domenica 1 novembre 2015

PAOLO LAGAZZI SU "LA TRIBU' DELL'ECLISSE" DI GIULIA PERRONI







Giulia Perroni



La tribù dell'eclisse di Giulia Perroni  FRAMMENTI BAROCCHI E FIGURE FIABESCHE   di Paolo Lagazzi

Giulia Perroni La tribù dell’eclisse Passigli, pag. 176, 20,00

Commento di Paolo Lagazzi

Il nuovo libro di Giulia Perroni, La tribù dell’eclisse (Passigli, 2015), è un testo in fuga, un precipizio di immagini che si cercano, si corteggiano e schivano, un vortice liquido di versi che si compongono e scompongono a perdifiato per evocare qualcosa che incombe e sfugge come l’impossibilità di accostare tra loro bellezza e male, coraggio e ferocia, amore e morte, follia e grazia. Infiniti echi di vita vissuta galleggiano tra figure fiabesche e grumi sanguigni, tra ipotesi mitiche e schegge di battaglie insensate. Come una galleria di ricordi risvegliati da frenetici dolori, il testo vacilla, si arriccia, si ritrae in se stesso, s'indurisce poi si annebbia, si disperde in «granelli di brezza», genera rivoli di immagini che scivolano in altre immagini debordanti come riflessi di specchi, nubi gocciolanti, fantasmi del tempo, sguardi ebbri, paradossi, sberleffi. Introducendo l’opera con eleganza, Marcello Carlino ne riconduce le invenzioni ai «frammenti barocchi» di una Sicilia «che è terra reale, ma è pure paese dell’anima e sta per ogni luogo, luogo-non luogo della casa dell’essere e di una ferita che non si rimargina». Molti anni fa Attilio Bertolucci scrisse l’introduzione a una delle prime raccolte di Giulia Perroni, ma la voce della poetessa si è sempre più allontanata, nel tempo, da quella del maestro di Parma. Forse qualcosa della lezione della «Capanna indiana» e della «Camera da letto» ha continuato a innervare questa ricerca: il bisogno di aprire il respiro della lirica al passo largo dell’epica. Ma «La tribù dell’eclisse» è l’espressione di un’epica polimorfa e magmatica, assediata dall’eclissi del senso, refrattaria alle misure e ai giudizi. Se il passo del Bertolucci della Camera da letto è quello del rêveur, capace tanto di abbandonarsi al movimento della vita quanto di orientare il proprio sguardo, di nutrirlo di attenzione e pazienza, il ritmo dell’autrice di questa «tribù» di versi è quello dei sogni in cui il filo narrativo si smarrisce di continuo, si perde fra tracce di storie che restano vaghe, erratiche, fluide, sospese. Forse il modo più proficuo per leggere il libro è di concentrarsi sui suoi frammenti più luminosi, sulle sue tarsie più intense; penso ad esempio a un distico come questo, solenne e icastico come certo Ungaretti: "Anima mia conducimi in quel punto / dove è più mia la forza della notte".


estratto da La tribù dell'eclisse
Mestieri di re e regine un sogno di cristallo
una rupe un deserto una prigione
un fascino tranquillo un grido un suono
di collera e violette

C'era un destino un ramo pazzo
una luce più forte delle stelle
un giardino inoltrato di scintille
un falco con la luna

Come udire quel suono?

e nel suo ghigno un candore acutissimo
una fretta di farfalle geniali
e nei più santi le notti con le pietre
un dolce andare un viavai strepitoso

C'era il mare l'albedo irraggiungibile
C'era il mare degli angeli la luce
del sogno verde di curiosa stella

Nel mare ineguagliabile

Nel mare

Io feci un giro estremo nella folla dei miei pensieri
a un angolo preciso nel riposo di foglie acquartierate
nell'estremo disagio del languore

ebbi un sussulto per dire basta a ciò che non cantava

La natura era intensa nelle mani di un vibrare celeste
ed il cuore ed il mondo inorgoglivano
si facevano impero tra le stelle
la natura e lo splendido certame
del cuore che è in faville

Ogni vibrare è specchio

e si confonde nel mistero soavissimo che incontra
la natura e la storia

Il vento è un'arpa e gli risponde l'eco

Gli risponde anche un pianto dolcissimo

*

O un immobile destino in cui penelope verdeggia

Omero avrà una tomba sotto la melodia degli uccelli
anche quando Venezia turberà la sua musica
e quando la formella non dipingerà più il suo impeto
l'istinto sa che ci si incontrerà nella vibrazione della frivolezza
nell'occhio dato di sbieco al foglio che rovina il mandato
per una buccia esausta di desiderio

Io ricordo un viale
e un fiacre fermo nel viale
e mia zia morta giovane in quella carrozza
eternamente immobile nel silenzio dell'ora
e quasi pioggia nel cielo

Nell'acronia si incontrano le forme i personaggi il sole
la nebbia iridescente in cui si ignora anche quelli che vissero

Come sei alto e candido e in quanto inconoscibile
come amico del vento e del mio cuore!

