giovedì 27 novembre 2014

FRANCESCO CASUSCELLI: "CRIMINALITA' DOMESTICA"

DA: "PAOLO BUZZACCONI: "UN CIELO BLU"" 

Una poesia che con la leggerezza del verso tocca temi forti e dona armonia ad azioni crudeli che trasformano l'amore in amore criminale. Quanti casi sconosciuti si nascondono negli occhi delle passanti che sfiorano la nostra vita. Per la giornata contro la violenza sulle donne ho preparato una serata con letture ed interventi di donne per parlare di questo triste argomento. Questa preparazione mi ha sussurrato parole e versi che vi propongo:


Criminalità domestica

Il 25 novembre è già passato
le scarpe rosse ritornano nell’armadio del tempo
adesso che attraverso la vita nuda
non ho bisogno d’abiti né di scarpe né del tuo amore
e tanto meno della tua violenza.
Mi hai rubato la vita,
volevi strapparmi l’anima
ma quella non appartiene agli esseri umani.

Ti osservo nel tuo vicolo cieco di rabbia e frustrazione
di sesso mancato e di vessazioni infantili,
hai chiesto di condividere ma con le mani criminali,
dovevi chiederlo col cuore,
ti avrei ascoltato come tutte le mamme.

Io non piango più,
non ho paura dello specchio,
non tremo al suono delle chiavi o dei passi,
in quella stanza l’eco delle grida di dolore
sono depositate nel grigiore delle pareti,
crepe sui muri freddi,
tetri riflessi delle mie rughe.

Ricordi, mi lasciasti tremante accovacciata
in quella non vita di una criminalità domestica
stringevo la mia carne per sparire
e quando tornasti per tagliare quella carne
un ultimo urlo soffocato in gola mi ha salvata
e l’anima è fuggita libera.

Adesso che attraverso la vita nuda
non ho bisogno d’abiti né di scarpe né del tuo amore
troppo sporco di sangue,
perché ora mi sollevo come polvere e vivo nel vento.

Francesco Casuscelli

3 commenti:

  1. Sconvolgente e bellissimo il tributo di Francesco. Paolo ha innescato il dibattito che un tema simile merita. Occorre dire per spronare a dire.
    Oso postare anch'io una novella.


    ONDA ALTA
    Familiare il cigolio delle molle, è diventato quasi un amico il vecchio ascensore.
    Giulia è con gli amici, sta salendo al terzo piano per recarsi in biblioteca.
    Atmosfera di goliardia. Daniele accanto a lei come sempre. Gianni, Renato, colleghi di studi. Ridono.
    Accade tra una risata e l’altra.
    Renato preme il pulsante dell’ ‘alt’ e l’ascensore si ferma. Veloce il giro di sguardi. Daniele sembra sottrarsi, ma cambia velocemente espressione. Ormai è tardi.
    Giulia sente l’aria divenire irrespirabile. Intuisce dalla tensione che sono saltati in una diversa situazione. Non ridono, la fissano. Daniele abbassa gli occhi, serra le mascelle. I libri vengono posati per terra tra i mozziconi di sigarette. Non hanno visi da amici quegli uomini brutali.
    Renato e Gianni in pochi istanti le sono addosso, la immobilizzano contro la parete di fondo dell’abitacolo
    Una mano grande, profumata di sandalo, le copre la bocca.
    Stringeva quella mano nel giardino dell’asilo; la stringeva nei banchi delle elementari e al liceo: la mano di Daniele.
    Gli aliti delle nuove persone emanano un odore acre.
    Viltà su viltà. Hanno avuto bisogno di fumare erba per sbatterla contro la parete di metallo.
    Tenta di dimenarsi… All’odore di marijuana si aggiunge quello, ancora più aspro, di sudore. Ritrova la vista, inciampa nelle iridi chiare di Daniele. Sembra a disagio. Allora perché? Per il branco. L’uomo sa trasformarsi in gruppo, da solo abbassa le difese.
    Mani di fuoco frugano il suo corpo, abbassano i jeans, stracciano le mutandine. Saltano i bottoni della camicetta. Il piccolo seno viene morso, graffiato.
    Nessuno chiama l’ascensore?
    Giulia perde la nozione del tempo, potrebbe essere passato un minuto, per lei si sta srotolando l’eterno. Il suo fiore di donna asciutto, viene vandalicamente violato da Renato e Gianni. Daniele non partecipa alla barbarie, se non tenendole la mano premuta sulla bocca.
    I pensieri si frammentano. Subisce inerte. Sente che la rivestono con furia. Parole viscide le intimano il silenzio. Appena arrivati al piano-terra Renato si ferma a dare spiegazioni sul guasto: il tasto dell’allarme era bloccato.
    La gente va di fretta, non si sofferma sui loro modi agitati. Spesso conviene fermarsi alle apparenze.
    La giovane viene spinta verso l’androne dell’Università.
    Rimane seduta sulle scale dell’Istituto. Un’onda la folla, va, viene, sale, scende.
    Fortissimo il dolore al ventre. Più forte l’altro male.
    Era tutto premeditato. Daniele ‘il palo’ dello scasso alla sua gioventù. Senza violare il suo fiore ha concesso agli altri l’immunità.
    Renato le ha ordinato di tacere con taglio di vetro tra i denti.
    Non ha paura. Schifo, orrore, non paura. In tre si sono sentiti lupi, dimenticando la legge degli animali: si accoppiano quando la femmina è in calore...
    La donna che varca la soglia di casa ha perso la luce dei vent’anni.
    I genitori l’ascoltano raccontare. Le credono subito. La presenza di Daniele non avallo della loro innocenza, aggravante della colpevolezza.
    Viene accompagnata in ospedale: dinanzi all’assistente sociale dà un primo resoconto. Ha i brividi, sente l’onda alta tornare, sommergerla. Inizia a gridare con tutto il fiato, a piangere come da piccola, all’asilo... Daniele la doveva consolare.
    Daniele… così vile da sacrificare un’amicizia lunga una vita sull’altare del branco; così patetico da assistere allo scempio e da credere di salvare la coscienza evitando di slacciare i pantaloni.
    Giulia si calma, prende fiato, precisa i particolari: l’hanno violentata a turno: Daniele per tre volte!
    Stremata si stende sul lettino raggomitolata sul fianco e, conchiglia senz’anima, si assopisce tra echi di dolore.
    Maria Rizzi

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    1. violenza di veri fatti di cronaca che lasciano segni indelebili sulla pelle e nel fondo dell'anima.
      Grazie Maria per questo racconto/testimonianza.
      Francesco

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  2. Caro Francesco, il racconto non è autobiografico... ma ha comunque valenza di denuncia. Ti ringrazio.
    Maria Rizzi

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