Yun Dong Ju
VENTO BLU
(Cielo,vento, stelle e poesia)
Ensemble Editrice, 2020
(collana Erranze diretta da Gezim Hajdari)
Nota di lettura di Annamaria
Ferramosca
Vento Blu è libro appena edito
nella pregevole collana Erranze di Ensemble Editrice e accoglie in raccolta
completa le poesie del poeta della resistenza coreanaYun Dong Ju.
Una pubblicazione che riempie
un vuoto oggi non più ammissibile nella lacunosa diffusione italiana della poesia
di spessore dell'Est asiatico. Ed è merito, oltre che dell'attenta casa
editrice, della giovane studiosa di Letteratura Coreana Eleonora Manzi l'aver
tradotto e dilatato con questo libro l'opera del giovane poeta resistente,
morto in prigionia a soli 27 anni nel 1945 durante il periodo della dura
colonizzazione giapponese, appena prima della liberazione del paese. Un'opera
di un poeta amatissimo nella sua terra, che appare straordinaria per la
profondità di scavo interiore e per la singolare limpidezza di linguaggio.
Il sottotitolo del libro
(Cielo, vento, stelle e poesia) ben riflette la peculiarità dell'atmosfera di
queste poesie, che si snodano lungo i tristi anni di vita del poeta in una
continua relazione osmotica tra figure del paesaggio – vento e stelle come
metafore del divenire e del destino -- e le tormentate dinamiche interiori
dell'autore. Insiste infatti lungo i versi la sofferenza legata ai sensi di colpa per il mancato coraggio di
ribellarsi alle vessazioni se non con la scrittura e alla lacerante perdita del
nome cancellatogli dal regime.
E sorprendente è stato per me
scorrere queste poesie dal dettato semplice, fluido, mai artefatto, che sembra tradurre pensiero e visionarietà come
in un racconto fatto ad un bambino (due poesie esemplari, tra le tante: Notte, pag.75 e Il bagliore delle
lucciole, pag.181) o come in una narrazione in cerchio, arcaica. Questa
spontanea semplicità formale, con la sua immediatezza di percezione, è però
capace di raggiungere un'altissima densità di pensiero portando alla
comprensione, ancorchè amara del destino umano, della necessità di una
convivenza collettiva solidale, che è il senso ultimo del vivere. Ricordando Fedor Dostoevskij, per il quale “Il
segreto dell'esistenza non sta solo nel vivere, ma anche nel sapere per che
cosa si vive “ , in questa poesia il messaggio, fortemente etico, è quello
della inerme resistenza ad ogni male,
compreso quello, estremo, della morte.
Nella poesia d'apertura della
raccolta, Prologo, la morte è già un'icona che sovrasta, che si accoglie
e perfino si ama, e sarà sottesa assidua compagna dell'intero percorso poetico.
Segue il testo-capolavoro Autoritratto,
così ben indagato e commentato nell'introduzione dalla talentuosa traduttrice
Manzi. Qui l'uomo che scrive coincide con l'uomo di ogni tempo e il poeta
appare come estraneo ad una natura splendente nella sua innocenza, ignara
dell'eterna sofferenza di chi in essa vive, oppresso dal senso di colpa e
insieme da una pena senza fine, cosmica.
Interiorità lacerata dunque,
che si addensa di toni e domande accorati, come in questi versi:
….
pag.37
In ogni angolo
è accesa
una vecchia lampada,
prese per mano
sono tutte persone generose,
sono tutte persone generose,
primaveram estate, autunno,
inverno,
si susseguono in ordine.
pag.69
….
Se penso ai miei vecchi
compagni!
Uno, due, li ho persi tutti.
Cosa spero io,
affondo infine da solo?
E in contemporanea con
l'inasprimento della condizione di illibertà, natura e figura umana tendono a
sfumare come in un lontano ricordo, o in scene immote, senza tempo, perché la
pena possa attenuarsi e si possa sopravvivere quasi accettando il nonsense del
tutto.
Cuore pag.139
Davanti al focolare che si va
spegnendo
questa notte invernale diventa
sempre più fonda.
Rimasta soltanto la cenere, il
cuore
trema al suono della porta di
carta.
Cane pag.165
Sulla neve
un cane
disegnando fiori
corre.
Yun Dong Ju è pure
straordinario poeta capace di fondere in un unico sentimento palpabile il
tormento per il perpetuarsi della violenza da parte dei suoi simili su di lui
con la pena per quella perpetrata su di ogni altro essere umano, e di farlo
senza nominare esplicitamente l'origine della violenza, che così assume un
significato ben più alto, universale.
Il ruscello di montagna pag.85
Persone sofferenti, persone sofferenti
con i lembi dei vestiti nelle
onde
scorre profonda l'acqua nel
cuore,
questa notte non c'è nessuno
con cui conversare.
Non posso neppure cantare per
il tramestio che viene dalla strada.
Rassegnato, sono ormai seduto
sulla riva,
ho lasciato l'amore e il
lavoro lungo la strada.
Con calma
andiamo al mare.
Andiamo al mare.
Ed emoziona la forza che il
poeta immette nel dettato scegliendo di usare la propria lingua (sottraendosi
all'imposizione di usare quella del dominatore), scelta che pagherà con la sua
condanna. Ne risulta un di più di forza espressiva, quasi orgogliosa, e un
ritmo incisivo, a volte incalzato dall'anafora, che è reso con abilissima cura
dalla traduttrice.
Di grande luce esegetica e
interesse è la postfazione di Alice Loda, con l' analisi della pregevole
traduzione di Eleonora Manzi e della poetica di Yun Dong Ju.
Fino a che non giunge
l'alba pag.43
Vestite di nero
tutti coloro che stanno
morendo.
Vestite di bianco
tutti coloro che stanno
vivendo.
Fateli dormire in bell'ordine
nello stesso letto.
Confortateli con il latte
quando piangono.
Quando arriverà l'alba
si sentirà il suono della
tromba.
A.F.
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