Venivi ed eri tutto eri le specie che sussurravi
quando nel mio letto sentivo nel silenzio la campagna
eri tutto per me e sempre sei l'azzurro nell'ordito
del pensiero al di là di ogni cosa e di parole

Sei alto e inconoscibile e per questo alto mio Dio sei Tutto
il greto il fiume la rugiada d'oro che nel sole si spegne

Io sono una bambina in ordine sparso
Dio come è profondo l'abisso!

Lotto tra le pupille per dire che ci sei
raso di mille lune abbarbicato alle gomène

Un'altra civiltà appoggerà la scena
nel piccolo sonno delle finzioni
la nostalgia ripara l'eccesso
la buia cornice le ruote...


Giulia Perroni, nata a Milazzo (Me), vive a Roma stabilmente dal 1972. Unisce alla sua attività poetica un impegno di organizzatrice culturale e di attrice. Sue raccolte: La libertà negata prefata da Attilio Bertolucci, ediz. Il Ventaglio,1986; Il grido e il canto, prefazione di Paolo Lagazzi, 1993; La musica e il nulla, prefazione di Maria Luisa Spaziani, 1996, Neve sui tetti, 1999, La cognizione del sublime, 2001, Stelle in giardino, 2002, Dall’immobile tempo, 2004 (tutti testi pubblicati dall’editore Campanotto di Udine); Lo scoiattolo e l’ermellino edizioni del Leone, 2009, con postfazione di Donato Di Stasi e Quarta di copertina di Renato Minore. Nel gennaio 2012, quasi contemporaneamente, vengono pubblicati una “Antologia di percorso”, La scommessa dell’Infinito, introdotta e accompagnata da un vasto commento critico di Plinio Perilli, per le edizioni Passigli, e il poema Tre Vulcani e la Neve, prefato da Marcello Carlino, Manni editori. L’ultimo libro, La tribù dell’eclisse, edizioni Passigli, marzo- 2015, ha la prefazione di Marcello Carlino.
Presente in antologie e riviste in Italia, U.S.A, Giappone e Francia, numerose recensioni le sono state dedicate su importanti riviste nazionali - anche On-line, come le Reti di Dedalus - e internazionali: Gradiva, a New York, Il Fuoco della Conchiglia, in Giappone, Les Citadelles, a Parigi. Di lei si è interessato anche il grande poeta giapponese Kikuo Takano, che le ha dedicato il suo ultimo libro, Per Incontrare. Suoi testi sono stati musicati e portati in tournée in diverse università canadesi da Paola Pistono dell’Accademia Santa Cecilia di Roma. Vincitrice di molti premi, tra cui il Montale, il San Domenichino, il Contini Bonaccossi, R. Nobili al Campidoglio, Omaggio a Baudelaire, il premio Cordici  per la poesia mistica e religiosa, il premio Europa Piediluco 2014. È stata invitata nel 2012 per La scommessa dell’Infinito al Festival Internazionale della Letteratura di Mantova. Giorgio Linguaglossa ha scritto, in “ Appunti critici” Roma 2002, per lei un saggio e ancora in “Poiesis (n. 23-24) scrive su “ La cognizione del sublime”. Dante Maffia, le dedica a sua volta un saggio su Poeti italiani verso il nuovo millennio, Roma 2002. Rosalma Salina Borrello, in La maschera e il vuoto, Aracne 2005  e in Tra esotismo ed esoterismo, Armando Curcio editore, 2007. Luca Benassi su La Mosca di Milano nel 2009. Paolo Lagazzi su La Gazzetta di Parma.
I suoi libri sono stati presentati in Campidoglio e in altri luoghi prestigiosi di Roma e del territorio nazionale; ultimamente a Villa Piccolo, centro mitico della cultura siciliana.
Ha gestito l’attività letteraria al Teatro al Borgo, al Café Notegen, al Teatro Cavalieri.
Con il poeta Luigi Celi organizza dal 2000 presentazione di libri, incontri di arte, letteratura e teatro al Circolo culturale Aleph nel cuore di Trastevere.


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