giovedì 6 novembre 2014

N. PARDINI SU: "A GALILEO" DI UBALDO DE ROBERTIS




Opera di E. Fornaini che rappresta Ubaldo De Robertis


Poesia generosa di slanci emotivi e di richiami culturali che si fa inno alla figura maestosa del grande scienziato pisano. Un inno che tocca le vicende gloriose e scomode, quelle, anche, da cui è stato condizionato il grande indagatore “di spazi sfavillanti di atomi”, dove il De Robertis, con i suoi occhi minuscoli, vagheggiava fra “il palpitare di stelle lucenti” per comprendere, grazie al Galilei, “l’immane geometria del creato”. 
Un inno sentito e spontaneo, zeppo di riferimenti che toccano la vita, gli studi e la curiosità dello stesso Poeta, vicino ai grandi spazi siderei; un inno al creatore della scienza nuova, che ha rivoluzionato le conoscenze dell’universo, portando l’umanità fuori da quell’ipse dixit di memoria medioevale, “mettendo in gioco la…vita”, con riferimento ad una religione ottusa e reticente nel capire la novità del messaggio. Una poesia folta di ammicchi storico-scientifici ed umani, i cui versi condensano, nella loro struttura libera, tutto il patema ispirativo: la stella nuova, il suo dileguarsi, il mutabile universo, il grande disegno, la gratitudine dell’Autore, l’amore per la verità: tanti passaggi che concretizzano il climax degli stadi emotivo-intellettivi del Nostro, la cui coscienza, solo per questo amore, “camuffa la paura/ del divenire/ placa la baruffa dei sensi abiura/ lo spavento”.

Nazario Pardini 


Appressamenti ricevuti


Eh, il poeta ha colpito ancora! Hai colto la poesia che si nasconde nella scienza. Non c'è una parte del creato e dell'animo umano che tu non abbia saputo distillare (tanto per usare un verbo da chimici).

Gianni 
(Gianni Fochi prof. di Chimica alla Scuola Normale Superiore Normale, Pisa).


Ho letto "A Galileo", "Stelle lontane", e le altre.
Grazie, è un Bellissimo Regalo!!!!!! 

carlo 
(*si tratta dello scienziato Carlo Rovelli).



A Galileo

 di Ubaldo De Robertis


Mai che venisse meno la magia  quando
occhi minuscoli indagavano
spazi sfavillanti di atomi
un palpitare  di stelle   lucenti
volteggi di crisalidi succinte
lo stupore il senso di mistero
vagheggiavo grazie a Te
al Tuo occhio gigante  lo sguardo  sicuro distante
compresi l’immanente geometria del creato
nuove profezie l’inaspettato.

Tu  che distanze stellari misuravi   lunghe   anni luce
Liberando il mondo dalla costrizione
Tu  che mettevi in gioco la tua vita
per una stella nuova decisa a dileguarsi
a ripresentarsi la prova di un mutabile universo
che la ragione scosse e grande  apparve il disegno
di cui parte io sono grato a te
la sensata esperienza che promuove l’amore
per la verità.

Solo per questo  amore   profondo
serbo la parola
la coscienza camuffa la paura     
del divenire
placa la baruffa dei sensi abiura   

 lo spavento

La poesia è presente nella raccolta
(prossima alla pubblicazione) dal titolo:
Parte del discorso (poetico); Del Bucchia Editore



3 commenti:

  1. Nazario Pardini nella sua recensione ha evidenziato i riferimenti culturali e le vicissitudini della vita di Galileo che traspaiono magistralmente dalla poesia di Ubaldo de Robertis . In questi versi il poeta ancora una volta riesce a coniugare l’amore per poesia e l’amore per scienza, , due anime solo apparentemente opposte, ma che invece si integrano e completano perfettamente . (" solo per questo amore profondo serbo la parola")
    In entrambe le strofe il poeta ringrazia lo scienziato per aver palesato il disegno dell'Universo e noi siamo verammente grati ad Ubaldo per questi versi che incarnano la passione intellettuale e lo spirito indomito di Galileo, che ha rivendicato all’uomo moderno una nuova e più libera coscienza intellettuale . Nadia Chiaverini

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  2. La scienza non entra spesso nella poesia ed è un peccato, come ci dimostra Ubaldo De Robertis, che di recente l’ha resa protagonista di una delle sue liriche più felici.
    “A Galileo” è innanzi tutto un atto d’amore nei confronti del padre della scienza e dell’impareggiabile maestro di chi l’ha praticata per tutta la vita, come ha fatto il nostro poeta.
    Ma è anche il racconto stupefatto di chi per tutta la vita ha coltivato il proprio umanesimo e la propria etica di ricercatore. Ed anche questo ha fatto costantemente De Robertis.
    Infine e soprattutto, questa lirica è il manifesto della convivenza feconda fra umanesimo e scienza, vero fondamento dell’uomo moderno.
    Mi auguro che “A Galileo” venga letta e meditata da tutti coloro- soprattutto se giovani ricercatori - che sentono la necessità di improntare il proprio rapporto con la scienza a
    responsabilità e compatibilità.
    Paolo Stefanini

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  3. Che bel tessuto fra anelito e scienza, “una stella nuova decisa a dileguarsi”: decisa, appunto, come solo la luce di una stella sa essere, ma percorsa da un'anima come qualcosa, o qualcuno, che si ami. Quasi si sente, la profonda sera in cui Galileo si ritirava per espandersi. La gratitudine e il rispetto dell'uomo di scienza di oggi offerti e innalzati come una corolla, nell'inesauribile silenzio della volta celeste – quell'eterno, sommo incognito arcuato su di noi “che la ragione scosse e grande apparve il disegno”... Un inchino al poeta scienziato e un saluto a tutti,

    Giulio Viano

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