arte. Perché quel codice poetico o musicale e non un altro? Perché solo quel codice riassume, racchiude il profondo e altrimenti intraducibile sentimento che vuole rappresentare. Poi la trasmissione è libera dalla nostra volontà. La schermata, il foglio di carta, il suono di un pianoforte... una volta raggiunto il fruitore si ritrasforma in sentimento, e non sta a noi sapere che forma ha nell'altra persona. E' quello che è per lui, non più per noi. La creatività sta nel poter comprimere in qualcosa di comprensibile o percepibile ciò che non è né comprensibile né percepibile all'esterno del nostro essere. Ma c'è anche un altro tipo di creatività, altrettanto significativo, ed è il processo inverso, dove l'arte sta nel poter espandere quel codice per farlo ridiventare moto dell'anima che non è né comprensibile né percepibile all'esterno del nostro essere, e che si può esprimere solo attraverso quel codice. Il fruitore è un artista che fa un lavoro opposto a quello dell'autore.
    Non credo che l'arte abbia molto a che vedere con la voglia di trasmettere emozioni, semmai ha molto a che vedere con la voglia di rappresentare per l'autore stesso ciò che non ha forme né tempo. Attraverso l'arte l'impalpabile si fa vento, aria, voce, suono, movimento, luce...
    Il lettore non potrà tradurre diversamente ciò che ha sentito o recepito, esiste solo quel codice che parla all'anima, quel seme di archetipo che racconta ciò che non è possibile spiegare. L'arte evoca, non dice, risveglia, non spiega, smuove, non illustra. L'arte è costante ricerca della rappresentazione della voce dell'anima. E il lettore ha un'anima che rimane avvolta nel mistero della nostra meraviglia. Quindi il poeta, l'artista cerca di dar forma alla sua voce interiore, e se ne infischia del messaggio, perché ciò che trova è quanto di più profondo lo anima. Il lettore, o più in generale il fruitore, invece recepisce lo stimolo, non il messaggio, perché comunicare con la poesia, con l'arte, non è un insieme di "istruzioni per capire quanto io ho dentro e ti impongo", non è condivisione dello stesso messaggio, ma percezione di un abisso che è in ciascuno di noi. Il fruitore, vive una sua esperienza, e nessuno potrà mai conoscerne il significato perché è quanto di più privato esista, ma allo stesso tempo si potrà condividere l'emozione che l'accompagna perché noi tutti siamo, anche senza saperlo, alla ricerca dell'archetipo, e questo ci unisce.
    Claudio Fiorentini
    Claudio Fiorentini

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  2. La mia utopia, oggi, che realizzo già con i testi teatrali, nell'atto della messinscena, è quella di una scrittura fatta di codifiche e decodifiche, andata e ritorno. Il sentire comune, la percezione dell'ascolto, la diversità di lettura, (al di là del romanzo proposto che vuole essere solo un incipit e lo è, poiché introduce soltanto una storia) porteranno, nella mia idea, ad una cooperazione, che esiste nella naturale lettura solo che, le percezioni del lettore, in questo caso, diventeranno scrittura. Un romanzo che in fine, vedrà molti autori, al tempo stesso lettori. Il risultato di questa operazione, potrà essere buono o forse no. Forse resterà soltanto un'utopia, nel suo senso filosofico e estensionale.Amerei apporti e considerazioni sull'argomento. Grazie infinite a Claudio Fiorentini per aver accolto e pubblicato il mio articolo e al Maestro Nazario Pardini per l'ospitalità nel suo prezioso blog . Patrizia Stefanelli

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