da
E SORTONO LIEVI I PROFUMI
di
Nazario Pardini
http://nazariopardini.blogspot.it/2014/10/n-pardini-e-sortono-lievi-i-profumi.html
E
sortono
lievi
i profumi nel giorno
che
esplode le gemme. Le ho viste improvvise;
sui
cespugli le penombre vesperali
mi
appaiono di già chiari segnali
di
un’ora che volge alla fine.
I
gridi che schiusero l’alba si sono
zittiti
d’incanto.
Mi
resta soltanto la sera chiazzata da fughe di voli
e le
gemme che tingono il rosso
di
bianca innocenza.
Ma lo
stormo di passo nel blu
annuncia
la notte. La gioia del meriggio
si
strugge nel suono di un passo:
il
solo rumore che resta.
I
profumi che sciorano nelle sere di aprile
non
sono che immagini svelte di vita:
apparire
frizzante di foglie
azzurrarsi
odorato di cielo
marcire
autunnale di spoglie.
Nazario
Pardini
Ho
letto con interesse i lusinghieri commenti pubblicati da chi mi ha preceduto:
la stupenda lirica di Nazario Pardini suggerisce al lettore attento motivi di
dotte riflessioni.
Io
cerco di scavare ancor più nel profondo per individuare eventuali matrici
filosofiche celate nei versi.
Nel
perpetuo concretizzarsi dei fenomeni naturali, superbamente dipinti dalla penna
dell'autore, vengono alla luce pulsioni di universo che – nella loro ciclicità
– somigliano al percorso della vita umana e sperimentano il concetto dell'
“immanente” (tutto ciò che risiede nell'Essere e possiede un principio e una fine
propri): i “gridi” dell'alba vanno a zittirsi d'incanto sul far della sera, la
“gioia del meriggio” declina e “si strugge nel suono di un passo”, l' “apparire
frizzante di foglie” digrada verso un “marcire autunnale di spoglie”.
Annie
Besant, illuminata esoterista inglese, asseriva con convinzione che “Dio è
dappertutto e in tutto” e in questo Credo troverebbe giusta collocazione la
lirica di Pardini, allineata al principio che regolamenta le “immagini svelte
di vita”: Dio, in quanto supremo artefice di ogni cosa – terrena o celeste,
reale o trascendentale – si accosta all'origine e alla fine di ogni esistenza.
Ma
qui mi fermo: oltrepassando la soglia delle speculazioni panteiste (o di altre
correnti di pensiero che indagano tra il Divino e il Mortale) rischierei di
togliere alla lirica quella veste candida che la rende monda e affrancata da
ogni congettura dottrinale: “i profumi che sciorano nelle sere di aprile”
sorridono alle leggi naturali e ai segreti dell'universo; i “chiari segnali di
un'ora che volge alla fine” non temono leragioni dell'intelletto o le verità
del razionalismo.
Nei
versi l'Anima è vigile, ben presente, palpabile, ma il Pensiero cosciente si
accosta alla Creato, si fonde con i suoi elementi, si incammina all'alba e si
eclissa al tramonto tra “fughe di voli”.
Quello
di Pardini è un Eden abitato dalle meraviglie di preziose metafore e radiose
visioni; il canto del poeta assimila sussurri e suoni del mondo e “il solo
rumore che resta” è la voce impercettibile dell'Infinito.
Roberto
Mestrone
Commento di grande sagacia e sensibilità introspettiva. Le parole si succedono con generosa perlustrazione dei versi ed aggiungono quel più che solo un attento critico può offrire. Complimenti all'esegeta.
RispondiEliminaProf. Angelo Bozzi