Yun Dong Ju. Vento blu. (Cielo, vento, stelle e poesia). Ensemble Editrice. 2020
Oggi
4 novembre mi è arrivato un gradito dono
per bontà di Luigi Manzi. Un testo ben nutrito che in ben 258 pagine raccoglie le poesie di Yun
Dong Ju. Le poesie di una vita tormentata, una vera via crucis, attraverso cui
il poeta riesce a nutrire lo spirito per
poi tradurlo in arte. In vera arte. Il libro comprende poesie con testo a fronte in coreano e la traduzione
si deve alla creatività di Eleonora Manzi che riesce a trasmettere tutta la
complessità ontologica del poeta senza tradirne l’originalità. Ma veniamo a
confrontarci con alcune notizie importanti della biografia per meglio capire il
rapporto tra vita e poesia: “Yun Dong Yu nasce il 30 dicembre 1917 a Longiing, nell’ora Manciuria, ora Cina
settentrionale. Nel 1940 si laurea alla Yeonhui Tecnical School, che in seguito
diventerà la Yonsei University. Dopo la laurea si appresta a pubblicare una
raccolta di diciannove poesie intitolata Cielo,
vento, stelle e poesia, ma il professore al quale mostra la raccolta gli
consiglia di rimandarne la pubblicazione a un momento meno turbolento al fine
di evitare la censura. Nel 1942 si trasferisce in Giappone ed entra nel
dipartimento di letteratura della Rykkyo University a Tokyo. Sei mesi dopo si
sposta alla Doshisha University. Il 10 luglio 1943 viene arrestato per avere
manifestato per l’indipendenza coreana. Gli scritti vengono presi in esame e
assunti come prove a suo carico. Il 31 del 1944 viene condannato dalla corte
regionale di Kyoto a due anni di reclusione nel carcere di Fukuoka per avere violato la quinta legge sul mantenimento dell’ordine
pubblico. La mattina del 16 febbraio 1945 muore durante il periodo di
reclusione…”. Credo che sia importante anche riportare l’inizio della
prefazione che colloca il poeta nel quadro della letteratura contemporanea. “…
E’ uno dei poeti della letteratura coreana della colonizzazione giapponese che
si prolungò per ben trentacinque anni; è considerato uno dei principali poeti
della resistenza nel suo Paese…Agli inizi degli anni ’30, poiché il Giappone
tendeva ad affermare il proprio ruolo di potenza leader dell’Asia, la
repressione si inasprì nuovamente. Allo stesso tempo la resistenza coreana si
politicizzò e divenne più aggressiva. Socialisti e Nazionalisti si unirono in
un fronte nuovo, avviando manifestazioni in tutto il territorio coreano contro
lo sfruttamento ai danni della Penisola…Negli anni trenta, durante il
rafforzamento del regime giapponese, la letteratura coreana aveva già subito
alcuni mutamenti, sui quali si erano innestati i nuovi temi letterari. Tra
questi mutamenti va annoverata l’introduzione del tema della dissociazione
dalla realtà. Tra i poeti attivi il più popolare in questo senso è Yun Dong
Ju.”. Come poteva la sua poesia essere lirica, esistenziale, di splenetica
conurbazione montaliana? Tutto è legato alla sua vicissitudine, alla lotta per
la libertà, alla resistenza. Una poetica oggettiva più che soggettiva, nel
Romanticismo si sarebbe detto manzoniana più che leopardiana. Anche se non
mancano nei suoi scritti riferimenti ad una natura che volge l’occhio “A una
nuova strada”: “oltre il fiume nella foresta/ oltre la collina nel villaggio,/
ieri l’ho percorsa e anche oggi la percorrerò,/ la mia strada è una nuova
strada./ Sbocciano i denti di leone, volano le gazze,/ passa una fanciulla, si
alza il vento./ la mia strada è sempre nuova,/ sia oggi… sia domani…/ oltre il
fiume nella foresta/ oltre la collina nel villaggio” (Una nuova strada), anche
se non è difficile intravedere quel gioco simbolico che ci porta a nuove strade
letterarie intraprese dal poeta. Amore per
la natura, sì, ma sempre condito dalla questione sociale verso cui il
poeta dava tutte le sue energie. Cielo,
vento, stelle e poesia. Una poetica plurale, composta di versi oscillatori,
come il diagramma musicale, per seguire l’andamento di uno spirito alla ricerca
di una libertà appagante. Di una libertà che il poeta voleva per il suo paese e
che forse trovava solo tra le pieghe di una realtà che gli sfiorava lo sguardo
e l’anima: “Tra le foglie aride/ mostra
la sua pelle rossa./Come una bambina che diviene donna, / il peperoncino matura
sotto il sole cocente./ l’anziana donna che porta le ceste/ cammina attraverso
il campo/e la segue un bimbo/ che si succhia il pollice” (Il campo dei
peperoncini).Forse il poeta riusciva a limitare le sue sottrazioni spirituali, confondendo
tutto se stesso tra le piccole cose che gli gironzolavano attorno. E’ lì che si
rifugiava, cosciente di non poter
realizzare le ambizioni della vita; da qui: Croce, Il vento soffia, Un’altra
casa, Strada, Primavera, Vita e morte, Cuore, Neve, Il bagliore delle lucciole,
o Come la luna: “Come cresce il tronco di un albero/ così cresce la luna nelle
notti silenziose;/un amore solitario come la luna/cresce profondo nell’animo/
così come crescono gli anelli/ nel ronco di un albero” (Come la luna).
Leggo le poesie di questo significativo
testo e l’emozione mi assale. Mi sembrano tanto vicine al Realismo lirico stile
Capasso. Una natura che prende voce e si fa corpo dell’animo di DONG JU: “… A
fine giornata,/ dopo aver curiosato, pesato e valutato le inutili vite,/ con il
calare della notte le donne/ riempiono di nuovo il cesto con la solita vita e tornano
a casa.” (Mercato, primavera 1937)
Nazario
Pardini
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaYun Dong Ju è un poeta coreano di straordinaria semplicità, pur avendo avuto un’esistenza tormentata che lo ha portato a una morte precoce a soli 27 anni. L’apparente ingenuità della sua poesia desta sconcerto, forse perché attinge a categorie metastoriche, pur essendo stato Yun Dong Ju parte attiva delle dolorose vicende della Corea durante la colonizzazione giapponese. Eventi semplici della natura e improvvise ispirazioni vengono da lui assunti e comunicati attraverso una parola elementare, pressoché attinta alle scaturigini. Yun Dong Ju è un poeta che, proprio per la sua “innocenza”, sembra essere vittima predestinata della Storia che travolge cinicamente gli umani e infligge loro catastrofi pur di realizzarsi. Vento blu contiene l’intera opera poetica e appare per la prima volta in Italia. Comprende anche la raccolta Cielo, vento, stelle e poesia che fu pubblicata postuma, nel 1948, dal suo più caro amico, al quale lui stesso aveva consegnato il manoscritto diligentemente trascritto in tre copie autografe. Gli ultimi anni della vita di Yun Dong Ju nella prigione di Fukuoka, dove morirà nel 1945, sono narrati romanzescamente in La guardia, il poeta e l’investigatore di Jung-myumg Lee. Vento blu va letto e scoperto anche per riflettere su tanta arzigogolata poesia contemporanea.
Luigi Manzi