lunedì 16 novembre 2020

ADA PRISCO LEGGE: "BEATO TOMMASO MARIA FUSCO. IL PRETE CONTRO CORRENTE" DI SALVATORE LI BASSI, GUIDO MIANO EDITORE



Salvatore Li Bassi

Beato Tommaso Maria Fusco. Il prete contro corrente 

Recensione di Ada Prisco

Il libro di Salvatore Li Bassi, Beato Tommaso Maria Fusco. Il prete contro corrente, edito da Guido Miano nel 2020, è incentrato sulla figura del presbitero di Pagani (SA), già riconosciuto beato da papa Giovanni Paolo II nel 2001. È presentato in modo semplice e confidenziale. Può sembrare una biografia, perché s’imparano a conoscere i momenti significativi della sua vita, persino i giochi che prediligeva da bambino e che facevano presagire il futuro che desiderava per sé.

Nato in una famiglia bene, con un padre farmacista, Tommaso e i suoi fratelli rimangono precocemente orfani, prima di madre, portata via dalla peste, e poi di padre. Saranno allevati dallo zio prete.

Lo stile suona piacevolmente ottocentesco anche nel racconto, che veicola fin dall’inizio una chiara finalità religiosa, descrive ogni particolare con le sfumature del romanticismo. Lo scenario è dipinto nei particolari, risaltano le linee dell’umanità sofferente, stretta fra povertà, malattia, lutto. La lotta quotidiana per la sopravvivenza era per ciascuno una conquista. Le case fatiscenti erano popolate da deboli spesso destinati a diventare ancora più deboli. Lo stile si adatta perfettamente al soggetto, tanto da apparire coevo, sebbene non lo sia. La partecipazione dell’autore allo scritto è piena.

Come è puntualmente spiegato nella prefazione di Enzo Concardi, l’opera si dispiega nel genere letterario dell’agiografia, che enfatizza e rilancia ogni elemento del discorso come tessera di un mosaico unico e mirabile che mostra la santità del protagonista e il modo in cui in lui agisce la grazia divina.

Anche la sequenzialità storica degli eventi appare sacrificata a favore dell’idealizzazione del soggetto. Lo scopo dell’opera è eminentemente religioso e insiste decisamente sul carattere sentimentale dell’intera vicenda umana. I riflettori sono puntati immancabilmente su Tommaso Maria Fusco, lo sfondo rimane evanescente e secondario. Spesso l’autore indugia sulle qualità del suo animo, sul desiderio irrefrenabile di fare del bene, di offrire se stesso allo scopo di sostenere e alleviare le miserie di tanti. Si possono trovare dei punti di contatto con la situazione odierna nella diffusione della peste, che, come aveva colpito quando Tommaso era solo un bambino, così ritorna quando egli è in seminario e prega il Signore di fermare questa nube di morte (p. 20). A tratti sembra che la figura del Fusco si sovrapponga a quella di Gesù nel vangelo, descritto mentre va di villaggio in villaggio, incontra gente di ogni tipo, si avvicina e si lascia avvicinare.

Emerge anche la vena poetica dell’autore, Salvatore Li Bassi. Anzi qua e là la sua scrittura si fa incontro come vero e proprio afflato mistico, che veicola, oltre alla storia in oggetto, un’esperienza di fede diretta e personale, che si propone con amorosa prepotenza per smuovere l’interiorità di chi legge. La grande storia è delineata come una freccia dotata di slancio e di orientamento, ordinata dall’intelligenza superiore che tutto governa con amore. Non c’è posto per il caso, tutto è pensato e voluto da Dio.

È interessante che l’autore metta in luce la conoscenza della Parola di Dio da parte del Fusco, in un’epoca in cui nella chiesa cattolica e nel suo annuncio non era ancora il contenuto più presente.

Se Sant’Alfonso Maria dei Liguori è vissuto dal protagonista come modello, bisogna riconoscere che Li Bassi non lesina elogi, apprezzamenti, auliche forme di considerazione a tutto il clero, additato come risorsa e sollievo per l’umanità alle prese con prove e fatiche, di epoca in epoca e ovunque nel mondo. L’immagine di chiesa che promana da tali considerazioni è quella più tradizionale, che riconosce nel pastore, immagine a sua volta del Cristo, il modello e il segno di unità, intorno a cui aggregarsi, da cui attendere la direzione. L’autore compie in alcuni passaggi dei collegamenti fra l’epoca del Fusco e quella attuale, auspicando la presenza di modelli analoghi come antidoto alle numerose e difficoltose forme di dispersione, dannose soprattutto per i più giovani. Si tratta di questioni molto dibattute specie negli ambienti ecclesiastici, in cui il modello dell’oratorio non è mai passato di moda, ma pure necessita degli opportuni adattamenti culturali ai linguaggi e agli strumenti più consoni e più popolari anche presso i più giovani. Li Bassi insiste sul valore della testimonianza personale, del carisma individuale trasmesso attraverso pazienza e ardore per il vangelo unito alla passione per l’umanità, ideali romantici, che comunque consolano nel riportare al contesto semplice ed essenziale fatto dei buoni sentimenti di una volta.

