giovedì 5 novembre 2015

LINO D'AMICO: "PAROLE... POESIA... FORSE..."



Lino D'Amico





Lino D’Amico: Parole… poesia… forse… Tipografia Destefanis M. T. Beinasco (TO). 2015. Pg. 130.

  
Poesia spontanea, che, avvolta da un alone di semplicità, e da intenti di urgente comunicazione, si distende su uno spartito di plurima significanza. Di forte allusione alla caducità della vita. Non mancano  guizzi di metaforicità a fare da scavo ai quesiti del nostro esistere; a volgere sguardi verso panorami privi di silenzi sciapi. Ed è così che i sogni, le illusioni, le delusioni, le rievocazioni, il patema del tempus fugit, e il senso del mistero che ci avvolge si sciolgono in inquietudini esistenziali di generoso impatto emotivo. Di un impatto in cui i  palpiti di un alitar di brezza, la notte, i diafani petali di luna, il brivido dell’autunno, e il ricordo dell’ultimo sole d’estate si traducono in visive concretizzazioni di  sapidità umana. In un malinconico silenzio che, scorrendo nel sottofondo delle poesie, coniuga speranze smarrite a melodie che hanno sfumature d’infinito. E anche se nel correre delle stagioni riaffiorano sogni ed emozioni di antiche primavere, “il giorno evapora nel nulla/…/ oltre il sussurro di un volo di ricordi”.


DAL TESTO

Sul declinar del tempo…

Sul declinar effimero del tempo,
il giorno accelera il suo andare,
pochi, i profumi speziati di primavera
e qualche rimpianto celato nel cassetto

Vorrei fermare il gocciolar dell’attimo
nel tenue effluvio dell’alitar di brezze
e parlare, senza proferir parola,
al di là della soglia del mio dire.

Vorrei vagare, rovistando nel mio Oltre
e cercare panorami privi di silenzi sciapi
che partoriscono, distratti, i sogni,
trangugiati, forse, senza masticare.

Vorrei frugare tra frammenti di mistero,
attore… non guitto, e recitare a braccio
sul palcoscenico delle emozioni
nella regìa di liberi ideali.

Vorrei… ma forse non è più il tempo…
vorrei… a ché altri potessero ricordare…


  
Il margine della sera

Sospese sul margine della sera,
le palpebre del cielo piangono il giorno
che, via via, si tinge del colore della cenere.

Io dismetto l’abito buono dei miei sogni
e li affido ai palpiti di un alitar di brezza,
per cercare, nella notte, diafani petali di luna
per poter cogliere il brivido dell’autunno
ricordando l’ultimo sole dell’estate.

Nel correre imprevedibile delle stagioni,
fluttuano briciole che schiumano echi di ricordi
e nel groviglio di parole, sogni ed emozioni,
le ombre danzano in uno spazio orfano di colori
fra il gracidare di ranocchie   indifferenti,
il monotono frinire  di cicale inoperose
e rosse stelle di mare intrappolate,
impotenti, sul limitar del bagnasciuga,
dopo violenta mareggiata estiva.



Bolle di sapone

A volte il giorno evapora nel nulla
tra le pieghe di un tempo caduco,
e corre al di là del ciglio del passato,
oltre il silenzio di un oblio lontano,
oltre il sussurro di un volo di ricordi.

Ascolta voci orlate di malinconia silenziosa,
accarezza ovattati  rimpianti di velluto,
dove un refolo volubile scandisce l’attimo
nel bagliore policromo di un lampo
di una fuggevole speranza smarrita.

Note che non hanno l’accordo dei sogni
trascinano passi orfani d’impronte
in una melodia che ha sfumature d’infinito,
e diluisce, via via, il sapore delle stagioni
racchiuse dentro effimere bolle di sapone.

Lino D'Amico










1 commento:

  1. Ritrovo, introdotte dalle magnifiche parole del Professor Nazario, le liriche dell'Amico Lino e mi soffermo con piacere su alcuni loro aspetti particolarmente interessanti. Rappresentano una conturbante testimonianza della solitudine dell'uomo contemporaneo:
    "Sul declinar effimero del tempo,
    il giorno accelera il suo andare"
    Una solitudine che si srotola dal personale all'universale, avvolgendo l'umanità in un sudario di saudade. Le immagini hanno un'indole climatica, atmosferica, ma anche familiare, sentimentale. L'autore si può senz'altro definire immaginifico e teso a un'insolita varietà di modulazioni. Ma la sovrabbondanza non é mai una tendenza all'eccesso, che sbilanci i singoli versi.Lino é molto attento alle armonie foniche, semantiche, ritmico - sintattiche: in particolare a un uso incantatorio dell'iterazione. Egli ripercorre le atmosfere che ha abitato, i luoghi che l'hanno accolto, con accenti dolci, flautati:
    "Note che non hanno l’accordo dei sogni
    trascinano passi orfani d’impronte
    in una melodia che ha sfumature d’infinito,
    e diluisce, via via, il sapore delle stagioni
    racchiuse dentro effimere bolle di sapone".
    I cinque versi riportati hanno sapore intenso e compiuto. E la sua voce, che racchiude una sorta di bilancio esistenziale, ha toni dolorosi e sembra esprimere il timore di non poter rivivere la stagione delle speranze e delle utopie. E' voce paragonabile a un canto appassionato e commosso, che scuote le fronde d'ogni cuore e induce a profonda riflessione.
    Ringrazio il Poeta e il Grande Nazario...
    Maria Rizzi

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