Lino D'Amico |
Lino D’Amico: Parole… poesia… forse… Tipografia Destefanis M. T. Beinasco (TO).
2015. Pg. 130.
Poesia
spontanea, che, avvolta da un alone di semplicità, e da intenti di urgente
comunicazione, si distende su uno spartito di plurima significanza. Di forte
allusione alla caducità della vita. Non mancano
guizzi di metaforicità a fare da scavo ai quesiti del nostro esistere; a
volgere sguardi verso panorami privi di silenzi sciapi. Ed è così che i sogni,
le illusioni, le delusioni, le rievocazioni, il patema del tempus fugit, e il
senso del mistero che ci avvolge si sciolgono in inquietudini esistenziali di
generoso impatto emotivo. Di un impatto in cui i palpiti di un alitar di brezza, la notte, i
diafani petali di luna, il brivido dell’autunno, e il ricordo dell’ultimo sole
d’estate si traducono in visive concretizzazioni di sapidità umana. In un malinconico silenzio
che, scorrendo nel sottofondo delle poesie, coniuga speranze smarrite a melodie
che hanno sfumature d’infinito. E anche se nel correre delle stagioni
riaffiorano sogni ed emozioni di antiche primavere, “il giorno evapora nel
nulla/…/ oltre il sussurro di un volo di ricordi”.
DAL TESTO
Sul declinar del tempo…
Sul declinar effimero del
tempo,
il giorno accelera il suo
andare,
pochi, i profumi speziati di
primavera
e qualche rimpianto celato nel
cassetto
Vorrei fermare il gocciolar
dell’attimo
nel tenue effluvio dell’alitar
di brezze
e parlare, senza proferir
parola,
al di là della soglia del mio
dire.
Vorrei vagare, rovistando nel
mio Oltre
e cercare panorami privi di
silenzi sciapi
che partoriscono, distratti, i
sogni,
trangugiati, forse, senza
masticare.
Vorrei frugare tra frammenti
di mistero,
attore… non guitto, e recitare
a braccio
sul palcoscenico delle
emozioni
nella regìa di liberi ideali.
Vorrei… ma forse non è più il
tempo…
vorrei… a ché altri potessero ricordare…
Il margine della sera
Sospese sul margine della
sera,
le palpebre del cielo piangono
il giorno
che, via via, si tinge del
colore della cenere.
Io dismetto l’abito buono dei
miei sogni
e li affido ai palpiti di un
alitar di brezza,
per cercare,
nella notte, diafani petali di luna
per poter cogliere il brivido
dell’autunno
ricordando l’ultimo sole
dell’estate.
Nel correre imprevedibile
delle stagioni,
fluttuano
briciole che schiumano echi di ricordi
e nel groviglio di parole,
sogni ed emozioni,
le ombre danzano in uno spazio
orfano di colori
fra il gracidare di
ranocchie indifferenti,
il monotono frinire di cicale inoperose
e rosse stelle di mare
intrappolate,
impotenti, sul limitar del
bagnasciuga,
dopo violenta mareggiata
estiva.
Bolle di sapone
A volte il giorno evapora nel
nulla
tra le pieghe di un tempo
caduco,
e corre al di là del ciglio
del passato,
oltre il silenzio di un oblio
lontano,
oltre il sussurro di un volo
di ricordi.
Ascolta voci orlate di
malinconia silenziosa,
accarezza ovattati rimpianti di velluto,
dove un refolo volubile
scandisce l’attimo
nel bagliore policromo di un
lampo
di una fuggevole speranza
smarrita.
Note che non hanno l’accordo
dei sogni
trascinano passi orfani
d’impronte
in una melodia che ha sfumature
d’infinito,
e diluisce, via via, il sapore
delle stagioni
racchiuse dentro effimere
bolle di sapone.
Lino D'Amico
Ritrovo, introdotte dalle magnifiche parole del Professor Nazario, le liriche dell'Amico Lino e mi soffermo con piacere su alcuni loro aspetti particolarmente interessanti. Rappresentano una conturbante testimonianza della solitudine dell'uomo contemporaneo:
RispondiElimina"Sul declinar effimero del tempo,
il giorno accelera il suo andare"
Una solitudine che si srotola dal personale all'universale, avvolgendo l'umanità in un sudario di saudade. Le immagini hanno un'indole climatica, atmosferica, ma anche familiare, sentimentale. L'autore si può senz'altro definire immaginifico e teso a un'insolita varietà di modulazioni. Ma la sovrabbondanza non é mai una tendenza all'eccesso, che sbilanci i singoli versi.Lino é molto attento alle armonie foniche, semantiche, ritmico - sintattiche: in particolare a un uso incantatorio dell'iterazione. Egli ripercorre le atmosfere che ha abitato, i luoghi che l'hanno accolto, con accenti dolci, flautati:
"Note che non hanno l’accordo dei sogni
trascinano passi orfani d’impronte
in una melodia che ha sfumature d’infinito,
e diluisce, via via, il sapore delle stagioni
racchiuse dentro effimere bolle di sapone".
I cinque versi riportati hanno sapore intenso e compiuto. E la sua voce, che racchiude una sorta di bilancio esistenziale, ha toni dolorosi e sembra esprimere il timore di non poter rivivere la stagione delle speranze e delle utopie. E' voce paragonabile a un canto appassionato e commosso, che scuote le fronde d'ogni cuore e induce a profonda riflessione.
Ringrazio il Poeta e il Grande Nazario...
Maria Rizzi