Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade |
INTERVISTA a Ninnj Di Stefano Busà rilasciata a Viola Bosio di “Versante Ripido”
D.Avendo letto il suo notevole
curriculum e le tante attestazioni di stima che ha ricevuto nella sua
lunghissima carriera, vorrei tornare con lei al nocciolo della questione,
all'inizio di tutto. Quale è stato il motivo che l'ha spinta a scrivere quando
aveva tredici anni?
R. Nessuno può spingerci tanto,
da farci decidere alla scrittura, in così tenera età. Credo che chi scriva
debba avere già in sé predisposizione e determinazione che originano
dall’interno. La Poesia
e il poeta non sono legati a nessun ambito particolare. Vi è sempre una spinta
interiore che necessita l’attività di scrittura. Quando poi ciò avviene in
giovane età, è ancora più evidente che non avvenga dall’esterno, vi è ìnsita e
quasi impellente la determinazione alla narrazione, un desiderio di comunicare
agli altri il rovello che nasce dal proprio intimo o ti sollecita a trascrivere
sulla carta quel che “ti ditta...dentro”.
Poi, più avanti negli anni, avviene la consapevolezza, subentra la riflessione,
il distacco tra sè e il mondo, oppure, (quel che si può definire: momento
creativo, isolamento dell’artista) ma il più delle volte avviene che chi scrive
lo fa in fondo per se stesso, come esigenza più propriamente individuale. Per
quanto mi riguarda io mi sento l’esecutrice di un progetto che è indipendente
dalla mia volontà. Quando avverto l’ispirazione sono come in trance, perchè ho la consapevolezza di non essere io a scrivere,
ma un folletto o un genietto estraneo che m’impone la scrittura. Perciò che a
volte mi capita di stare per alcuni mesi ferma, mentre in altri periodi sono
fertilissima. In quanto al ruolo del poeta oggi...dirò che né oggi né mai il
poeta ha avuto un ruolo, chi scrive versi lo fa quasi involontariamente, lo
esegue come un privilegio, non come un diritto che può reclamare un
riconoscimento. Io ad es. non ricordo mai una mia poesia, un verso, una strofa,
sono del tutto estranea a me stessa: scrivo e dimentico, scrivo sotto la spinta
ispirativa, ma poi si spegne la luce e si ripiomba nella banalità, senza più
sogni. La Poesia
è il sogno dell’uomo, la Poesia
esige il rispetto per ciò che di trascendente essa origina e trasferisce
–null’altro-
D.Essendo lei grande
conoscitrice delle opere di molti autori, critico ed esperta di Poesia, vorrei
farle una domanda importante, di difficile risposta, che quasi tutti gli
esperti o non si pongono: cos'è un Poeta? Lei, se dovesse definire la sua
inclinazione, come definirebbe se stessa Poeta? Sempre nello stesso ambito:
secondo lei qual è il ruolo del Poeta oggi? Se lei dovesse proporre un autore
per indurre un allievo, un auditorio, un pubblico generico ad interessarsi
della poesia come arte, passione e vocazione, quale proporrebbe? Quale è stato
per lei il più influente fra gli autori letti?
R. In verità, ho svolto questo
lavoro, ho tenuto per lunghissimi anni Corsi di Letteratura e di Storia delle
Poetiche all’Università Terza di Milano. Ho realizzato diverse panoramiche di
Poeti illustri, di grande rilievo che hanno influenzato la Storia delle Lettere o sono
stati precursori di movimenti letterari, (vedi, ad es. Leopardi, D’Annunzio,
Montale, Ungaretti, solo per citare poeti più contemporanei a noi, o tra gli
stranieri: Mallarmè, Baudelaire, Lawrence, Blake, Valery, Apollinaire, E. Poe,
Yoyce etc. Da tutti ho appreso, e quindi tentato di proporre ai miei allievi.
Posso affermare che non è un respiro soltanto. La poesia per me è la seconda
pelle e non ho remore a dichiararlo. Poeti si nasce e non si diventa. Pur se
non si passa alla Storia, o non si verrà riconosciuti per strada, la Poesia la si tiene dentro:
è il respiro profondo dell’anima, il senso d’infinito, la certezza che
all’interno di noi stessi avviene il miracolo della scrittura. Ti senti creatura
del mondo, t’identifichi con la vita che è in te e negli altri, come parte di
un ciclo vitale che passerà il “testimonial”
a chi verrà dopo. Non importa se la tua condizione di poeta non è riconosciuta
ai livelli alti, o se resterà “lettera
morta” per la storia della Letteratura. Anche con un solo libro si è poeti. Io
ne ho pubblicati 23 e mi sembra che ho iniziato solo ieri. Ne ho ancora tanta
di strada da fare, se Dio vorrà.
D.Nel leggere alcune delle sue
opere poetiche, ho notato che talune affermazioni del suo stile sembrano essere
delle “bolle” o sigilli di significato, dei sintagmi giustapposti che creano
dei nodi nel fil rouge delle sue esposizioni, ad esempio silenzi di campane, incognita
di terra, pietà dall'empietà, promessa piovuta
dal cielo (tratte da Ti ascolto). Da lettrice, mi hanno
colpito perchè paiono essere dei nuclei fondanti su cui si sviluppano i versi e
di conseguenza la sua poetica si muove su una cifra stilistica tutta sua. La
mia domanda è: questi sintagmi di significato (o metafore se preferisce, ma
ritengo siano molto più pregni di senso di una semplice metafora) scaturiscono
in modo istintivo? oppure sono frutto di lenta distillazione; fanno parte della
sua scrittura da sempre? oppure c'è arrivata con il tempo a questo stile? Come
avviene per lei la scrittura di una poesia?
R. Non c’è niente in me di
preconfezionato, di scritto a tavolino, a freddo, niente di strumentale. Io
scrivo nel modo più spontaneo e aderente alla mia vocazione, poi rileggo e, in
questa fase, (ma solo in questa) modifico, correggo eventuali errori, distonie,
guai se non lo facessi...è indispensabile una pulizia, una revisione
appropriata, perché nello spasmo di scrivere, si corre il rischio di essere
affrettati e negligenti. Se non si scrive nell’immediatezza, sotto la spinta
dell’ispirazione, può sfuggire il momento clou.
Lo sanno bene i veri poeti, che se solo vi è una distrazione, si perde il filo logico
e il senso. Come il musicista con le note, il poeta trova nutrimento dalle
parole, dalle immagini visionarie, dai minimi sintagmi, ma devono essere posti
in giusta collocazione per essere opera d’arte, non risultare “raffazzonati” o
inconcludenti. I miei sintagmi, i miei versi che possono apparire frutto e
risultato di speculare addestramento, sono invece istintivi, naturali, non li
ho mai studiati a tavolino, e le metafore sono sempre la logica conseguenza di
immagini particolari, di significati pregni di senso, non a caso il nucleo
fondante è quasi sempre testo inclusivo di un “fil rouge”, come lei lo definisce, che fa parte integrante del
tema. Certo nella scrittura l’esperienza e l’addestramento contano, e in ogni
periodo di vita le emozioni, le condizioni del sentire sono diversificate, ma
sempre bisogna cogliere l’attimo fuggente
per dare il meglio di sé, (e questo meglio si ottiene con gli anni, con il
perseverante coinvolgimento di sé, con la volontà di dare tutta se stessa alla
parola, al linguaggio che ti forgia e ti distingue...)
Grazie
del tempo concessoci.
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