Una particolare attenzione è dedicata all’opera del Fusco, che nel 1873 fondò l’Istituto delle Figlie della carità del Preziosissimo Sangue, per soccorrere le orfane, facendo in modo da evitare loro pericolose deviazioni, che soprattutto a quel tempo le consegnavano facilmente a una vita di schiavitù, alla strada. La massima che il Beato ripeteva alle suore da lui fondate conserva intatta la propria attualità, Per educare bisogna amare (p. 49).

La prova più dura che il Fusco deve fronteggiare avviene proprio a causa di una donna, Filomena, che, rimasta incinta di un certo don Salvatore Tortora (p. 53), si lascia corrompere dallo stesso con denaro e accusa il Nostro. Questa donna, dopo essere rimasta orfana all’età di dodici anni, era stata accolta come una figlia dalla sorella di Fusco. La calunnia si era diffusa molto presto con tutte le conseguenze negative che si possano immaginare. La gente, che fino ad allora, aveva avuto soltanto parole di stima e di affetto per quell’uomo così santo e disponibile, inizia ad accusarlo apertamente, a giudicarlo indegno del ruolo che ricopre. Li Bassi descrive un atteggiamento stoico nel Fusco, che continua a rincuorare suore e orfane e che rimane certo che un giorno l’infondatezza della chiacchiera sarebbe venuta alla luce.

E’ la Scrittura a offrire le chiavi interpretative, a guidare il protagonista, ma anche il lettore, nel decifrare il male e la sua ragione, decisa non dagli uomini meschini, ma da Dio, in vista di un migliore perfezionamento spirituale. La frase che egli si ripeteva all’incontro con la gente, Non dire una sillaba se non sei nella calma (p. 55), può servire a chiunque come sorta di autocontrollo e di condotta morale e spirituale da osservare, ma anche come obiettivo soggettivo sottaciuto e costantemente da raggiungere. La verità poi si fece strada, Fusco concesse perdono e assistenza al vero responsabile dell’accaduto, un giovane che pure frequentava casa sua, divenuto prete per desiderio della sua nobile famiglia.

Punti di forza dell’opera sono le lezioni morali sempre valide che s’impongono nella lettura, il coltivare gli ideali cristiani, la testimonianza della fiducia a oltranza in Dio, il male come strumento che in definitiva si rivelerà utile al bene e al progresso nella santità, la luce della Parola, unica efficace fra le parole. Il bene è l’unico rimedio al male. Un ulteriore luce è suggerita dallo stesso autore e risiede nella possibilità di identificarsi con il Fusco in tutti i momenti più difficili, lasciandosi rincuorare dal suo esempio e rinvigorire dalle ragioni di speranza che a lui non sono mai mancate. È un modo come un altro, particolarmente caro alla tradizione cattolica, di avvicinarsi al Cristo, assimilare il suo modello, guardando a qualcuno che ha saputo farlo bene, il santo. Di questi tempi non fa male rafforzare le difese morali incamerando un fulgido esempio di testimone d’amore, così pervaso dalla spiritualità e dalla devozione al Sangue Prezioso di Cristo, al suo variegato valore di segno efficace di misericordia, di offerta gratuita, di purificazione, di redenzione, di salvezza. La teologia si accompagna all’umanesimo più innocente e valido.

Leggere il libro è un piacevole e scorrevole esercizio di fiducia nella possibilità di un mondo migliore, che inizia da un impegno morale a servire il bene, lasciando che esempi positivi come quello del beato Tommaso Maria Fusco entrino di diritto nei pensieri, nelle scelte, nelle azioni di ogni giorno. Molto spazio è concesso alla sottolineatura della preghiera, dell’adorazione, del raccoglimento con il divino. Oggigiorno si avverte molto l’esigenza di una migliore concentrazione spirituale, si cercano corsi di meditazione, di yoga, counseling, ecc. Senza nulla togliere a queste interessanti attività, dal libro riceviamo il monito a non sottovalutare la preghiera, la meditazione, le pratiche tradizionali di ispirazione cristiana, che sempre seppero nutrire il Fusco e che mantengono intatta la loro capacità di dare sostegno e senso in ogni avversità.

Per certi versi sfogliare il libro fa incontrare un mondo raccolto e antico, affascinato da ideali e sentimenti. Non significa che sia passato di moda, anzi proprio la lettura può incoraggiarci a non trascurare il passato da cui proveniamo, a non rimanere sordi alla voce che ancora ci arriva grazie a personaggi di tale levatura. Non v’è critica, non sussistono particolari ombre, tutto ruota intorno al centro propulsore, che possiamo chiamare fede, e che protagonista e anche autore propongono come motore di benessere per l’esistenza di allora, per l’esistenza di sempre.


Ada Prisco

 

Salvatore Li Bassi, Beato Tommaso Maria Fusco. Il prete contro corrente, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 80, € 16,00; isbn 978-88-31497-10-7.

 

Nessun commento:

Posta un commento